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Blog/Commenti Rimini

Il Flaminio di un bello antico

di Gianluca Angelini   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
gio 5 mag 2016 12:31 ~ ultimo agg. 12:38
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Il Palazzo, ieri sera, era bello. Di un bello antico. Quando al ‘Flaminio’ – piccolo,vetusto, stracolmo – ci si giocava la A1. Si finiva in Coppa Korac, quasi senza accorgersene. Si sognava con i campioni veri e pure le ‘mezze bufale’ arrivate dall’altra parte dell’Atlantico.

Era bello il Palazzo, ieri sera. Colmo. Ribollente di passione e di canti per il derby ritrovato con Forlì. E fa niente se in una serata di play-off di Serie B,si scopre che i passi non si fischiano mai. Ma mai, mai. E che se un arbitro decide per una palla a due in un concitato finale e l’altro vede un fallo funziona così: qualora la freccia premi la squadra meno glamour – quella che può anche non andare avanti – si decide di fischiare fallo e dare due liberi a quella più glamour. Fa niente, davvero. Per una sera il basket è tornato.

E va bene così. Uscendo dal ‘teatro’, non so perché, la mente si sofferma su una delle tante partite viste sugli spalti. Un Marr-Simac di una vigilia di Pasqua di tanti anni fa – primo tempo nostro strabiliante, vittoria finale milanese – e su una pagina di giornale più recente con la foto di Mike D’Antoni nel giorno in cui l’Olimpia lo celebra ritirando la sua maglia numero 8 a imperitura memoria. Più o meno come entrare in un frullatore baskettaro e uscire direttamente negli anni Ottanta e Novanta. Quando l”Impero del Male’ – per chi non tifava Milano – dominava con Meneghin e Premier , McAdoo e Schoene, Joe Barry Carroll e Pittis, guidati dal baffo dell”Arsenio Lupin’, sicuro che dopo uno 0 su 6 dal campo avrebbe messo la tripla decisiva a zero secondi sul tabellone. Quando in ogni palazzetto che si rispetti si urlava il coro ‘Coldebella deve morire’. Quanto basta per spalancare una voragine di ricordi.

Di quando a Rimini la Marr era solo ‘superstar’ e andare al Palazzo la domenica, la cosa più importante della settimana. Bologna era sul serio Basket City e Michael Jordan – non ancora ‘His Airness’ – la minaccia più seria al dominio di Magic Johnson e Larry Bird. Una voragine. E che voragine: da cui tirar fuori di tutto. Il telecronista locale riminese che, parlando dei voli a rimbalzo di Ernest Wansley e Reggie Johnson urla immancabilmente al microfono ‘lotta sotto le pance’ invece di lotta sotto le plance. Il ‘pandemonio’ al Boston Garden e il ‘mamma butta la pasta’ di Dan Peterson – per dire che la partita è ormai bell’e che finita – quando stavi in piedi a notte fonda per guardare la rare partite Nba.

Nottate in cui ti chiedevi come facesse Doctor J a stare in aria così tanto prima di schiacciare e ti innamoravi – irrimediabilmente – dei Celtics di Bean Town. Nemmeno troppo difficile tra Larry Legend (di cui hai ancora la replica della canottiera con il 33 a casa), ‘The Chief’ Robert Parish, e ‘The Black Hole’ Kevin McHale a battagliare con i ‘lacustri’ di Los Angeles e il ‘Beat L.A.’ irrinunciabile mantra in sottofondo. E poi ‘Magic’ e Kareem con il suo gancio cielo e Worthy e Byron Scott e Pat Riley, gli ‘odiati’ nemici losangelini. Le sfide, già all’università, tra Olajuwon e Ewing, Clyde ‘The Glide’ Drexler, coach K e il college basketball di Duke, North Carolina e Syracuse e quello di Nevada Las Vegas di coach Jerry Tarkanian, Charles Barkley, il tiro perfetto di Ray Allen e sua maestà MJ. Via persino Dominique Wilkins, ‘The Human Highlight Film’, finito poi a Bologna. Già, Bologna. Con il negozio di ‘Chaos’, in via Fondazza e la sciarpa della Fossa, quella originale, che il proprietario vendeva solo a chi gli sembrava degno di portarla e i derby tra la F e la Vu Nera (oggi fresca retrocessa in A2). Quelli dei primi anni 80, con Gilmore e ‘Gino’ Banks a far sognare i biancoblù quando vincere una stracittadina era l’unica vera soddisfazione, fino a quelli degli anni 90 quando ci si giocava, invece, lo scudetto. Vinto anche con un tiro da quattro di Danilovic perchè, diceva “io può”. Le maglie fortitudine di Nino Pellacani: quella con l’alfabeto senza la V e quella del ‘Grande Freddo’.

Ricordi su ricordi. Di domeniche pomeriggio passate al Palazzo, a Rimini, sognando di battere i cugini di Forlì, o le bolognesi e Pesaro. Sempre troppo ricche, troppo forti. Troppo belle da battere, quando ci si riusciva. Il debutto di Myers con Ferroni, Ruggeri e Semprini. ‘Topone’ Pasini e la sua Marr a sbancare Milano al debutto in A1 con Reggie a incantare mezza A1. E poi Bucchi a portarci in Korac. Gli 87 punti di Carlton, le lacrime per quel ‘cavolo’ di Niccolai e il suo tiro da tre nel derby promozione con Forlì e quelle a Treviso nello spareggio salvezza perso con Cremona. Quelle, rabbiose, per il ‘tre secondi’ di Israel al ‘Madison’ di Piazza Azzarita contro la F, appena acquistata da Seragnoli, Ricordi, ricordi, ricordi. E quel canestro sempre in controluce: che Amarcord.

Dal blog Pendolarità