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maxi sequestro

Mancato smaltimento di rifiuti pericolosi, coinvolta una ditta del Riminese

di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
lun 15 apr 2019 13:49 ~ ultimo agg. 16 apr 13:27
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Nell’ambito dell’operazione “RAEhELL”, diretta dalla procura distrettuale antimafia di Ancona, che ha visto i carabinieri forestali di Ancona, Arezzo, Lucca e Rimini sequestrare oltre 10mila tonnellate di materiali pericolosi, figura coinvolta un’azienda di smaltimento rifiuti con sede a San Giovanni in Marignano. Nei guai anche due imprenditori residenti in provincia di Rimini, C.D. di 46 anni e P.F. di 36, entrambi accusati di associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti speciali e bancarotta fraudolenta.

L’indagine è partita da alcuni accertamenti svolti nel 2017 dalla Stazione forestale dei carabinieri di Ancona nei confronti di un’azienda di Agugliano (in provincia di Ancona) dove erano stoccate ingenti quantità di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), destinati ufficialmente al recupero. Secondo l’accusa, il disegno criminoso iniziato nel 2010 e perfezionatosi nel maggio 2015, aveva come scopo il ritiro e il ricondizionamento di elettrodomestici usati da parte dell’azienda anconetana, che faceva parte del gruppo di una società di San Giovanni, impegnata nella logistica e collegata a società polacche. In particolare, gli amministratori della ditta di Agugliano, già dal 2012, avevano iniziato ad accumulare rifiuti vetrosi pericolosi, per un quantitativo che nel 2016 ammontava a 10mila tonnellate, per i quali non c’era né mercato né possibilità di recupero. Si trattava di pezzi ricavati da monitor e televisori a tubo catodico provenienti da gran parte d’Italia. L’intento, stando al quadro accusatorio, era quello di accumulare denaro illegalmente e abbandonare il sito, provocando così il fallimento dell’azienda al fine di evitare le spese di smaltimento, stimate intorno al milione e 100mila euro.

Per gli investigatori della procura distrettuale antimafia, il ricondizionamento era uno dei modi per far fluire i soldi, accumulati in maniera illecita con i rifiuti vetrosi, verso la società madre con sede a San Giovanni. L’azienda del Riminese, infatti, si concentrava nel ritiro degli elettrodomestici usati dalle varie abitazioni, a seguito dei contratti con la grande distribuzione, e li rivendeva per il ricondizionamento all’azienda di Agugliano, a prezzi più elevati rispetti a quelli di mercato, portandola così nel 2018 al fallimento. In questo modo il denaro finiva nelle casse della capogruppo di San Giovanni, mentre ad Agugliano restavano i rifiuti ricchi di piombo e metalli pesanti, misti a polveri fluorescenti pericolose, in grado di inquinare gravemente il territorio, come poi dimostrato dalle analisi dei terreni eseguite dall’Arpam di Ancona.

Nel registro degli indagati sono finite 20 persone, tra cui il 46enne imprenditore residente in provincia di Rimini, prima amministratore della società di smaltimento rifiuti di San Giovanni, poi di quella di Agugliano, e il 36enne che lo ha sostituito. Per entrambi e per altre quattro persone il gip di Ancona ha disposto un sequestro per equivalente di denaro o altri beni di 3 milioni di euro, oltre a quello di 12 camion appartenenti alla ditta di San Giovanni.