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In carcere per parlare di mafia

In foto: il carcere dei Casetti
il carcere dei Casetti
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
lun 11 feb 2019 18:15 ~ ultimo agg. 1 mar 12:55
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Hanno accolto le volontarie del Coordinamento Libera con biscotti e un tiramisù, un dolce benvenuto da parte dei detenuti della Sezione a custodia attenuata (Seat) della Casa circondariale di Rimini, per iniziare nel migliore dei modi due laboratori su temi che certo di dolce hanno ben poco: la Mafia e la sua presenza nella società.

Da una parte per Libera Alice Gaudenzi e Gaia Trunfio, quest’ultima responsabile formazione, accompagnate da Eugenio Pari della Cooperativa Sociale Cento Fiori, che attualmente gestisce il progetto Andromeda all’interno della Seat. Dall’altra un pubblico certo inconsueto, di sicuro molto partecipe secondo Gaia Trunfio: “come dico sempre, la presenza è obbligatoria (visto il contesto dove abbiamo operato), la partecipazione no. E invece hanno partecipato molto attivamente. Anzi, devo registrare che ci sono stati dei momenti molto emozionanti per alcuni di loro“.

Molti dei detenuti non conoscevano le differenze tra le diverse organizzazioni mafiose, ne l’attività di Libera.

“Abbiamo cominciato col parlare di come il Coordinamento cerca di cambiare la realtà – dice Gaia Trunfio – sia attraverso il ricordo delle vittime il 21 marzo, sia attraverso l’utilizzo dei beni confiscati, che sono un modo tangibile per far restituire alle mafie il maltolto. Abbiamo fatto vedere che ci sono dei beni confiscati in provincia di Rimini: oltre una decina tra beni mobili immobili e aziende. E abbiamo anche parlato delle delle esperienze dei riminesi a proposito dei beni confiscati in Campania, dove quest’anno un gruppo nutrito di giovani e di pensionati si è recato per lavorare. Non sono state le uniche esperienze, ogni anno volontari riminesi partono per aiutare nelle attività delle imprese collegate con Libera in Calabria, in Puglia, in Sicilia”.

I laboratori si sono basati su tecniche di educazione non formali. Non sono i primi che vengono tenuti nella Sezione di custodia attenuata del carcere riminese, sono cominciati alcuni anni fa sotto l’egida della cooperativa Madonna della Carità, “ma non solo abbiamo creduto che siano un ottima esperienza – dice Eugenio Pari, educatore della Cooperativa Sociale Cento Fiori e referente del progetto Andromeda – ma prossimamente esporteremo questi laboratori anche alla Comunità terapeutica di Vallecchio, che abbiamo fondato oltre 35 anni fa. Queste “merende della legalità”, come le chiamiamo, riservano a tutti qualcosa di molto buono”.

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