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Giovani Lavoro

Dopo Brexit. Il riminese a Londra: "Mai tornerei in Italia"

di Serena Saporito   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
ven 13 lug 2018 09:49 ~ ultimo agg. 23:15
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Stop agli europei in cerca di lavoro (a esclusione dei “professionisti qualificati”). C’è anche questa tra le misure del libro Bianco con i dettagli del piano per i negoziati con Bruxelles che dovrà votare il Governo Inglese, dopo la Brexit. Un annuncio che preoccupa quanti, tra i giovani, sognano in particolare l’affascinante capitale inglese per fare un’esperienza di lavoro – e imparare la lingua – o magari costruire lì una vera e propria carriera.

Come ha fatto il riminese Alessandro Valentini, che da quattro anni vive a Londra, portando avanti una brillante carriera da direttore marketing in un’azienda: una carriera  che, forse, con le nuove regole all’orizzonte non avrebbe potuto fare.

“Io e la mia ragazza (Cristina Pandolfi, ndr) ci siamo trasferiti insieme qui quattro anni fa. Stiamo facendo entrambi una bella carriera: io lavoro in un’azienda che aiuta le imprese innovative ad accedere ai fondi pubblici. La mia ragazza lavora in un’azienda che confeziona capi per marchi internazionali della moda” racconta.  Per loro è stato facile, racconta Alessandro: hanno preso un aereo, arrivati hanno trovato una casa e poi un lavoro in pochissimo tempo. Stesso copione di molti dei colleghi di lavoro di Alessandro, che arrivano, quasi tutti, da fuori Inghilterra, da diversi paesi europei. Situazione che rischia decisamente di cambiare. “Il mercato europeo dei talenti non può non essere aperto. Londra stessa non funzionerebbe senza gli stranieri!” ride Alessandro, scettico sulle decisioni verso cui sembra andare il Governo inglese.  Per chi, come lui, è arrivato da tempo, prima di Brexit, però non ci sono problemi all’orizzonte. “Per noi c’è un sistema messo in piedi dall’Home Office, una sorta di garanzia di residenza, che ci assicurerà di restare senza problemi”. Anche dal punto di vista dell’accoglienza, per gli italiani – generalmente ben visti anche per la grande quantità di turisti italiani – non è cambiato molto dopo Brexit. “Ho però amici polacchi e russi che hanno subito degli episodi di razzismo per le strade… Gli è stato detto di tornarsene a casa loro…”

Da parte sua Alessandro non tornerebbe in Italia, assicura: “Ci sono troppe differenze strutturali, per cui l’Inghilterra è più avanti rispetto all’Italia. Vedi il mercato del lavoro e l’atteggiamento, in generale, verso l’innovazione. Anche i livelli di rappresentanza pubblica sono molto diversi. Potrei pensare di andare in un qualche altro paese europeo, ma in Italia mai”.

Se le cose stanno così per Alessandro, diverso, secondo lui sarà per chi vuole partire ora e fare questo viaggio potrebbe valere la pena, davvero, come prefigurato dal Governo inglese, solo per chi ha già una professionalità. “Noi non avevamo un lavoro in tasca, ma avevamo una professionalità. Non siamo partiti alla cieca, avevamo le idee chiare su cosa volevamo fare. Ci sono tanti che vengono per trovare un lavoro purchè sia. Per loro già oggi è più difficile. Capita che si ritrovino in delle condizioni per cui c’è da chiedersi se valga la pena andare in Inghilterra e non in un altro paese europeo. Il mio consiglio è di venire se si ha un’idea da realizzare. Se le opportunità del proprio settore in Italia stanno strette”.

Guarda l’intervista.

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