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L'agricoltura dà i numeri

Annata agraria. Nel report di Cia i numeri romagnoli

In foto: la presentazione del report
la presentazione del report
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 10 minuti
sab 24 nov 2018 10:55 ~ ultimo agg. 11:18
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E’ stata presentata l’edizione 2018 dell’Annata agraria realizzata da Cia-Agricoltori Italiani. Il report, storicamente realizzato da Cia Ravenna (che ne ha curato 31 edizioni), da quest’anno facendo seguito alla nascita di Cia Romagna, si amplia all’intero territorio romagnolo, con dati relativi alle province di Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini. Si tratta dell’unica pubblicazione di settore che raccoglie i dati più significativi per quanto riguarda l’agricoltura dell’area vasta Romagna, prendendo in esame il periodo novembre 2017 – ottobre 2018. Un periodo non casuale, ricorda Cia Romagna, ma legato al fatto che in Romagna era consuetudine far scadere i contratti agrari per San Martino, 11 novembre, momento adatto in quanto dopo la semina il calendario dei lavori agricoli era meno fitto e impegnativo.

Il numero di imprese continua a calare. Rimini si distingue a livello regionale per il tasso di femminilizzazione delle imprese, ma le imprese agricole femminili calano. Quanto a olivi, nel riminese la superficie più ampia in regione.


La sintesi del report:

Demografia delle impreseIn Romagna l’agricoltura continua ad essere fra i settori in restringimento: al 30.09.2018 erano 16.099 le imprese agricole attive (su 106.496 imprese complessive attive), -1,53% su settembre 2017. Prosegue il trend calante anche nelle imprese femminili agricole romagnole: sulle complessive 22.159 femminili quelle agricole diminuiscono: erano 3.031, 89 unità in meno rispetto allo stesso periodo del 2017. Le agricole femminili diminuiscono anche nel riminese, pur distinguendosi questa provincia a livello regionale per il tasso di femminilizzazione delle imprese (21,1%). Anche le imprese giovanili complessive sono in calo del -2,2% ed è qui che invece l’agricoltura registra un segno positivo in quanto le agricole giovanili al 30.09.2018 hanno fatto segnare una crescita del 6,4% su settembre 2017: la Romagna esprime 520 imprese agricole under 35 sul totale delle giovanili che è di 7.356. In merito agli occupati il dato fornitoci è relativo al primo trimestre 2018: 480.467 unità di cui 29.260 in agricoltura, in flessione di 458 unità rispetto al primo trimestre del 2017, Da sottolineare che in quanto a occupati in agricoltura complessivamente in calo nelle tre province romagnole prese in considerazione nel loro insieme, la provincia di Forlì-Cesena ha segno più con una crescita di 353 unità rispetto al trimestre precedente.

Frutticolo. Prosegue il trend di espansione della superficie coltivata per albicocchi e ciliegi, lievemente anche quelle di meli e susini, stabile quella del pero. Continua di contro il calo degli ettari di pesco e nettarina per una media tendenziale del 10% annua. Degli oltre 10 mila 600 ettari romagnoli rilevati 2017 (circa l’80% dell’estensione totale della regione) le nettarine sono poco sotto 6 mila 900 ettari e le pesche intorno ai 4 mila 300 ettari. Sul versante produzione, rese, prezzi all’origine e redditività il 2018 vede l’albicocco fra le frutticole in maggior difficoltà per quantità, qualità, prezzi deludenti perché non remunerativi a causa della mancanza di prodotto e per i consumi: produzione ridotta di circa il 50% sul 2017 (che è stato un anno di abbondanza) e comunque di un 40% su annate ordinarie.

Per il ciliegio abbiamo una minor produzione media romagnola (-30% circa) ma alta qualità. E’ la provincia di Forlì-Cesena che esprime la maggior estensione con oltre 530 ettari sugli oltre 740 romagnoli e gli oltre due mila della regione. La Corniola è la varietà che si coltiva prevalentemente nelle colline del cesenate; in flessione di circa il 30% la produzione e prezzi inferiori alle aspettative e al consolidato di questa varietà. Nella coltivazione del melo in Romagna è Ravenna che esprime maggiori estensioni: oltre 1270 ettari sui 1.600 romagnoli. Il quantitativo della produzione locale è tale da poter essere collocato per quasi tutte le aziende e le mele non dovrebbero generare difficoltà per i coltivatori romagnoli.
Una situazione particolare la stanno vivendo le pere. La produzione romagnola nel 2018, fra estive e invernali sembra da record con un +15% rispetto al 2017 (resa media circa +3%). I prezzi all’origine mediamente sono inferiori di circa il 25% rispetto a quelli del 2017.

Cala la produzione di pesche e nettarine in Romagna di circa il 15% come media, in linea con il calo a livello regionale (-15%) e nazionale (-16%), mentre l’Europa segna un -8%. Dal punto di vista del reddito è comunque un’annata non critica. Il 21 giugno, quest’anno, è partita la campagna 2018 della Pesca e Nettarina di Romagna Igp: a fronte di un’annata che vede la produzione peschicola in calo, il prodotto a origine certificata continua a rappresentare una piccola nicchia di offerta per estimatori.

Per il susino sembra esserci una debole riscossa. La Romagna, con le province di Ravenna e di Forlì-Cesena, detiene oltre il 60% della superficie a susino presente in regione: oltre 2 mila 740 ettari su oltre 4.100. In Romagna la produzione totale è stimata mediamente in calo di circa il 13%, con un 20% in meno delle cinogiapponesi estive rispetto al 2017. Per le varietà Europee si è verificato invece un incremento di produzione di circa il 20%. Le quotazioni all’origine sono state superiori rispetto agli altri anni anche fino a una media di 50 centesimi in più al kg.

La Romagna, con la provincia di Ravenna capofila, rappresenta circa il 90% dell’estensione dell’actinidia a livello regionale: al 2017 la superficie romagnola coltivata era di circa 4.192 ettari (Ravenna 3.470 ettari; Forlì-Cesena 701 e Rimini 21), La produzione complessiva prevista per il 2018 in Romagna sembra inferiore di circa il 10% ed è sotto al potenziale produttivo già da alcuni anni. Al momento difficile elaborare previsioni sulla quantità effettivamente commercializzabili e sull’andamento dei prezzi. L’actinidia deve fare i conti con batteriosi, moria, meteo e cimice asiatica.

Ottima per qualità la campagna olivicola romagnola dove insistono il 90% degli ettari regionali a olivo. Il riminese esprime la superficie più ampia. Produzione complessivamente in crescita, ma andamento differenziato con un +70% per il ravennate, un +20% per forlivese cesenate e un -70% per il riminese. Sono circa 3.800 le tonnellate di olive prodotte in Romagna, di cui circa 250/280 tonnellate Dop. La produzione complessiva di olio è di circa 470mila kg, di cui circa 30mila kg Dop: 6mila kg Dop “Colline di Romagna” e 24-25mila kg Dop “Olio Brisighella”.

Il vitivinicolo. Sono circa 24mila gli ettari coltivati a vite in Romagna e la produzione complessiva, nel 2018, è stimata in crescita mediamente del 43% rispetto al 2017, anno eccezionale per la scarsità di uva prodotta che in Romagna raggiunse circa 3,7 milioni di quintali di uva. L’incremento si registra specialmente sulle uve bianche (+25%, e nel 2017 ebbero un calo del 24%), in particolare il Trebbiano di pianura (situazione simile al Veneto), con numeri record e incrementi 2018 sul 2017 anche del 56%. Bene le Albane, che hanno generato prodotti meno strutturati ma più freschi e fruttati. Più che soddisfacenti i risultati per le varietà a bacca rossa (+18%). Le uve Merlot hanno una buona freschezza aromatica. Ottimi anche i Sangiovesi con livelli qualitativi più che buoni e diverse punte di eccellenza. In generale mezzo grado in meno di media rispetto al 2017. Uve Dop in crescita di circa il 25%. Il prezzo all’origine delle uve è in media di 22 Euro/quintale, inferire anche più del doppio rispetto a quello del 2017 (50 Euro/quintale).

Cerealicolo. I cereali maggiormente diffusi in Romagna sono i frumenti, duri e teneri. Nella parte più a sud, nelle colline del forlivese e cesenate, è presente anche l’orzo (3.300 ettari nel 2017, a fronte dei 1.640 e dei 1.300 del ravennate e del riminese), insieme a colture più aride come il girasole e il farro. La produzione 2017 si è rivelata eccezionale per rese e qualità del raccolto dei cerali a paglia, le rese medie regionali sono state 67 q/li ha per il duro (60,3 la media in Romagna); quasi 70 q.li/ha per il tenero (media in Romagna 65,23 q/ha) e 62,6 q/ha per l’orzo (media romagnola 61,8 q/ha).  Il 2018 appare altalenante e complessivamente in Romagna la produzione è calata di circa il 17%. Le rese sono state tutte in calo (tranne quelle di mais e sorgo) di circa 15 quintali in meno per ettaro rispetto al 2017.

Ondivago l’andamento per le colture oleoproteaginose: aumenta il girasole, calano soia e colza. Una coltura che sta emergendo è il cece, anche se il meteo non è stato favorevole in quest’annata.

Colture industriali. L’erba medica ha avuto un’ottima produzione di foraggio, qualità buona e mercato in crescita, con andamenti pre-2017 e prezzi interessanti anche per il prodotto disidratato. Risultati deludenti per la barbabietola da zucchero per colpa del meteo sfavorevole e produzioni sotto le aspettative in particolare per il titolo zuccherino. Lo zucchero prodotto è stimato in calo del 48% rispetto al 2017: 228mila tonnellate a fronte delle 400mila. Annata poco soddisfacente anche per le quotazioni con costi di produzione più alti dei prezzi all’origine che verranno pagati.

Colture da seme. Il comparto è il fiore all’occhiello dell’agricoltura regionale e nel distretto di Forlì Cesena (seguito da Bologna e Parma) si registra la maggior presenza di ditte sementiere fra le circa 75 complessive presenti in Emilia Romagna, un terzo del totale nazionale. La campagna romagnola 2018 in quanto a superfici coltivate con colture da seme presenta una situazione simile a quella del 2017, con leggere flessioni per cavoli, carota, spinaci, coriandolo e basilico, mentre propendono all’aumento quelle di zucche, zucchino, rape e cetriolo.

Cavoli e brassiche ibride non hanno raggiunto i risultati eccezionali del 2017, anche se le rese sembrano al di sopra delle medie attese. Positiva invece la stagione per la bunching e la cipolla, ibride e standard, con rese molto sopra la media, con una riscossa su diversi anni di difficoltà generale.

Per la cicoria estiva molto soddisfacente. Così il cetriolo e le altre cucurbitacee sembrano aver goduto dello stesso effetto climatico positivo, con una raccolta in linea generale migliore del 2017.

Il cece da seme, che a livello nazionale ha più che raddoppiato la superficie, nell’area romagnola, ma non solo, sembra abbia sofferto le condizioni climatiche in particolare le frequenti e abbondanti piogge. Andamento positivo anche per rucola, piselli e lattughe. I ravanelli ibridi sembrano al di sotto delle aspettative, mentre i ravanelli standard sono nella media. Le carote purtroppo hanno problemi di commercializzazione a causa della batteriosi.

Colture industriali da seme. Le barbabietole da seme per la maggior parte si trovano nel ravennate e nell’imolese, con superfici anche nel forlivese-cesenate, pur se di estensioni inferiori. Dei circa 5mila ettari nazionali oltre il 90% sono in Emilia Romagna. Gli effetti dell’andamento climatico si sono avuti sullo sviluppo vegetativo e sulle rese per ettaro che, a differenza del 2017 indipendentemente dalle ditte e dalle genetiche, sono state di circa il 20% in meno, passando da una media di circa 25 q/ha del 2017 a una media di 20 q/ha del 2018.  La qualità del seme non dovrebbe aver sofferto.

Girasole, soia e colza (oleaginose) hanno andamenti diversificati fra loro e anche al loro interno. La superficie del girasole da seme è data in espansione per il 2018. L’andamento delle rese da seme è buono, nella maggior dei casi fra 16 e 18 q/ha come media. La soia da seme in Romagna nel 2018 per quanto riguarda la resa per ettaro è nella media delle precedenti annate, anche se in alcune zone si stimano flessioni del 20% delle superfici. Le superfici a colza (da seme e da olio complessivamente) in Romagna nel 2018 sono stimate in aumento con rese medie inferiori a quelle del 2017. In particolare nell’area ravennate passa da 205 a 420 ettari, mentre la resa media flette da 40 a 25q/ha.

Erba medica da seme è una produzione molto importante per l’Emilia Romagna, che coltiva il 50% dei circa 40 mila ettari complessivi in Italia. La superficie di medica da moltiplicazione è concentrata soprattutto in Romagna, a Ravenna in particolare dove gli ettari coltivati complessivamente fra foraggio e seme sono, da una media dell’andamento degli ultimi 4 anni (2015/2018), circa 15.700 (15.800 stimati per il 2018, 9% in più del 2017; erano 14.500 nel 2017 e oltre 16mila precedentemente). La produzione di medica nel suo insieme si stima in aumento di circa il 20%, con rese medie complessive che a Ravenna si stimano fra i 370-400 q/ha.  Per la medica da seme è una stagione sottotono.

Colture Orticole. Le orticole prevalenti in Romagna sono fagiolo fresco e fagiolino, spinacio, pisello, erbette, lattuga, zucchino e zucca, pomodoro da industria, patata, cipolla, per una produzione complessiva romagnola di oltre 4 milioni di quintali su oltre 10.500 ettari. Una curiosità: i 47 ettari del cardo presenti in Regione nel 2017 sono solo in Romagna: 42 a Forlì-Cesena e 5 a Ravenna. A livello generale, negli ultimi 5 anni in particolare, sono diminuiti gli investimenti nel comparto delle orticole. Diverse le motivazioni: i prezzi dei prodotti spesso insufficienti; gli andamenti climatici, che sempre più hanno espressioni estreme; il calo della domanda interna; il calo degli sprechi.

Comparto zootecnico. Numeri importanti in Romagna per il patrimonio zootecnico fra allevamenti e capi, con la provincia di Forlì-Cesena che ne è la massima espressione. Fra i settori in espansione nel 2018 l’ovi-caprino e l’avicolo. Per l’ovi-caprino incremento medio +11% per numero di allevamenti e di circa il 3% dei capi.

Per l’avicolo in particolare aumento del numero degli allevamenti dei polli da carne (170 nel 2018, 5 in più del 2017, di cui 142 a Forlì-Cesena) e degli allevamenti di galline ovaiole (141, 12 in più del 207, di cui 104 nell’area forlivese-cesenate). I numeri fanno riferimento ad allevamenti avicoli con capacità uguale o superiore a 250 capi. I prezzi all’origine degli avicoli sono tutti in aumento in ottobre sul mese precedente, ma tutti in calo, tranne quelli delle faraone (Euro/kg 2,31, +6%) su settembre 2017. Per esempio: polli -12% (Euro/kg 1,03); uova -11% (Euro/100 unità 11,10) su settembre 2017. Forlì da novembre è la sede del Cun (Commissione unica nazionale delle uova) e anche questo è un riconoscimento dell’importanza che l’area riveste in questo settore.

Il suinicolo è in contrazione per numero di allevamenti (in numero maggiore in provincia di Forlì-Cesena, 841, +0,3% sul 2017), ma aumentano i capi (numero maggiore in provincia di Ravenna, 114.093, +12% sul 2017).  Andamento negativo dei prezzi dovuto alla forte dipendenza dall’estero: il mercato sta risentendo della contrazione della domanda cinese, eccezionale nel 2016 poi sempre in calando.

Il settore dei bovini (da carne e da latte) registra un trend flessivo mediamente e in generale in Romagna sia per allevamenti sia per capi. I prezzi alla produzione segnano una discreta ripresa nel 2018 per la carne bovina. La Razza Romagnola prosegue nel deprezzamento. Pare ci sia un recente recupero in particolare per le femmine ma si è ancora lontani dai valori che possono permettere la sopravvivenza di questa razza.

Il prezzo agli allevatori del latte è in ribasso: a inizio 2018 era di 36,20 Euro/100 litri. Recentemente è stato firmato un accordo per 38,00 Euro/100 litri, comunque più basso di quello raggiunto e realizzato nel 2017 (39,00 Euro/100 litri).

Per l’apicoltura, settore rilevante non solo per il miele, ma anche per l’ambiente e l’impollinazione dei fruttiferi e delle sementiere ampiamente diffusi in Romagna, il 2018 è migliore rispetto a un 2017 abbastanza disastroso. In particolare nel riminese buon andamento per il miele da tiglio e da erba medica. Il settore, nel suo complesso, è in espansione mediamente del 5% in Romagna.

Biologico. Prosegue anche in Romagna l’incremento di imprese (+11% al 31.06.2018 rispetto al 31.12.2017) e superfici (+11,7% sul 2017). Il riparto colturale delle superfici bio a livello regionale è molto simile e per la Romagna spiccano le frutticole (1.722 ettari nel 2017).

Anche per il comparto produttivo di uova biologiche spicca la Romagna e il dato della provincia di Forlì-Cesena, dove vi sono le aziende di maggior rilevanza a livello nazionale tra le imprese produttrici di uova biologiche. Nuovo interesse, inoltre, si registra per l’allevamento bio di avicoli da carne, in particolare polli e tacchini.

Nelle vendite di carni fresche e trasformate il biologico è ancora poco rappresentativo; vini e spumanti bio crescono del +49,3%, ma rappresentano l’1,1% del fatturato totale dei vini venduti in Italia.

Consolidati, nel primo semestre 2018, i numeri delle categorie dove il biologico ha quote di mercato rilevanti: frutta (+2,5%), ortaggi (+0,4%) e derivati dei cereali (+9,3%), che rappresentano da sole il 60% delle vendite biologiche.