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I "dannati" della mela

In foto: arte moderna
arte moderna
di Gianluca Angelini   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
dom 5 giu 2016 09:37 ~ ultimo agg. 09:48
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La riscrivesse oggi, la sua ‘Divina Comedia’, Dante potrebbe tranquillamente ampliare l’Inferno di un girone. Quello dei ‘dannati della mela’. Non il frutto succoso costato a Adamo ed Eva la cacciata dal giardino dell’Eden, ma quello sbocconcellato – nel suo logo-icona planetaria – molto high-tech che ha stregato milioni di persone, da un capo all’altro del globo terrestre. Impazzite per quelle diavolerie elettroniche che hanno cambiato abitudini quotidiane, rapporti personali, interessi. Status symbol cui in pochi sanno o vogliono rinunciare.
Già. Perché il fatturato sarà anche in calo, per la prima volta dal 2003, ma avere un marchingegno ‘griffato’ con il simbolo della mela di Cupertino sembra ancora fare tutta la differenza del mondo. Pomeriggio di qualche settimana fa. Varco la soglia di uno dei templi laici – bianchi, di un candore immacolato – in cui decine di adepti sciamano, ogni giorno, per acquistare l’ultima novità o far ripartire meccanismi inceppati. Sono lì con il mio melafonino – riscattato a buon prezzo dal lavoro e ormai antiquato – che, dopo un aggiornamento del software, fatica a trovare la rete telefonica. Mi accoglie un ragazzo dal sorriso gentile .Quasi angelico. Non faccio tempo a spiegare cosa sia accaduto al mio telefono che, da dietro un tavolo, sbuca un avventore: “no, io è un po’ che aspetto e questo qui – mi indica – lo servite subito?”. Il ragazzo ri-sorride angelico:”il signore aveva un appuntamento, comunque vedo cosa posso fare”. Avvicina l’auricolare alla bocca, digita qualcosa su un tablet, e chiama un collega, distante,forse,5-6 metri, che risponde all’auricolare e arriva. Prende in carico l’altro avventore, non prima di avvertire, sempre via auricolare, quello che dovrebbe essere il responsabile dell’accoglienza, lontano altri due-tre metri.
Mentre ragazzini e ragazzine si muovono nel negozio cercando di convincere i genitori a comprare l’ultimo nato della casa – smartphone, tablet, notebook e simili – il ragazzo dal sorriso angelico, che sfoggia ininterrottamente, mi dice che il telefono va reimpostato. Che ci vorrà un po’ di tempo. Che posso prendermela comoda. Intanto la fila di clienti che chiedono informazioni, vogliono acquistare o lamentano problemi vari aumenta. Costringendo la pletora di ragazzi gentili dal sorriso angelico a incrementare lo smanettio sul tablet e riversare parole su parole all’auricolare.
Me la prendo comoda e rimiro la curiosa umanità. Due o tre clienti in attesa si prendono quasi a male parole perché ‘c’ero prima io, no io, no io’ mentre una signora di una certa età è disperata perché non riesce più ad accedere alle fotografie del nipotino salvate sul telefono.
Uno dei ragazzi gentili le dice che si può provare a recuperare l’ultimo back-up. Le chiede quale fosse il nome del suo primo datore di lavoro, ossia la domanda che la donna aveva salvato per procedere al back-up. “Ma cosa vuole che mi ricordi, sono passati tanti anni – replica – e poi è come chiedere l’età a una signora, non si fa…”. All’insistenza cortese del ragazzo, chiama il marito che l’accompagna: “di, ti ricordi il nome del mio primo datore di lavoro, quello là in Francia?…”. Alla risposta negativa del consorte, il ragazzo gentile chiede se ci sia qualcun altro che possa conoscere la password per il back-up. “Ma cosa vuole che ne sappia, io”. Poi chiama figlio, figlia, marito della figlia, moglie del figlio, nipoti vari, un paio di sorelle…”. Gironzolo per il negozio: non saprò mai se la signora sia poi riuscita a recuperare le foto del nipotino.
Nella calca sbucano tre signore di mezza età abbondante: “scusi – dice una di loro a uno dei ragazzi gentili – quanto ci vuole? Noi qui siamo tre, mica una solo e vogliamo comprare, sa?”.
Vogliono l’ultimo modello di telefono. Che, pare, sia andato a ruba. “Per quello ci vuole un po’ di pazienza” replica il ragazzo che digita sul tablet per vedere la disponibilità -: direi domani, potete mettervi in lista d’attesa”. “Ma che attesa, io ne ho bisogno adesso – dice una delle tre – questo é vecchio”, strepita brandendo il modello precedente. “Già – fa l’amica – quello nuovo fa un sacco di cose in più”.
Vista l’età, penso possano essere mamme di qualche ‘smanettone’, rapite dalle nuove tecnologie. O forse no. “Di – fa una dopo aver firmato la lista d’attesa – ma con sti tastini minuscoli tu riesci a mandarli gli sms?…”.

Dal blog Pendolarità