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Attualità Nazionale

Criminalità. I reati diminuiscono ma Rimini torna in testa alla classifica del Sole24Ore

In foto: il titolo del sole 24 ore
il titolo del sole 24 ore
di Andrea Polazzi   
Tempo di lettura lettura: 4 minuti
lun 3 ott 2016 11:37 ~ ultimo agg. 4 ott 13:17
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La provincia di Rimini torna in vetta alla classifica nazionale dei reati denunciati pubblicata oggi dal Sole 24 Ore. Nel 2015 sono stati 7.791 ogni 100mila abitanti (26.136 il dato complessivo) con un calo dell’1,9% rispetto al 2014. Dietro Rimini figurano Milano e (7.636 ogni 100mila abitanti, -5,2%) e Bologna (7.240, – 2,3%). Anche il quotidiano economico rileva però la variabile turismo: “Rimini ha appena 355 mila abitanti, ma flussi turistici e attività commerciali la trasformano in un grande polo d’attrazione, anche per le azioni illecite (che comunque per volume sono un decimo rispetto a quelle di Roma o Milano)“.

Nel dettaglio delle singole tipologie di reato denunciate, Rimini svetta nei furti con 5.211 ogni 100mila abitanti (-4,6%) e nei borseggi con 3.594 ogni 100mila abitanti (+6,6%). E’ terza per furti in esercizi commerciali (326 ogni 100mila abitanti, -3,87%), quinta per rapine (101 ogni 100mila residenti, -6,6%), e settima per scippi (52 ogni 100mila riminesi, -7,9%) e per truffe e frodi informatiche (337 ogni 100mila abitanti, +17%). La provincia riminese non figura invece tra le prime dieci per furti in abitazione e furti d’auto.

Reati denunciati provincia di Rimini (26 Comuni)

Anno Numero reati Differenza denunce sull’anno precedente
2013 26.741 + 8,3 per cento
2014 26.631 – 0,41 per cento
2015 26.136 – 1.9 per cento

Il commento di Andrea Gnassi, presidente provincia e sindaco di Rimini

“I 26, ora 25, Comuni della provincia di Rimini- i 5 sulla costa, le due vallate, le città intermedie- accumulano nel 2015 tante denunce di reati alle Autorità da risultare, in rapporto al numero di abitanti, al primo posto in Italia. O meglio, all’ultimo. Un paradosso statistico da tempo conosciuto e confutato anche formalmente, negli anni passati, da Prefettura e Questura ma che prosegue pur, bontà loro, spiegando gli esperti che la provincia di Rimini sconta la ‘correzione’ dei flussi turistici che non viene assorbita dall’analisi statistica (si tratta mediamente di 15 milioni di presenze di ospiti che sfuggono al numero di residenti ufficiali) e comunque il volume complessivo dei reati è ‘un decimo rispetto a quello di Roma o Milano’. Questo, oltre alla propensione per la denuncia che nel territorio regionale continua a rimanere alta attestando la solidità della fiducia nelle forze di Polizia, marca il risultato complessivo dell’Emilia Romagna che ha 6 province su 9 nelle prime (o ultime) 20 posizioni. Nulla di inedito visto che dal 1997 la provincia di Rimini ha sempre oscillato tra la prima e la terza posizione, non scendendo mai dal ‘podio’, addirittura in quell’anno accumulando 29.657 denunce per 20 Comuni (non c’era ancora l’alta Valmarecchia). Ma resta comunque, ogni volta, intatta la perplessità per un metodo che, fondamentalmente, mette assieme pere con mele, non avendo mai considerato in venti anni di introdurre elementi più precisi di valutazione.
Forse sarebbe più logico e veritiero guardare a questi numeri sotto la lente del trend pluriennale. Ad esempio, il calo dei reati denunciati nel triennio 2013/2015, a dimostrazione dello sforzo e dell’ottimo lavoro che forze dell’ordine, polizie municipali, magistratura e istituzioni stanno portando avanti sul fronte della sicurezza e dell’ordine pubblico, nonostante le difficoltà rotazionali e i limiti legislativi e normativi ormai noti. Un lavoro che, anche per l’anno in corso, sta conducendo a risultati ancora migliori, secondo quelle che sono state le indicazioni e i numeri resi pubblici da tutte le forze dell’ordine di stanza sul territorio provinciale.

Ci sono altri aspetti da valutare con molto più attenzione di una semplice ‘classifica’. L’analisi mette in evidenza come la crisi economica abbia messo in moto un meccanismo di ‘maggiore attrattività’ nei confronti della criminalità da parte di quei territori che meglio si difendono dalla difficile congiuntura economica. Questo, ad esempio, potrebbe spiegare, nonostante il decremento percentuale da un anno all’altro per quanto riguarda furti totali (-4,6 per cento), furti in esercizi commerciali (-3,87 per cento) e rapine (-6,6 per cento), la persistenza di fenomeni predatori, i quali determinano, peraltro, un ancora superiore aumento della percezione di insicurezza nella cittadinanza.
E’ chiaro che tutto ciò non aggira il problema sicurezza nelle grandi aree metropolitane e nelle province, come Rimini, ad alta intensità turistica. Un problema reso ancor più attuale dall’incedere dell’allarme terrorismo nel mondo che, da almeno un anno a questa parte, costringe tutti i territori, provincia di Rimini compresa, a destinare forze e risorse anche municipali per compiti di vigilanza e di prevenzione al di là dei compiti ordinari. Da oltre 30 anni il territorio riminese sta chiedendo il potenziamento permanente degli organici di polizia e la ‘promozione’ in classe adeguata della sua Questura. E questo in ragione della peculiarità di questo territorio, storicamente molto più esposto di altri, specie in estate, alle potenziali aggressioni della criminalità. Le risposte non sono mai strutturali: l’evidente difficoltà dello Stato si ripercuotono sugli Enti locali che, oltre a non avere le risorse, spesso non hanno neanche le competenze di legge per intervenire. Ribadisco che le risposte vadano cercate dentro la legge, la fiducia nelle istituzioni e il buon senso. Ed è questo l’unica cosa che può interessare a chi amministra. In provincia di Rimini, quello del Comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza rimane un bastione fondamentale, e che ha dimostrato di funzionare sia per quanto riguarda la tutela dell’ordine pubblico su larga scala, sia per quanto riguarda il contrasto a fenomeni particolari (es. abusivismo commerciale). Ma senza uno Stato che metta la sicurezza al posto principale della sua agenda, i territori e le forze dell’ordine sui territori saranno costrette sempre di più a fare affidamento sulle proprie capacità e sul proprio impegno e volontà, piuttosto che una strutturazione organizzativa e dotazionale superiore. Questo è il vero problema da risolvere, non una graduatoria. Che comunque, a una cosa può essere utile: convincere lo Stato, e il Ministero degli Interni, a dare ai territori come la provincia di Rimini quello che gli spetta. Né più né meno.