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Prostituzione e sfruttamento, i video in strada dell'APG23. A Rimini nigeriane minori

In foto: dal video Apg23
dal video Apg23
di Maurizio Ceccarini   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
gio 13 apr 2017 18:25 ~ ultimo agg. 14 apr 14:37
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L’associazione Papa Giovanni XXIII rilancia la campagna “Questo è il mio corpo” contro la prostituzione che mira in particolare a fermare la domanda penalizzando i clienti sul modello scandinavo. Oggi sono stati presentati due video realizzati in strada a Rimini che mostrano come le ragazze vivano sempre nella paura di chi gestisce il racket dei marciapiedi.

Discussioni tra ragazze sulla gestione delle strade tra i diversi protettori, clienti che chiedono lo sconto pur sapendo che se la ragazza non porta i soldi a casa saranno guai. Con i due video girati in strada, la Papa Giovanni XXIII rilancia il tema della schiavitù e sfruttamento che ci sono dietro la prostituzione a Rimini.

I video in strada sono stati realizzati con una telecamera nascosta da Adelina, dall’Albania, ex prostituta che dopo una terribile storia di schiavitù è finita sui marciapiedi in Lombardia ed ha avuto il coraggio di affidarsi alla Polizia. Ha lasciato il marciapiede, ha conosciuto don Oreste ed oggi è attivista contro la prostituzione, sui media e in giro per l’Italia. Le sanzioni da 10.000 euro stabilite dal Comune di Rimini sono un segnale importante, dice, ma non bastano come risposta: se il racket decide di portare le ragazze nelle case, si perderebbe anche quel contatto che volontarie  forze dell’ordine cercano di creare.

L’unità di strada della Papa Giovanni XXIII continua con i suoi giri settimanali per incontrare le ragazze. Che raccontano anche delle violenze subite dai clienti, diversi dei quali alla ricerca di qualcosa di “estremo”. Le rumene restano la maggioranza, ma ci sono anche novità preoccupanti, come la presenze di ragazze nigeriane minorenni. Sui marciapiedi finiscono ragazze che spesso partono col sogno di darsi un futuro e che si ritrovano in dimensioni inumane:.Dove anche piccoli gesti assumono valori particolari: sentirsi dire “come stai”, raccontano i volontari, fa effetto alle ragazze, abituate solo a sentirsi dire “quanto vuoi”.