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Raquel e il sostegno allo studio

di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 7 minuti
lun 18 lug 2016 16:23 ~ ultimo agg. 22 lug 10:38
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foto attività estive arcobaleno (1)Martedì 28 giugno sono iniziate presso la nuova Casa dell’Intercultura Aylan Kurdi in via Toni 12-14 le attività estive di sostegno allo studio per bambini delle scuole elementari, medie e superiori del comune di Rimini. Qui bambini e ragazzi hanno l’opportunità di fare i compiti e, in alcuni casi, anche apprendere l’italiano da zero, con l’aiuto di volontari preparati e competenti di tutte le età. Il servizio rappresenta uno strumento fondamentale per molti bambini e ragazzi, i quali talvolta non possono essere seguiti dalla famiglia, che lavora tutto il giorno oppure non ha una competenza adeguata in italiano per poterli aiutare nello studio delle materie scolastiche. Inoltre il doposcuola estivo coinvolge anche i bambini e ragazzi delle famiglie che abitano nei condomini di via Toni svolgendo così anche un’ importante funzione sociale e di sostegno alle famiglie della zona. Le attività continueranno fino al 28 luglio (il mercoledì e giovedì dalle 9 alle 11 per i bambini delle elementari, il martedì e il giovedì dalle 11 alle 13 per i ragazzi delle scuole medie e superiori).
Ed è nella cornice di queste attività che è cresciuta e si è formata Raquel Del Pino dopo il suo arrivo in Italia dal Perù nel 2011 all’età di 18 anni. Troppo spesso quando i media affrontano l’argomento dei ragazzi stranieri a scuola, parlano di dispersione scolastica, di modelli negativi o di situazioni limite. Invece, ci sono anche esempi positivi come quello di Raquel, che oggi a 22 anni è al secondo anno di infermieristica all’Università di Bologna, e che, nonostante condizioni sfavorevoli di partenza a causa di una lingua nuova da imparare e di difficoltà economiche familiari, non si è arresa, con determinazione ha terminato il suo percorso di scuola superiore e ora si sta impegnando per raggiungere l’obiettivo che persegue da sempre: conseguire la laurea all’università. E questa è la storia che racconteremo nell’intervista che segue.

 

Perché la tua famiglia ha l’Italia? Avevate delle conoscenze?
Mia madre non ha scelto l’Italia per una motivazione precisa. Quando è arrivata, non conosceva nessuno; dopo ha trovato lavoro a Rimini e si è stabilita qui.

 

Che scuola frequentavi in Perù? Che scuola hai iniziato a frequentare al tuo arrivo in Italia?
In Perù il sistema scolastico è molto diverso. Si arriva fino alle scuole medie, che durano cinque anni, e poi si può frequentare direttamente l’università. Là frequentavo una scuola uguale per tutti, infatti non c’è la distinzione tra istituti professionali e licei ed eventualmente puoi frequentare un istituto professionale al termine del percorso scolastico (si chiama segundaria). Io avevo già finito gli studi, quindi dovevo iniziare a prepararmi per il test d’ingresso all’università ed è in quel periodo che sono partita per venire a studiare qua. Quando sono arrivata qui, non ho potuto iniziare a frequentare l’università perché dovevo avere il diploma e avere anche l’attestato della terza media. Quindi, dopo il mio arrivo, ho iniziato a frequentare la terza superiore al liceo delle Scienze Sociali e parallelamente ho frequentato la terza media. La mattina frequentavo il liceo, il pomeriggio la terza media e la sera facevo lezioni di italiano.

 

In che modo sei giunta a scegliere il Liceo delle Scienze Sociali? È stata una tua scelta oppure sei stata condizionata da opinioni esterne?
Il mio obiettivo, innanzitutto, era di iniziare l’università e quindi per fare ciò dovevo finire il liceo. Quando sono arrivata, non conoscevo il percorso che bisognava fare qua in Italia per poter frequentare l’università, sapevo solo dell’esistenza del liceo scientifico, classico, delle scienze umane e delle scienze sociali. Ho scelto quest’ultimo perché non si faceva latino, in quanto mi sarei trovata in difficoltà se avessi dovuto iniziare a farlo dal terzo anno.

 

Come è stato il primo impatto con la scuola?
All’inizio è stato un po’ traumatico perché non riuscivo a comunicare; per me il fatto di non conoscere la lingua è stato un limite molto importante nella mia vita sociale e nel mio percorso scolastico perché non riuscivo a capire la lingua e non riuscivo neanche ad esprimermi. Per me era come un blocco chedopo, nel tempo, ho dovuto superare.

 

Quanto tempo ti ci è voluto per riuscire a farti capire e a comunicare in modo naturale?
In modo naturale ci è voluto molto e in realtà anche adesso a volte faccio fatica. Però per farmi capire, dire qualche frase o comunque essere in grado di avere una conversazione base mi ci è voluto un anno. Dopo già tre o quattro mesi iniziavo a comprendere, poiché ovviamente prima si inizia comprendendo e poi parlando. Però parlare e scrivere l’italiano è molto difficile, perciò mi ci è voluto più tempo. Ho iniziato a superare il blocco, a socializzare e a parlare in gruppo solo all’università, quindi dopo tre anni.

 

Come ti hanno accolto i tuoi compagni delle superiori? Come ti sentita nella relazione con loro? Ti mancava il rapporto che avevi con i tuoi compagni in Perù?
Sì, molto. I miei compagni delle superiori sono stati bravissimi: cercavano in ogni modo di aiutarmi e farmi capire le lezioni. Uno di loro, in particolare, durante l’ora di religione o in altri momenti mi portava al bar e mi spiegava per esempio quello che facevamo nelle lezioni di psicologia. Anche le professoresse mi hanno aiutato molto. In quel periodo mia mamma non aveva lavoro e non riusciva a comprarmi i libri. Però io la voglia di studiare ce l’avevo, le mie professoresse si sono accorte di questo e così mi compravano loro i libri. Mi sono sempre sentita sostenuta dai compagni e dagli insegnanti. I miei compagni mi prestavano i loro appunti e quaderni. La scuola inoltre mi pagava la quota per la gita perché mia mamma non se lo poteva permettere. Io, comunque, anche quando non potevo comprare i libri, chiedevo ai miei compagni di classe di prestarmi un libro per il pomeriggio, lo studiavo e lo restituivo il giorno dopo.

 

Per ciò che riguarda la lingua, è stata per te un ostacolo molto grande per il tuo percorso scolastico? Dopo quanto tempo hai raggiunto un livello di italiano idoneo allo studio delle materie scolastiche in modo autonomo?
Sì, molto. Inizialmente quando ho iniziato la scuola, ho iniziato a frequentare anche le attività di antidispersione scolastica e di sostegno allo studio dell’Associazione Arcobaleno rivolte ai ragazzi di terza media e del biennio delle superiori. Andavo lì sempre, in quanto da sola non riuscivo a capire neanche una frase dei libri, magari capivo qualche parola ma ciò non è sufficiente per capire il contesto. Per esempio se devi studiare storia, non serve niente capire le parole se non riesci a capire il senso della frase. C’era una professoressa, Irene Tartagni, che mi faceva tradurre tutto quello che dovevo studiare in spagnolo per poi impararlo bene in spagnolo, quindi nella mia lingua madre, e tradurlo in italiano. Imparavo tutto a memoria e poi andavo a fare l’interrogazione in questo modo. Capivo molto perché l’avevo studiato in spagnolo, però quando lo dicevo ad alta voce lo ripetevo a memoria. E così ho fatto per tutta la terza superiore e poi ho iniziato piano piano a studiare soltanto in italiano in quarta. Tuttavia avevo ancora bisogno di aiuto e sono stata seguita fino alla quinta superiore, in particolare per ciò che riguarda le materie più difficili. Invece il percorso universitario lo sto facendo interamente da sola.

 

Quali luoghi, associazioni e relazioni ti hanno aiutata ad integrarti a scuola e nella realtà riminese?
La prima realtà che ho conosciuto è quella di Arcobaleno. Andavo all’attività di sostegno allo studio due volte a settimana (due pomeriggi) e poi facevamo lì attività ricreative (feste, laboratori, gite etc.). Questo è stato il mio primo ambiente per socializzare, oltre al liceo. Poi ho iniziato a frequentare una chiesa e ho continuato ad andare anche lì. Anche quella realtà è stata per me importante per conoscere nuove persone.

 

Quali ostacoli hai incontrato nel percorso scolastico e di integrazione sociale?
Se non ci fossero state le attività di Arcobaleno, non sarei mai riuscita a finire il percorso scolastico perché al liceo non c’era una persona che segue i ragazzi stranieri che non conoscono la lingua italiana. Se non fosse stato per Arcobaleno, non so come avrei fatto perché al liceo non ho trovato nessuna persona di riferimento.

 

Pensando alla tua esperienza scolastico, secondo te, cosa si potrebbe migliorare nel sistema scolastico, sia alle superiori sia all’università, per favorire l’integrazione dei ragazzi stranieri e per aiutarli nel loro percorso di studio?
Secondo me, visto che c’è un alto afflusso di stranieri nelle scuole, è essenziale avere lì qualcuno che possa essere da guida per loro. Comunque, dovendosi già inserire in un ambiente nuovo e sconosciuto per loro, senza una figura di riferimento, si è proprio persi, perciò molti ragazzi pensano di non farcela, smettono di frequentare la scuola e iniziano a lavorare e questo per me è negativo anche per la società. È importantissimo seguirli durante il percorso di studio.

 

In che modo si è conclusa la tua esperienza alle scuole superiori e che ricordo conservi di essa?
Ho ottenuto un voto per me molto positivo, considerando il mio percorso difficile. Ho preso il terzo voto più alto di tutta la classe ed eravamo in venti. Io sono stata molto contenta della valutazione ottenuta all’esame di maturità. Poi un ricordo bello è il mio ultimo giorno di lezione, quando i miei compagni di classe hanno fatto un video in cui hanno descritto delle cose particolari di ogni studente della classe. E hanno descritto anche me: in quel momento ho capito che anche io facevo parte della loro classe e quindi mi sono sentita una di loro. Questa cosa prima non l’avevo mai percepita. Mi sentivo sempre la ragazza straniera che non capisce la lingua e che deve essere aiutata. Invece in quell’istante mi sono sentita al pari loro.

 

E ora che cosa fai? Perché hai scelto questa facoltà?
Adesso studio infermieristica, sono già alla fine del secondo anno e l’ho scelta perché mi è sempre piaciuto l’ambito sanitario. Inizialmente volevo fare ostetricia, però c’erano pochi posti e ci voleva un punteggio molto alto che non sono riuscita ad ottenere. Ho passato però il test d’infermieristica e quindi avevo pensato di fare un anno di infermieristica per poi trasferirmi ad ostetricia. Alla fine ho continuato il corso di laurea in Infermieristica perché mi è piaciuto. Mi sono trovata molto bene, all’università ho trovato un gruppo di amiche e siamo molto unite.

 

Che consigli daresti a un ragazzo arrivato da poco in Italia che si appresta ad iniziare la scuola qui?
La prima cosa che chiedo ai ragazzi, quando mi fanno delle domande sui percorsi di studio è: vuoi veramente studiare? Perché se la persona vuole, può. Io sono riuscita perché ho trovato delle persone che mi hanno aiutato. Anche quei ragazzi, se vogliono veramente studiare, se si impegnano e hanno un po’ di pazienza, possono farcela qui a Rimini perché ci sono altre associazioni, Arcobaleno e non solo, che aiutano e sostengono i ragazzi stranieri. Qualcuno a cui rivolgersi c’è sempre, secondo me il punto più importante è il voler aver intenzione di fare qualcosa.

 

Manuela Gorini