Indietro
menu
Grazie allo IOR

L'attività fisica come medicina. A New York una maratona speciale per tre riminesi

In foto: foto di gruppo in Municipio
foto di gruppo in Municipio
di Maurizio Ceccarini   
Tempo di lettura lettura: 4 minuti
ven 8 nov 2019 15:44 ~ ultimo agg. 19:22
Facebook Whatsapp Telegram Twitter
Print Friendly, PDF & Email
Tempo di lettura 4 min
Facebook Twitter
Print Friendly, PDF & Email

La Maratona di New York è un’esperienza unica per chi la vive. Ma per i riminesi Monica Giunta, Valter Marcelli e Cristian Galli quest’anno ha avuto un valore ancora più speciale: per loro infatti è arrivata a seguito di percorsi oncologici. L’esperienza è stata resa possibile dal progetto Move Your Life promosso da IOR –  Istituto oncologico romagnolo.

 

Una volta ricevuto il parere positivo dei medici curanti, sono stati coinvolti in un percorso di preparazione fisica alla maratona durato quattro mesi sotto la guida del dottor Gabriele Rosa e dal suo staff del Centro Marathon Sport di Brescia. L’iniziativa Move your life dello IOR, che vede nell’attività fisica non solo uno strumento di prevenzione ma anche come uno strumento per migliorare l’efficacia delle terapie oncologiche, diminuendo l’impatto degli effetti collaterali sui pazienti. Il gruppo è stato coordinato dalla dottoressa Elisa Ruggeri, che ha deciso di restare a fianco dei suoi pazienti correndo i 42 km nella grande mela.

Accompagnati dal Direttore Generale IOR Fabrizio Miserocchi, oggi hanno raccontato la loro esperienza in una conferenza stampa in Municipio a Rimini, ricevendo il saluto del sindaco Andrea Gnassi. Oltre ai ringraziamenti allo IOR, dai tre maratoneti anche apprezzamenti alla qualità delle cure nelle strutture romagno.e

«Vorrei sottolineare il coraggio di questi ragazzi – ha spiegato in apertura Fabrizio Miserocchi – con l’eccezione di Valter, che comunque non la correva dall’anno della diagnosi, nessuno aveva mai portato a termine una maratona prima. Questo progetto è esemplificativo: sappiamo perfettamente che non tutti i pazienti sono in grado di sottoporsi ad uno sforzo fisico di questo tipo in sicurezza, ma volevamo comunque portare una testimonianza che faccia capire che con la tenacia, impegnandosi a fondo e con persone che ci possono accompagnare in questo percorso, si possono ottenere grandi cose. Oramai è letteratura scientifica: tutti gli studi dimostrano che l’attività fisica è una medicina sia per chi sta bene, e allora parliamo di prevenzione, sia per chi è in cura, e allora parliamo di prevenzione degli effetti collaterali e miglioramento dell’outcome di terapia, sia per chi ha affrontato e superato un problema oncologico. Ringrazio il dott. Gabriele Rosa, uno degli allenatori di maggior successo dell’atletica mondiale, senza il quale i ragazzi non avrebbero potuto vivere questa esperienza; e il Sindaco Andrea Gnassi, per averci ospitato e perché tutto questo è nato dal progetto “Move Your Life”, partito proprio da Rimini. Ci sembrava giusto chiudere il cerchio quindi dove tutto ha avuto inizio».

“Il progetto “Move Your Life” nasce nel 2018 – ha proseguito la dottoressa Ruggeri – per accompagnare venti pazienti in un percorso di movimento che li avrebbe portati a partecipare alla “Rimini Marathon” ma soprattutto a beneficiare dell’attività fisica come aiuto alle terapie che stavano sostenendo. Quindi “Road to New York” è stata la logica prosecuzione di questo percorso. Per entrambi i progetti a livello psicologico è stato fondamentale il concetto di gruppo: è vero che la guarigione è un obiettivo individuale come lo è tagliare il traguardo di una corsa, ma farlo assieme ad altre persone ci aiuta a spezzare la dimensione di solitudine a cui la malattia ci costringe. All’interno del gruppo si crea una spinta in cui ognuno sostiene l’altro nei momenti di difficoltà, convincendolo a non mollare: e questo è ovviamente importante sia nella maratona che nella vita. Da persona che non ha certi problemi a volte mi sono sentita un po’ in colpa quando affrontavo gli allenamenti con difficoltà vedendo con che gioia i ragazzi, al di là della malattia, si sottoponevano alle faticose sedute di corsa. Ed è proprio questo che mi porto a casa da questa esperienza: la consapevolezza che i limiti esistono, ma che spesso sono più psicologici che altro, perché laddove ci mettiamo in testa di affrontarli e superarli, il fisico ci viene dietro e si adatta».

Per il Sindaco Andrea Gnassi «il progetto New York dà l’idea di cosa significhi avere senso di comunità. Con questa impresa i ragazzi e l’Istituto Oncologico Romagnolo ci aiutano a normalizzare la malattia, a far capire agli altri che la affrontano che si tratta di una parentesi e che gli ospedali devono essere un luogo di passaggio e non di arrivo. Occorre investire su sanità, ricerca e su una vita attiva. Il nostro territorio vuole diventare un’autentica fabbrica del benessere, dove aggiungere alle eccellenze già esistenti dei luoghi di cura e dell’IRST anche posti dove praticare l’esercizio fisico come arma di prevenzione. È questo il senso delle palestre che andremo a costruire sul lungomare: tra dieci anni vorremmo poter dire che l’incidenza delle malattie croniche e invalidanti è calata grazie ad uno stile di vita più sano».

È stato poi il momento dei ragazzi, i veri protagonisti di questo percorso. Monica Giunta, infermiera di 50 anni di Riccione con tumore al seno che ha tagliato il traguardo della Maratona in 4h45’05’’, ha affermato che «quarantadue chilometri di fila non li avevo nemmeno fatti con la macchina: solo ora mi rendo conto dell’impresa che abbiamo compiuto. Sono partita due anni fa dalla “Rimini Marathon”: 16 km che il medico mi aveva persino vietato perché mi ero appena operata, ma per cui mi ero preparata e che ho voluto fare comunque. Ad aprile 2019 è stato il momento dei 21 km della “Strarimini”, al termine della quale mi è stato chiesto di andare a New York. Inizialmente sembrava un sogno, e invece è già passata: è stata davvero una bellissima esperienza. Ringrazio di cuore lo IOR: persone speciali che da due anni a questa parte mi stanno vicino e grazie a cui ho potuto conoscere altri che, come me, affrontano la malattia e che mi supportano ogni giorno». Cristian Galli, 47enne di Rimini ma residente a Ravenna con carcinoma polmonare, ha invece terminato la sua corsa in 6h30’29’’. «Inizialmente la strategia era quella di arrivare al traguardo il prima possibile – spiega – ma non ho potuto fare a meno di godermela e vivermela a pieno, fino in fondo, fermandomi a salutare tutte le persone che mi supportavano. Ancora oggi ripenso a tutti i volti che ho visto sul percorso. La voglia di vivere non ammette scuse: qualsiasi persona deve avere come obiettivo allenarla. La maratona è un po’ la metafora di quello che viviamo tutti i giorni, delle nostre difficoltà: aver tagliato il traguardo ha un forte significato. Vorrei confermare infine che lo sport è fondamentale per noi pazienti: da quando corro gli effetti collaterali delle terapie si sono azzerati». Infine Valter Marcelli, 52enne di Riccione affetto da neoplasia all’intestino, che ha fermato il cronometro a 4h03’44’’. «Penso che avrei potuto fare un tempo anche migliore – afferma – ma ho preferito godermi la festa. Il gruppo dà una grande forza ed energia: da solo difficilmente mi sarei deciso ad affrontare una maratona tanto impegnativa dopo la diagnosi, e comunque non credo sarei riuscito ad arrivare al traguardo. Anche il tifo che abbiamo trovato sul percorso era eccezionale: mi ha commosso e mi ha fatto sentire che non ero solo. Sono soprattutto contento per gli altri due miei compagni di viaggio: non avendo mai corso la maratona hanno fatto un tempo eccezionale. Durante la corsa mi chiedevo spesso come stavano andando: sono orgoglioso di loro».