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28 anni senza risposte

Elettrodotto, riconosciuti solo due risarcimenti. Caso senza fine

di Andrea Polazzi   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
gio 18 apr 2019 13:40 ~ ultimo agg. 13:41
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Il caso dell’elettrodotto Forlì-Fano al centro della puntata di Fuori dall’Aula (ogni mercoledì alle 18 e alle 20.35 su Icaro Tv). Dopo 28 anni e tre gradi di giudizio vinti dai ricorrenti in sede penale contro Terna, la scorsa settimana sono arrivate le motivazioni del primo verdetto da parte del tribunale civile di Rimini: solo due delle dieci famiglie ricorrenti hanno ottenuto un risarcimento, rigettate le istanze delle altre otto e dei cinque Comuni interessati. Si parla di 15mila euro solo per i danni morali, mentre non è stato riconosciuto il nesso di causalità tra problemi di salute e presenza dei tralicci, come era accaduto invece in sede penale.

Tante le perplessità sulla perizia del Ctu espresse da parte del  professor Fausto Bersani che rileva . “Dopo 26 anni di cause vinte, ora hanno azzerato tutto” commenta sconsolato Marco Siliquini, erede del defunto Luigi che avviò la causa negli anni ‘90. “Un esito non soddisfacente – dice l’avvocato Maurizio Ghinellila sentenza va ben studiata ma alcune criticità emergono. Ad esempio non si riconosce il danno alla salute ma solo quello morale che però deriva proprio dai problemi di salute. In questo c’è una certa contraddittorietà.

La puntata di Fuori dall’Aula

Il riassunto di quasi 30 anni di battaglie

Dopo quasi 30 anni ancora manca la parola fine alla vicenda dell’elettrodotto Forlì-Fano. Correva l’anno 1990 quando Enel avviò la costruzione di una linea elettrica aerea sui territori dei Comuni di Rimini, Santarcangelo, Coriano, San Giovanni in Marignano e Misano: numerosi tralicci, in alcuni punti anche molto vicino ad abitazioni e terreni coltivati, che sarebbero poi diventati l’elettrodotto da 380.000 Volt. Nacque subito un Comitato spontaneo di cittadini per approfondire il problema dell’impatto ambientale e della regolarità amministrativa del progetto. Le criticità non tardarono ad emergere: ad esempio, risultò che la progettazione era stata effettuata su carte topografiche del 1948, nelle quali non figuravano le abitazioni costruite nel dopoguerra. Nonostante le proteste, l’elettrodotto venne ultimato nel 1992. Nel marzo dell’anno seguente i cittadini residenti nei Comuni interessati avviarono un’azione penale presentando numerosi certificati medici nel tentativo di dimostrare la correlazione tra l’esposizione ai campi elettromagnetici e i rischi per la salute. L’azione penale, che vide anche i comuni costituirsi parte civile, portò nel 1999 ad una sentenza di condanna per lesioni colpose gravi, con il riconoscimento del diritto delle parti lese al risarcimento del danno e al ripristino della situazione precedente all’attivazione dell’elettrodotto. ENEL e i tecnici impugnarono la sentenza, ma nel 2004 la Corte d’Appello di Bologna non solo la confermò ma evidenziò la sussistenza di uno specifico nesso di causalità tra le immissioni elettromagnetiche e le patologie. Anche questa sentenza venne impugnata, ma nuovamente nel 2008 trovò conferma dalla Cassazione che rimise però a separato giudizio la quantificazione e l’individuazione del danno. Nell’ottobre del 2010 il via alla causa civile con la citazione in giudizio della Società Terna (subentrata ad Enel nella proprietà delle reti) ed Enel. Parti in causa, a fianco dei cittadini, anche le amministrazioni comunali. Il 23 ottobre 2018 il primo grado di giudizio di questo nuovo procedimento e nei giorni scorsi la pubblicazione delle motivazioni. Ma per i cittadini nessuna buona notizia. Delle dieci famiglie in causa, solo due hanno ottenuto un risarcimento di 15mila euro. Rigettate le richieste delle altre otto e dei comuni. Il giudice non ha riconosciuto il danno alla salute ma solo quello morale. Escluso quindi il nesso di causalità esplicitato invece nella sentenza penale. E soprattutto, i tralicci restano ancora al loro posto.