Indietro
menu
Rimini Rimini Social

Una scuola che non è una scuola

In foto: la scuola
la scuola
di Silvia Sanchini   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
mar 20 giu 2017 13:48 ~ ultimo agg. 28 giu 15:36
Facebook Whatsapp Telegram Twitter
Print Friendly, PDF & Email
Tempo di lettura 3 min
Facebook Twitter
Print Friendly, PDF & Email

Non ci sono voti, non ci sono classi ma solo tanta voglia di mettersi in gioco e conoscersi. È una scuola che non è una scuola. È l’ultima iniziativa promossa nell’ambito del progetto SPRAR, rete di servizi per la protezione e l’accoglienza di richiedenti asilo, gestito dalla coop. sociale Il Millepiedi di Rimini.

Ne parliamo proprio oggi, 20 giugno, data in cui in tutto il mondo si celebra la “Giornata mondiale del rifugiato”, per accendere i riflettori su questa realtà che in Italia riguarda circa 131.000 persone (dati Unhcr giugno 2016).

Uno degli ostacoli da superare per chi arriva nel nostro Paese riguarda sicuramente l’apprendimento della lingua italiana, ma anche la possibilità di inserirsi positivamente nel territorio, costruendo reti relazionali significative.

Da questi presupposti nasce il progetto di una “Scuola d’italiano” (un nome assolutamente provvisorio) coordinato da Massimiliano Zannoni, educatore della cooperativa sociale “Il Millepiedi”, che racconta: “I ragazzi inseriti nei progetti Sprar hanno da ‘contratto’ almeno 10 ore di scuola di italiano alla settimana da frequentare ma spesso queste ore non sono sufficienti o a causa delle classi troppo numerose i risultati tardano ad arrivare. Siamo invece convinti che la possibilità di apprendere al meglio la lingua italiana sia elemento imprescindibile per una buona integrazione, e soprattutto per la possibilità di accedere a corsi di formazione e al mondo del lavoro”.

Da alcuni mesi – continua – qui a Santarcangelo di Romagna abbiamo intrapreso una collaborazione con la parrocchia della Collegiata, in particolare con i gruppi giovanili (Azione Cattolica, Agesci, Anspi). Desideravamo che i nostri ragazzi accolti nello Sprar potessero conoscere i loro coetanei. Il parroco, don Andrea Turchini, e il vice parroco, don Ugo Moncada, hanno subito accolto la nostra proposta. Ecco allora che abbiamo organizzato delle cene insieme, un cineforum, un torneo di calcio. Tante occasioni per conoscersi, abbattere pregiudizi, costruire relazioni di amicizia. Il passo successivo è stato quello di convocare un incontro a cui hanno partecipato circa 40 persone disponibili a fare volontariato con i nostri ragazzi”.

Secondo Zannoni “questi ragazzi non stanno vivendo solo una povertà economica e sociale, ma – come diceva don Milani – la povertà più grande è quella di non aver le parole per potersi esprimere.
Ci siamo ispirati al
modello della scuola per stranieri “Penny Wyrton”, promosso anche a Roma da Eraldo Affinati. Questa scuola non ha classi, esce dal modello pedagogico della lezione frontale con un professore e una classe perché non si può far fare lo stesso percorso a persone che partono da punti di partenza diversi. Viene proposto un modello “uno a uno”, cioè un insegnante per ogni allievo, e chi insegna non sta su una cattedra ma a fianco del ragazzo, diventa compagno di strada, una persona con cui si instaura una relazione”.

L’iniziativa è stata inaugurata ufficialmente lo scorso 13 giugno e sarà realizzata in via sperimentale per tre mesi, per poi valutarne la prosecuzione.

E i volontari cosa ne pensano? Mara, ad esempio, educatrice di un gruppo giovani parrocchiale ci racconta: “Per far nascere una relazione occorre comprendersi. Invece di recarci a casa di questi ragazzi per insegnare loro l’italiano, abbiamo pensato di allestire uno spazio comune utilizzando i locali del Centro parrocchiale Giovanni Paolo II. Il nostro obiettivo è anche quello di conoscere sempre meglio le storie di questi giovani migranti, facendo in modo che ci raccontino di sé. Se conosci queste storie non puoi più fare finta di niente o rimanere indifferente!”.

Federica, 22 anni, conferma la bontà di questa esperienza: “Insieme a don Ugo ho partecipato l’anno scorso a un viaggio in Africa, in Uganda. Questo viaggio mi ha resa più sensibile a queste tematiche, per questo ho deciso di impegnarmi. Durante l’anno ho stretto amicizia con i ragazzi accolti nel progetto Sprar della Millepiedi e in questi giorni sto seguendo nella scuola un ragazzo mio coetaneo, che si chiama Emeka. È molto timido, ma sta facendo tanti progressi!”.

La scuola, anzi la “non scuola”, sarà attiva due volte alla settimana dalle 17 alle 19. Conclude Max Zannoni: “Questa esperienza per noi è una sfida, una sorta di laboratorio antropologico per promuovere una visione diversa dell’uomo e in particolare superare quella visione che molti hanno dei profughi come persone lontane, con cui non si ha nulla a che fare. Vogliamo sin da ora ringraziare tutti i volontari che si sono messi in gioco, donando il loro tempo”.

Il progetto su Facebook: “Mille Sprar”