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in commissione antimafia

Morte Pantani, procuratore capo di Rimini: l'indagine non verrà riaperta

In foto: Marco Pantani
Marco Pantani
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
gio 26 set 2019 16:43 ~ ultimo agg. 27 set 12:23
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“Sulla morte di Marco Pantani, rispetto a ciò che ha già valutato il giudice, non ci sono elementi nuovi di nessun genere. La logica conclusione, quindi, è che l’indagine non verrà nuovamente riaperta. E’ stata categorica Elisabetta Melotti, procuratore capo del Tribunale di Rimini, in audizione oggi pomeriggio davanti alla Commissione parlamentare Antimafia (presieduta dal senatore pentastellato Nicola Morra) rispetto alle dichiarazioni rese nell’aprile scorso da Umberto Rapetto, consulente della famiglia Pantani, già generale di brigata della Guardia di Finanza, che aveva sostenuto che quando Marco Pantani morì nella camera da letto di in un appartamento al quinto piano del residence ‘Le Rose’ di Rimini, il 14 febbraio del 2004, “qualcuno era con lui”.

Per la Melotti, a capo della procura riminese da poco più di un anno, è stata prospetta una “alterazione della scena crimine: una accusa non da poco da poco. Ma non si sa bene né da chi, né quando, né come. Sotto questo aspetto c’è una prospettazione illogica“. Il procuratore capo ha poi ripercorso tutte le fasi delle due indagini sulla morte del Pirata. La prima riguardante il decesso di Pantani, la cui morte morte è stata ritenuta addebitabile ad una intossicazione acuta da cocaina. Fu stabilito che la causa era accidentale. Le indagini, infatti, portarono a escludere l’azione di terzi. “Le persone che hanno ceduto la cocaina a Pantani, tre persone in tutto, furono individuate. Due hanno patteggiato, il terzo è stato condannato in primo grado e in appello, in Cassazione è stato assolto, ma solo per carenza di prove sul ruolo del soggetto, ruolo secondario. E comunque un’assoluzione non incrina l’attività probatoria degli altri due soggetti”, ha spiegato il magistrato.

La seconda indagine, nel 2014, è nata in seguito all’esposto dei familiari di Pantani, secondo i quali la morte era dovuta all’intervento di terzi, era dunque frutto di omicidio. “All’esito di varie indagini – ha ricordato il procuratore capo – il pubblico ministero ha chiesto la archiviazione, e il gip in un articolato decreto concludeva per l’archiviazione. Nell’ultimo capitolo evidenziava che l’ipotesi omicidiaria era sostanzialmente ‘fantasiosa’”.

Sui sospetti, avanzati sempre dal generale Rapetto, di un ipotetico legame tra la squalifica di Pantani per doping al Giro ’99 e la criminalità organizzata, la Melotti è netta: “Tutte le considerazioni che riguardano le analisi del ’99 su un ipotetico intervento della criminalità organizzata sono circostanze che attengono altri uffici giudiziari e sono ininfluenti rispetto al procedimento di Rimini e quindi all’ipotesi di omicidio. E ancora: “Nella relazione del generale non ho visto alcun collegamento tra il 1999 e il 2004, mentre secondo lui c’è un collegamento che però non è evidente. Non c’è un movente, non c’è nulla. Pantani era fuori da 5 anni. Sono stati valutati tutti gli elementi riproposti dal generale Rapetto, si può essere d’accordo o no, ma è così – conclude la Melotti -. Non ci sono elementi nuovi, neppure rispetto all’ipotesi che ci fossero altre persone in camera al momento della morte di Pantani”. Sarà la pietra tombale sul caso Pantani?

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