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giovedì 28 marzo 2024
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Le riflessioni e i dati in Italia

"Anime fragili": un libro sul disagio adolescenziale. Venerdì la presentazione a Rimini

In foto: Marisa Giudice
Marisa Giudice
di Roberto Bonfantini   
Tempo di lettura lettura: 6 minuti
mar 5 mar 2019 09:56 ~ ultimo agg. 09:56
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Alcuni recenti episodi di cronaca e i 346 casi in Emilia Romagna di hikikomori (letteralmente in giapponese “stare in disparte”) testimoniano quanto sia attuale il tema trattato da Marisa Giudice nel suo testo “Anime fragili”: il disagio adolescenziale, che sarà presentato venerdì 8 marzo alle ore 18:00 al Mondadori Bookstore di piazza Tre Martiri, 6 – Rimini, nell’ambito del ciclo di incontri tra autori e lettori “A spasso con i libri”, ideato dall’Associazione Itaca e patrocinato dal Lions Club Rimini Riccione Host.

“Il libro trae ispirazione dalla mia esperienza di medico e soprattutto di mamma di due ragazzi da poco usciti dalla fase adolescenziale – spiega l’autrice -. La sensazione che si percepisce quando si ha a che fare, in qualche modo, con il mondo giovanile che esistano due realtà: da un lato giovani con una maggiore disponibilità mentale ai cambiamenti, agli spostamenti fisici, alla costruzione d’identità più flessibili, dinamiche, più intraprendenti sotto tutti i punti di vista e più consapevoli dei rischi e dei pericoli attraverso le conoscenze fornite dal web; dall’altra, i più numerosi, ragazzi fragili, spesso in preda ad un profondo disagio esistenziale dovuto al timore di fallire, al giudizio o alla derisione dei coetanei, che talvolta sfocia in atteggiamenti aggressivi o autolesionisti. Il successo è l’obiettivo finale e molti non riescono a trovare la formula per arrivarci”.

Quali sono le condotte devianti che riguardano maggiormente la nostra gioventù?
“I modelli imposti dai media di persone vincenti, sempre perfette in apparenza, spingono i giovani più vulnerabili a scegliere condotte devianti collegate al consenso nel web, come formula per il successo personale. In tal modo nasce l’ossessione per il corpo come vetrina di se stessi, fino ad arrivare a situazioni limite come la snapchat dismorphia (l’ossessione di voler apparire come nei selfie ritoccati dai filtri), la dismorfia muscolare (preoccupazione cronica di non essere sufficientemente muscolati) o a disturbi alimentari, in costante aumento e che si presentano già intorno agli otto anni, con ragazzine che si trovano ad affrontare lo spettro dell’anoressia o della bulimia anziché assaporare la bellezza di quell’età. Altre volte la rincorsa del successo nel web avviene mediante la partecipazione a challenge autolesionisti. Ce n’è per tutti i gusti; basta andare su google per vedere la carrellata di giochi che sono, a volte, causa di morte.
La ricerca delle sensazioni forti fa parte del periodo adolescenziale, ma con l’avvento del web il bisogno di rinforzare il proprio valore è condiviso con il pubblico e le approvazioni rappresentate dai “like” possono spingere a perdere il limite consentito, fino a considerare il suicidio come un atto grandioso. Se da un lato si è alla ricerca del successo, esiste una parte di ragazzi che scelgono strade diverse per sedare la propria ansia: il ritiro sociale e l’immersione nel mondo virtuale fino a situazioni estreme come l’hikikomori, oppure l’impiego di sostanze psicotrope e l’alcool per anestetizzare le proprie sofferenze. Le dipendenze sono sempre più spesso la soluzione cui ricorrono i ragazzi per ottenere piacere, compresa anche quella tecnologica o del gioco d’azzardo”.

Situazioni di disagio sempre più spesso si riscontrano anche in età preadolescenziali. Come mai?
“In parte è legato al fatto che nella famiglia si comunica sempre meno. Spesso i ragazzi vivono con un solo genitore, assorbito dal lavoro e dalla precarietà della vita. Ma non è l’unica ragione: c’è una generazione di adulti che non accetta d’invecchiare e la ricerca dell’eterna giovinezza toglie spazio al tempo da dedicare ai propri figli, con il rischio che questi cerchino riferimenti o nei coetanei o ancora peggio nei personaggi in voga nel web come gli youtuber, infuencer, trapper…
Oltre alle responsabilità da attribuire ai genitori ce n’è un’ancora più grave a mio parere: i messaggi rivolti ai ragazzini che i media, la musica, i giochi e la stessa moda spingono come propulsori sono intrisi di pessimismo, di amore per i temi occulti, contrarie all’amore per la vita. Non trasmettono speranza, ottimismo, ma incupiscono e avvicinano a scelte autolesioniste o di violenza”.

Qual è la situazione del nostro Paese rispetto al resto del mondo, in relazione a questo tema?
“Posso dare dei dati che devono farci riflettere: l’Italia è il terzo Paese europeo, dopo la Repubblica Ceca e la Francia, per uso di cannabis e quarta per l’assunzione di cocaina; l’età media del primo consumo si è notevolmente abbassata: quattordici anni per la cannabis e diciotto anni per la cocaina e l’eroina.
In Italia il 20% dei giovani tra i 15 e i 34 anni consuma frequentemente alcolici, il 16% fuma fino al compimento dei 24 anni e il 19% ha consumato cannabis nell’arco di un anno. Il 49% è la percentuale dei giovani tra i 14 e i 19 anni che hanno giocato d’azzardo almeno una volta l’anno. Il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani. Sicuramente Paesi tecnologicamente più avanzati come il Giappone fanno da capostipite anche se il disagio adolescenziale è un problema mondiale. Nel periodo 2010-2015 il tasso di suicidio di ragazze giapponesi dai tredici ai diciotto anni è aumentato del 65% e il numero di giovani con cosiddetti suicide-related outcomes (eventi suicidio-correlati), quali il senso di disperazione, pensieri suicidi o tentativi di suicidio, è salito del 12% mentre il numero di ragazze adolescenti con sintomi di severa depressione è incrementato del 58%. I giovani Hikikomori, i reclusi in casa, si stima che siano alcuni milioni in Giappone, mentre in Italia i dati descrivono 100/120mila casi. Quindi, come si può costatare l’Italia segue a ruota su tutte le patologie conseguenti al mondo tecnologico”.

Quanto influenza il disagio una società in cui la vita reale viene sempre più surrogata da quella virtuale (con riferimento anche al fenomeno dei social)?
“Sicuramente l’avvento dei social ha alienato i rapporti interpersonali. Oggi viviamo una condizione di esistenza online o 2.0, per usare un termine a tutti noto, resa possibile dall’attuale tecnologia, che induce una costruzione di se stessi adeguata all’ambiente social network. L’utilizzo quotidiano delle tecnologie sta trasformando, da un punto di vista evolutivo, l’uomo sapiens in uomo connesso, pieno di contatti ma sempre più solo nell’affrontare i propri demoni e le proprie paure. Amicizie virtuali, con profili “vetrina”, pronti a metterti alla “gogna” ogni qualvolta si posti foto, commenti, non in linea con l’opinione della massa. I giovani sono sempre meno disposti a scoprire le loro fragilità per paura del giudizio del web. Anziché considerarle un valore aggiunto, talvolta anche un pregio anziché un difetto e comunque un ponte tra amici, le vivono come un ostacolo ai rapporti interpersonali e soprattutto affettivi. Ma c’è un altro aspetto: la disponibilità d’internet ha indiscutibilmente dato la possibilità di avere il mondo nella propria stanza, a portata di un click, nella sua interezza, nel suo lato illuminato dai raggi del sole e in quello avvolto dalle tenebre. Se quest’ultimo ha la meglio, si presenta nella sua interezza, senza filtri, pronto a risucchiarti per poi risputarti stravolto nei tuoi aspetti caratteriali e privato della tua innocenza”.

Cosa possiamo fare noi adulti per aiutare i giovani a vivere nel migliore dei modi questa delicata fase della loro vita?
“I genitori devono recuperare tempo: per ascoltare i propri figli, per informarsi sui rischi e sulle difficoltà che gli adolescenti possono incorrere, così da riuscire a cogliere i primi campanelli d’allarme. In questa società non è più concessa l’ignoranza su questi temi. Essere genitori è, oggi, sicuramente più impegnativo rispetto alle generazioni precedenti; il primo compito è di ritornare a essere un modello di riferimento e un educatore a discapito della propria vita da eterno adolescente. Bisogna restituire i pilastri ai ragazzi su cui sorreggersi nei momenti di difficoltà e in questo anche la società ha la sua grande responsabilità. È fondamentale che la scuola insegni un uso corretto delle tecnologie, con metodi didattici più innovativi rispetto a quelli ora in uso, che non hanno subito significative variazioni rispetto a quelli utilizzati nella mia generazione (ed io ho superato i cinquant’anni già da qualche tempo). È indispensabile promuovere attività che insegnino i giovani a collaborare e a maturare un sano spirito di gruppo. In queste includo anche uno spazio maggiore all’attività sportiva, spesso considerata marginale. Si devono inserire momenti di dibattito che non coinvolgano solo i temi del bullismo ma che forniscano ai giovani gli strumenti per riconoscere i messaggi subliminali presenti nella loro vita. In qualità di segretaria dell’Associazione “Italian Excellence in The World”, che da anni si interessa come da statuto del disagio giovanile, sono andata, ad esempio, a parlare in una scuola liceale a ottocento ragazzi sulle tecniche di manipolazione mentale, strumento di adescamento in situazioni settarie. Ho sottoposto ai ragazzi, in forma anonima, un questionario per poter comprendere quanto l’occulto e i messaggi negativi associati a questa realtà possano diventare oggetto d’interesse. Cinquecento ragazzi hanno aderito e di questi l’80% ha mostrato un chiaro coinvolgimento per questo mondo e un 5% ha dichiarato un reale avvicinamento a gruppi di giovani satanisti. In un’epoca in cui dal virtuale al reale il passo è breve, la scuola ha il dovere di approfondire, attraverso gli strumenti in suo possesso, la tempesta emotiva adolescenziale e dove questa conduce, con il fine di affiancare il ruolo educativo su ambiti talvolta proibitivi per i genitori. La formazione del ragazzo non può più essere esclusivamente nozionistica ma deve comprendere pertanto anche l’aspetto sociale. Le istituzioni devono permettere di svolgere il compito di genitore senza interferire pesantemente, come è successo in alcuni casi riportati dai quotidiani, in cui si è arrivati al paradosso della denuncia al padre che ha dato uno schiaffo al figlio sorpreso a spinellarsi (https://www.corriere.it/cronache/18_giugno_25/schiaffo-figlio-che-fuma-spinello-denunciato-padre-c3a5764a-7887-11e8-a34f-88cbebf7b4e2.shtml). Per concludere, si dovrebbe avere un occhio di riguardo a quello che s’immette nel mercato, dove l’unica cosa che interessa è il tornaconto economico o l’audience nel caso della televisione e, soprattutto, riportare l’educazione e il rispetto, a partire dalle nostre istituzioni. Non possiamo censurare ciò che i ragazzi ascoltano o vedono su internet ma si può fornire un’alternativa a una realtà che allo stato attuale sembra l’unica possibile”.