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Agricoltura Economia

Agroalimentare in crescita, ma Rimini resta in coda per export e occupazione

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di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 4 minuti
gio 21 giu 2018 11:32 ~ ultimo agg. 17:38
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Presentato a Forlì, nella locale sede della Camera di Commercio della Romagna, il Rapporto sul sistema Agroalimentare della Romagna per l’anno 2017. Le tre province, Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini, rappresentano poco più di un quarto (26,4%) della Produzione Lorda Vendibile regionale per un valore che sfiora 1,28 miliardi di euro, in aumento del 10,7% rispetto all’anno precedente. Dal 2013 si registra un continuo miglioramento negli scambi commerciali di prodotti: lo scorso anno le importazioni sono aumentate dell’1% attestandosi a 2miliardi 306 milioni di euro mentre le esportazioni sono cresciute del 12,8% arrivando ad un miliardo 414 milioni. Il saldo con l’estero, benché ancora negativo, si attesta al valore più basso dell’ultimo quinquennio. Principali mercati di approvvigionamento Ucraina e Brasile per l’export invece Germania e Francia. Frutta fresca e sementi rappresentano oltre il 77% delle esportazioni romagnole. A seguire kiwi e pesche. La Romagna esporta poi vino sfuso per 69 milioni di euro (quasi il 37% dell’export nazionale). Il contributo della provincia di Rimini alle esportazioni agroalimentari della Romagna è però piuttosto basso e lo scorso anno si è attestato a 192 milioni di euro, comunque in crescita del 34% rispetto al 2016. Delle 1029 attività romagnole nell’industria alimentare nel riminese ci sono 207 realtà artigiane e 69 industriali, 12 operano nel settore delle bevande. Rimini è poi fanalino di coda in tutta la regione per quanto riguarda il numero di occupati: nel 2017 erano in totale 3.709, appena il 2,7% del totale degli occupati in provincia (la media dell’Emilia Romagna è 4% mentre a Ravenna e Forlì Cesena si sfiora l’8). Per quanto riguarda infine i contributi erogati alle aziende agricole nel 2017, Rimini si conferma sempre in coda con 17,7 milioni di contributi PSR (contro gli 86 di Forlì Cesena e i 63 di Ravenna) e 11,1 milioni di pagamenti Agrea contro i 57 e 49 delle altre due province romagnole.

Il rapporto, alla prima edizione, è stato curato da Regione e Unioncamere Emilia-Romagna con la collaborazione delle Camere di commercio della Romagna – Forlì-Cesena e Rimini e di Ravenna, della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì e di Romagna Terra del Buon Vivere.


La sintesi del rapporto:

La produzione lorda vendibile (PLV) 2017

La PVL totale della Romagna (FC RA RN) è pari a circa 1,3 miliardi di euro e rappresenta il 26,4 % di quella regionale (oltre 4,8 miliardi di euro). In particolare, rispetto al dato regionale, la PLV della Romagna, per le colture arboree è il 43% e per le erbacee è il 24% e per gli allevamenti è il 19%. La variazione della PLV, rispetto al 2016, per l’area Romagna è stata pari al 10,7%

Ravenna spicca per vocazione frutticola (33% della PLV- colture arboree) e Forlì-Cesena per specializzazione avicola (15% della PLV- allevamenti). Entrambe le specializzazioni sono riconosciute a livello nazionale.

Le esportazioni agricole

A prezzi correnti nel 2017 in Romagna le esportazioni agro-alimentari crescono molto più delle importazioni, 12,8% contro 1,0%, e si attestano rispettivamente a 2.306 ed a 1.414 milioni di euro. Il saldo con l’estero, per i soli prodotti agro-alimentari, passa da -1.029 a -892 milioni di euro: è il valore più basso dell’ultimo quinquennio. In Romagna, tra il 2013 e il 2017, il peso in valore dei prodotti agro-alimentari sul totale dei prodotti scambiati dal lato delle importazioni scende dal 38,9% al 32,6%, mentre per le esportazioni passa dal 15,6% al 14,3%.

I due principali mercati di approvvigionamento sono Ucraina e Brasile per i prodotti agricoli e Ucraina e Argentina per quelli trasformati. Le imprese romagnole acquistano sui mercati dell’Unione Europea poco meno della metà delle loro importazioni di prodotti agricoli e poco meno di un terzo di quelle di prodotti trasformati.

Dal lato delle esportazioni, Germania e Francia sono i due principali mercati esteri per i prodotti agricoli sia della Romagna che dell’Italia; il peso dei Paesi UE è pari rispettivamente al 78,8% ed all’80,7%. La Germania rappresenta il principale mercato di prodotti trasformati per la Romagna, seguita nel primo caso dalla Francia. In entrambi i casi il peso dei paesi UE si ferma al 63%.

Le esportazioni di frutta fresca (257 milioni)e di sementi (105 milioni) rappresentano poi il 77,4% delle esportazioni agricole romagnole, le prime addirittura oltre il 50% dell’export frutticolo regionale e il 9% di quello nazionale.

I prodotti più importanti, sono, in ordine decrescente: kiwi (esportazioni di 85 milioni di euro) e pesche (64 milioni). La Romagna contribuisce in modo significativo alle esportazioni nazionali di prugne (41,5%), pesche (37,7%) e albicocche (33,7%).

La Romagna esporta vino sfuso per 69 milioni di euro, pari al 36,8% del suo export nazionale. Le vendite di prodotti del florovivaismo, che includono talee e piante da frutta: il valore delle esportazioni nel 2017 è stato pari a 21 milioni di euro (-0,6% in valore). Dalla Romagna partono per l’estero oltre i tre quinti delle esportazioni nazionali di sementi di ortaggi.

Questa forte specializzazione è allo stesso tempo punto di forza e di debolezza perché espone la Romagna a una pronunciata variabilità di prezzi e redditi, ad esempio nel 2017 si è avuto un netto calo dei ricavi di pesche (-31%) e nettarine (-33,2%) rispetto al 2016, dovuto alla riduzione dei prezzi del 20-25% nonostante la marcata riduzione delle superfici. Per gli avicoli si è avuto invece un aumento dei prezzi per i polli, + 8,7%, con una riduzione delle quantità di circa il 3%.

Venendo alla classifica delle province romagnole per vocazione all’export, nel settore agroalimentare prima è Ravenna (670 milioni), terza in ambito regionale, poi Forlì-Cesena (550 milioni) e Rimini (190 milioni).

 Industria alimentare

Nelle tre province della Romagna si conta circa il 22% delle ragioni sociali della regione operanti nel settore alimentare e delle bevande, una quota che cresce al 25% se consideriamo solo le attività di tipo artigianale e che scende al 17% per quelle di tipo industriale.

Rispetto all’anno precedente, il numero di ragioni sociali nel settore alimentare e bevande è quasi invariato (-0,1%,), con una leggera riduzione delle attività di tipo artigianale (-0,4%), quasi completamente compensata dall’aumento di attività di tipo industriale (+0,8%).

L’industria alimentare romagnola conta 1.029 ragioni sociali, di cui circa il 75% sono attività di tipo artigianale. Mentre per le attività artigianali si ha una distribuzione con poche variazioni tra le tre province (dalle 286 unità di Forlì-Cesena alle 207 di Rimini), le attività di tipo industriale si concentrano nella provincia di Forlì-Cesena, che con 103 unità rappresenta il 40,7% del totale, seguita da Ravenna (81 unità) e Rimini (69 unità). L’industria delle bevande, con 43 società delle quali 30 industriali, in Romagna costituisce il 4,0% dell’intero aggregato alimentare e bevande.

 Occupazione: in crescita donne e imprese giovani

L’occupazione agricola aumenta nel 2017 nella maggior parte delle province della regione e il maggior incremento si è registrato nella provincia di Forlì-Cesena, con una crescita di quasi 2.900 unità (+21,8%).

Le province di Forlì-Cesena e Ravenna si caratterizzano ancora per un’incidenza dell’occupazione agricola sul totale nettamente superiore alle altre provincie (rispettivamente 7,8% e 7,7%)