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Parchi giochi: un laboratorio a cielo aperto di inclusione

di Silvia Sanchini   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
ven 24 feb 2017 07:49 ~ ultimo agg. 27 feb 22:22
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Una nuova puntata di “Come se fosse facile”, il programma di approfondimento di RiminiSocial, è andata in onda lo scorso 16 febbraio e ci ha permesso di affrontare un tema molto attuale e interessante: il diritto al gioco, per tutti.

In studio tre mamme e la loro quotidiana esperienza: Claudia Protti e Raffaella Bedetti (ideatrici del blog Parchi per tutti), e Elvira Cangiano (educatrice della coop. sociale Il Millepiedi).

Elvira, mamma di tre bimbi due dei quali affetti da una malattia genetica rara, e Raffaella, mamma di un bimbo con la Sma, raccontano di come anche solo trovare un posto adatto per far giocare i propri figli possa diventare un’impresa.

 

Io vivo a Santarcangelo – spiega Raffaella – durante l’inverno io e Claudia portavamo i nostri figli in biblioteca o al cinema, ma con l’arrivo della primavera portare Cristian a giocare al parco diventava impossibile per via delle innumerevoli barriere architettoniche, e questo ci faceva soffrire. Io e Claudia decidiamo allora di fare qualcosa: un articolo di giornale per sensibilizzare la cittadinanza, l’apertura di una pagina facebook e del blog Parchi per tutti. Non avremmo mai pensato di trovare tanto interesse per queste tematiche e tanto riscontro.

Anche per me non potermi avvicinare a un parco giochi insieme ai miei figli era un enorme sacrificio – conferma Elvira –Per caso ho conosciuto una mamma che in quel momento era consigliera comunale, Carla Franchini, e grazie anche alla sua intermediazione abbiamo deciso di fare qualcosa perché anche a Rimini ci fosse un parco giochi accessibile a tutti i bambini“.

L’esempio di Tutti a bordo!, il parco giochi inaugurato a Rimini lo scorso aprile, è davvero virtuoso. Ha coinvolto associazioni (UIC Ipovedenti, UILDM Rimini, Crescere Insieme, Parchi per Tutti, Papa Giovanni XXIII), il designer Fabio Casadei e un gruppo di lavoro composto dai tecnici dei lavori pubblici del Comune di Rimini. Purtroppo ancora un’eccezione in Italia.

Spiega Claudia: “Sono solo 40 in Italia i parchi accessibili. C’è purtroppo ancora l’idea che il gioco non sia importante per i bambini, che ci siano altre priorità. Inoltre molti parchi si definiscono inclusivi, in realtà hanno solo un gioco accessibile e intorno barriere architettoniche che rendono impossibile ai bambini disabili accedervi (sentieri sconnessi, rampe di scale…). Non basta installare un gioco in un parco per ripulirsi la coscienza, ma occorre un progetto che – come è accaduto a Rimini – coinvolga le associazioni, i familiari, tecnici e progettisti qualificati“.

Purtroppo l’inclusione è un concetto ben lungi da essere realizzato, come conferma Raffaella: “Percepisco ancora tanta paura della diversità, molto più tra gli adulti che tra i bambini. Insegniamo ai nostri figli a non avere paura! Chiedere e avere risposte è legittimo, un bambino non deve vergognarsi di fare domande se questo può aiutarlo a superare l’iniziale diffidenza. Vedere giocare mio figlio con altri bambini, in autonomia, è una delle esperienze più belle e emozionanti che possa fare”.

Non potrò mai dimenticare – continua Elvira – le parole di mio figlio all’inaugurazione del parco Tutti a Bordo: ‘Io questo posto lo avevo sognato!’. Negare questo sogno e questo diritto significa essere una comunità sorda e cieca, che non vuole vedere e pensa che l’altro non sia capace di desiderare o volere e che non sappia fare. Non esiste solo il gioco con finalità terapeutiche, anche i bambini disabili hanno il diritto di giocare in libertà, per puro divertimento, insieme a tutti gli altri”.

E aggiunge: “Mi piace definire i parchi giochi un laboratorio a cielo aperto di inclusione e socializzazione perché i bambini imparano giocando. Una comunità che dà vita a un parco inclusivo è una comunità lungimirante che crea cultura”.

Che altro aggiungere? Concedersi 37 minuti per ascoltare, con il cuore, queste interviste sarà un bel regalo che potrete farvi. Ancor di più speriamo che queste parole siano prese sul serio da tutti coloro che hanno a che fare con le aree gioco (sindaci, assessori, tecnici comunali, progettisti, architetti e aziende) ma anche semplici cittadini o genitori, perché c’è ancora davvero tanto da fare.