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Nicolò Botteghi, ala del 2001 della TVB U18 Elite, si racconta

di Icaro Sport   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
lun 19 feb 2018 13:34 ~ ultimo agg. 13:55
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Capita, a volte, che il basket non sia la prima scelta fatta da bambino e che venga scoperto successivamente, facendo breccia nel cuore di chi fino a quel momento aveva preferito altro.

A Nicolò Botteghi, ala del 2001 della TVB U18 Elite, è successo proprio così.
«Ho iniziato a giocare a basket tardi, verso i 13 anni: prima facevo il portiere in una squadra di calcio, ma poi ho smesso perché giocare in porta non mi entusiasmava. All’inizio i miei genitori hanno montato un canestro sotto casa e ho iniziato a tirare lì, poi sono entrato nell’U13 della Pallacanestro Titano. In pratica sono partito da zero dal punto di vista dei fondamentali, perché ho saltato completamente il minibasket».

Che cosa le è piaciuto del basket?
«Facendo il portiere ero abituato ad un ruolo “solitario” e mi muovevo poco, per questo del basket mi sono piaciuti il dinamismo ed il fatto di far parte di un gruppo che gioca insieme. La mia fisicità, poi, mi ha aiutato parecchio, perché sono un giocatore atletico e verticale».

Qual è stata l’evoluzione del suo ruolo?
«All’inizio giocavo da 5, per sfruttare altezza e, appunto, atletismo, ora sto cercando di allontanarmi dal canestro e ampliare il mio gioco e per questo mi alleno molto su tiro e palleggio. Attualmente nella TVB vengo utilizzato prevalentemente da 4, ma in difesa posso marcare anche gli esterni avversari».

Quali sono le sue caratteristiche, i suoi punti di forza e quello in cui deve migliorare?
«Avendo iniziato tardi devo lavorare sui fondamentali e aumentare la massa muscolare. Come punto di forza direi la difesa, grazie alla velocità di piedi e alla rapidità: la giocata che mi esalta di più durante una partita è la stoppata».

Come ha accolto il progetto TVB?
«All’inizio ero titubante, ma è durato poco, perché siamo diventati subito una squadra e abbiamo cominciato a vincere. I dubbi derivavano dal fatto che eravamo abituati a giocare a San Marino tra ragazzi che già si conoscevano e ci veniva chiesto di fonderci con un’altra realtà e di spostarci per allenamenti e partite. Grazie a coach Porcarelli, però, siamo diventati subito un gruppo, c’è stato un feeling immediato con i compagni e l’intesa si è spostata anche fuori dal campo. Credo nelle nostre possibilità di raggiungere buoni risultati, perché abbiamo la grinta e le capacità per fare bene: dobbiamo solo crederci».

E l’esperienza con la Serie C?
«Ho notato subito che è un tipo di gioco totalmente diverso rispetto al settore giovanile: a livello giovanile la mia fisicità è dominante, in C non basta, anzi spesso subisco quella altrui, e poi servono buoni fondamentali».

Cosa si prova a giocare in Nazionale?
«Per me è un privilegio: giocare e lavorare anche in estate e scendere in campo per rappresentare il proprio paese è un’esperienza unica. E poi quando si va all’estero c’è modo di rapportarsi con i ragazzi delle altre Nazionali, perché generalmente si soggiorna tutti nello stesso hotel. Sono riuscito anche a stabilire delle amicizie, anche se poi è difficile sentirsi e mantenere i contatti nella vita di tutti i giorni».

Da grande vuole fare il giocatore?
«Sì, è il mio sogno, spero di fare il professionista e magari giocare con mio cugino Matteo (Nazionale Senior, attualmente in Serie B a Empoli, ndr). Se non dovessi riuscirci mi piacerebbe comunque restare nell’ambito dello sport come nutrizionista, o manager».

Cosa fa nel tempo libero?
«Non è che me ne rimanga molto, ma quel poco lo passo con gli amici: il basket e la scuola mi impegnano molto. Frequento il Liceo Scientifico A.Serpieri di Rimini con indirizzo sportivo: è un indirizzo nuovo, non è facile entrare e servono buoni voti, ma essendo riservato agli atleti i professori hanno un occhio di riguardo, almeno il lunedì, con chi ha gare, o partite, nel weekend».

Qual è il tuo rapporto con i coach?
«Ho sempre avuto un buon rapporto, perché sono disposto ad ascoltare ogni consiglio. Devo ringraziare coach Luca Liberti e coach Stefano Rossini perché sono stati i primi ad aver creduto in me e ad avermi dato fiducia. Anche con coach Porcarelli mi sono subito trovato bene, sono una che cerca sempre di dare il massimo».

Massimiliano Manduchi
Ufficio Stampa Federazione Sammarinese Pallacanestro