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Attualità Rimini

Il comune e l'Anpi ricordano Gramsci, morto il 27 aprile '37

In foto: la cerimonia
la cerimonia
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
sab 28 apr 2018 12:39
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Il 27 aprile del 1937 moriva Antonio Gramsci. Per ricordare l’uomo politico e il giornalista nell’81°anniversario della sua morte, l’Amministrazione Comunale di Rimini ha partecipato con la Presidente del Consiglio Comunale Sara Donati, alla
commemorazione organizzata da ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia). Durante la manifestazione sono stati letti alcuni contributi dai suoi scritti ed è stato deposto un mazzo di fiori sul monumento a Gramsci nel piazzale cittadino a lui dedicato.
Un intellettuale – ha ricordato Sara Donatiche ha saputo darci
solide basi filosofiche oltre che politiche, le cui parole e scritti
risultano ancora oggi, più che mai attuali e fonte di riflessione per
interpretare il nostro tempo”.

L’Anpi ha voluto ricordarlo riportando un suo testo datato 11 febbraio 1917: “Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere
cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione,
un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano
oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime. Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”.

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