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Attualità Rimini

Alla Grottarossa l'ultimo saluto a Nicholas. L'omelia del vescovo

In foto: Nichola Bruschi (da FB)
Nichola Bruschi (da FB)
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 4 minuti
ven 17 ago 2018 12:07 ~ ultimo agg. 18 ago 11:15
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Sono stati celebrati giovedì alla chiesa della Resurrezione alla Grottarossa di Rimini i funerali di Nicholas Bruschi, il 19enne morto nella notte tra sabato e domenica in un incidente in via della Grottarossa mentre rientrava a casa dopo una serata con gli amici. Il giovane ha perso il controllo del suo scooter finendo fuori strada: fatale l’impatto con un palo della segnaletica. Tanti gli amici che hanno voluto salutarlo stringendosi intorno alla famiglia. E alla fine alcuni di loro hanno avuto la forza di salire sull’altare per ricordarlo.

Nella sua omelia il vescovo Lambiasi ha parlato delle tante situazioni in cui è naturale chiedersi: “Signore, se tu fossi stato qui: qui adesso, qui subito, qui come sembrerebbe a noi giusto di poterci e doverci attendere da un Figlio di Dio, Fratello e Amico nostro, come te. Se tu fossi qui, dove un ponte che sembrava dovesse essere eterno, collassa in un nanosecondo e causa una strage assurda, orrenda. Se tu fossi qui adesso, quando stanno agonizzando tanti poveri vecchi abbandonati e basta un kamikaze per far saltare in aria dei poveri bambini innocenti. Se tu fossi quaggiù, dove i nostri mari fanno da cimitero a tanti profughi, dove l’azzurro dei nostri cieli viene oscurato giorno e notte dalle nubi ammorbanti di interminabili roghi tossici, dove i nostri marciapiedi fanno da letto alla carne innocente di tanti poveri ‘senza-fissa-dimora’. Se tu fossi stato qui vicino, l’altro ieri, quando la moto Nicolas stava sbandando…”

Poi si è rivolto nello specifico ai familiari, dicendo di non avere paura di porre la domanda a Gesù: “Dov’eri, Signore buono, l’altra sera, alle 2,20 di notte, quando Nicolas stava rientrando a casa, in zona Grottarossa?’. State sereni: Gesù non si offende nel vedersi investito dal vostro dolore, perché lui stesso ha urlato verso il cielo, dall’alto della croce, quel 14 di nisan dell’anno 30: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. E permettetemi anche di fare mia la domanda che più vi brucia in cuore e che io non solo non ho alcun diritto di censurare, ma che, anzi, ho il dovere di assumere e di sottoscrivere a quattro mani. Ma prima ancora, permettetemi di piangere insieme a voi, e insieme a voi di mettermi in ascolto della voce di Nicolas. Sì, non è vero che i nostri morti non parlano. Alludendo al giorno della propria morte, Don Oreste aveva scritto: “Nel momento in cui chiuderò gli occhi a questa terra, la gente che sarà vicino dirà: è morto. In realtà è una bugia. Sono morto per chi mi vede, per chi sta lì. Le mie mani saranno fredde, il mio occhio non potrà più vedere, ma in realtà la morte non esiste perché appena chiudo gli occhi a questa terra, li apro all’Infinito di Dio.”

Per poi immaginare che fosse lo stesso Nicholas a rivolgersi ai presenti: “al vostro posto anch’io chiederei al Signore perché mi ha strappato dal vostro abbraccio. Ma ora non glielo chiedo più. Anzi io vi autorizzo a dirgli: ‘Signore, non ti chiediamo perché ci hai tolto Nicolas; ti ringraziamo perché ce l’hai donato’. Adesso io ‘mi illumino d’immenso’ nella luce di Dio e capisco che Gesù non è venuto sulla terra a spiegarci l’enigma del dolore, ma a trasformarlo in un mistero d’amore. L’enigma è un giallo; il mistero è un’avventura. E’ una traversata con una fragile barca a vela, su un mare agitato, spesso in tempesta. E Gesù ci chiede di salire in barca con lui. Noi non siamo padroni del vento, ma lui ci aiuta a orientare la vela e a non fare naufragio: il suo nome è Salvatore. Gesù non ci salva rifilandoci sofisticate elucubrazioni sul dolore, ma trasformando il dolore in un amore ancora più limpido e più forte. Non elimina il male, ma non solo ci abilita a non lasciarcene vincere, bensì a vincerlo con un bene infinitamente più grande. Noi vorremmo miracoli, ma lui ci dona se stesso. E’ morto in croce e ha fatto di una morte totalmente ingiustificata la possibilità di un amore totalmente incondizionato. Gesù era lì l’altra sera per non farmi precipitare nella cieca voragine del nulla. Era lì, pronto per trasformare la mia caduta in un volo verso l’infinito.

“Ora, babbo, mamma, fatemi asciugare le vostre lacrime. Io so che voi mi avete voluto bene e anch’io ve ne ho voluto. Ecco, per il bene che ci siamo voluto, vi devo chiedere una promessa: tutte le volte che penserete a me, promettetemi di asciugare con le vostre mani qualche lacrima intorno a voi. Questo sarà il balsamo per la vostra ferita che continuerà a sanguinare: alleviare il dolore degli altri. Vi prego, prestatemi le vostre mani e il vostro buon cuore per fare quello che nel mio piccolo ho cercato di fare e che vorrei continuare a fare. Ho chiesto a Gesù di farmi passare il mio cielo sulla terra per esercitare il ministero della consolazione per tanta povera gente che soffre. Promettetemi di entrare nella mia “cooperativa delle mani aperte e delle braccia spalancate” per abbracciare e dare una mano a quanti soffrono. E io sarò l’angelo che vi aiuterà a mantenere questa promessa.

Tra i messaggi di cordoglio arrivati dopo la scomparsa di Nicholas, quelli dell’Itis Belluzzi-Da Vinci, dove si era displomato lo scorso anno, quello dell’Azione Cattolica di Rimini, della quale faceva parte, e della Promosport, la società dove aveva giocato a calcio come portiere.

 


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