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autunno 2020

La Madonna Diotallevi di Raffaello al Museo della Città

In foto: La Madonna Diotallevi
La Madonna Diotallevi
di Simona Mulazzani   
Tempo di lettura lettura: < 1 minuto
mar 26 nov 2019 15:57 ~ ultimo agg. 27 nov 08:53
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Il centenario della nascita di Fellini, si intreccia, nel 2020, con i 500 anni della morte di Raffaello Sanzio. Per celebrare il grande artista urbinate ci sarà il ritorno ‘a casa’ della sua celebre Madonna Diotallevi, appartenuta fino all’Ottocento alla collezione del riminese Audiface Diotallevi da cui prende il nome.

L’opera arriverà in prestito dai musei statali di Berlino, dove è in corso un’esposizione dedicata al maestro urbinate e sarà al centro di una esposizione temporanea al Museo della città prevista per l’autunno del 2020. Le date ipotizzate per la mostra, ancora da ufficializzare, prevedono l’inaugurazione per sabato 17 ottobre 2020 nell’ambito della 22esima edizione del Festival del Mondo Antico, per proseguire fino al 10 gennaio 2021.

Alla collezione e al celebre dipinto atteso a Rimini dopo ben 178 anni, sarà dedicato un volume a cura dello storico dell’arte Giulio Zavatta, consulente scientifico del progetto espositivo. Il libro, arricchito da importante materiale fotografico, sarà presentato nel mese di dicembre e comprenderà approfondimenti che poi confluiranno nel catalogo della mostra riminese. Un’occasione per scoprire i tesori della collezione Diotallevi, una raccolta prestigiosa, ammirata e ricordata da illustri viaggiatori e che annoverava, tra gli altri, dipinti del Trecento riminese quali il Crocifisso di Giovanni da Rimini e il polittico con l’Incoronazione della Vergine di Giuliano da Rimini, oggi al Museo della Città, oltre ad opere attribuite a Leonardo da Vinci, a Benvenuto Tisi detto il Garofalo e tante altre approdate con nuove attribuzioni in grandi musei internazionali. La mostra offrirà inoltre l’opportunità di approfondire il profilo di Audiface Diotallevi, che fu anche Gonfaloniere della città, committente dell’architetto Luigi Poletti per il teatro (e per la propria dimora di campagna, l’attuale Villa Mattioli) e di Francesco Coghetti, col quale tenne rapporti per la realizzazione del sipario.