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Attualità Rimini

Velvet, il grazie di Gnassi: "non è un capolinea"

In foto: il Retropolis al Velvet
il Retropolis al Velvet
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
mar 12 apr 2016 14:40 ~ ultimo agg. 14:45
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In attesa di capire come l’esperienza del Velvet potrà trovare nuove forme per esprimersi, il sindaco Andrea Gnassi ringrazia il suo amico di lunga data Thomas Balsamini, scomparso nel 2013, la moglie Lucia Chiavari e tutta la “famiglia” del Velvet per quello che sono stati capaci di fare con il loro club. Una gratitudine che deve diventare impegno a rendere la città fertile per esperienze creative.

Gnassi conferma l’impegno dedicato, come Amministrazione Comunale, alla ricerca di un progetto alternativo che si è però scontrato con questioni legate a proprietà private. Ma non vuole leggere quello del Velvet come un addio, quanto come tappa di un cammino che cambierà ma senza fermarsi.


 

L’intervento di Andrea Gnassi:

E’ un momento malinconico perché davanti ti passano ricordi, emozioni e forse il senso di un tempo che cambia e mette in discussione quelle che tu, e non solo tu, consideri certezze che non muteranno mai. Ma il commiato al Velvet ‘fisico’, ‘delle mura’ (poi spiegherò meglio) oggi mi spinge soprattutto a dire ‘Grazie’.

Grazie a Thomas, alla sua vita, intelligenza, passione, energia. Al suo stile. Grazie ai ragazzi, a quella ‘famiglia allargata’ che- con ruoli diversi- hanno consentito di travasare lo spirito innovativo e rivoluzionario dello Slego nel Velvet. Facendo del club un ‘grembo italiano’ tra i più solidi dei 40 anni di musica, arte, rock internazionale. Grazie alla famiglia tutta di Thomas, grazie a Lucia.

Anche 15 anni fa sembrava tutto finito, con la chiusura del locale di Viserba, poi Thomas Balsamini riuscì prima a tenere viva la fiammella poi ad alimentare quell’unforgettable fireper intere generazioni chiamato Velvet.

Alla base della decisione degli amministratori del locale di S. Aquilina ci sono questioni private che chiamano in causa il rapporto con la proprietà dell’immobile. Le amministrazioni comunali, negli anni (e non solo negli ultimi tempi) avevano cercato di definire un’alternativa che, in quel luogo, desse l’opportunità di mantenerne e ampliarne l’evidente appeal nazionale e internazionale. Sulla base di consolidate esperienze estere, il Velvet come fabbrica/officina che crea lavoro nel campo della produzione culturale e musicale. I problemi sopra accennati hanno fatto per il momento tramontare anche questa ipotesi, anche se mi auguro che quel rapporto tra società di gestione e proprietà possa riprendere per trovare una soluzione positiva.

Oggi facciamo anche i conti con le difficoltà di un settore alle prese con un complesso passaggio di fase. Tutti sanno come in tutto il mondo sia in crisi un modello ‘tradizionale’ di fare e ascoltare musica. Una crisi che ha coinvolto pressoché tutti i ‘club’ da New York, all’Europa, all’Italia. E ciò a favore di un modo di fare e vivere la musica più fluido, privilegiando reti e network artistici e musicali, luoghi differenti e protagonisti diversi, che si spostano rapidamente da un capo all’altro del mondo veicolando il loro format creativo. In buona sostanza, se prima la musica era ‘solo’ nei club, oggi è ovunque.

Un segno dei tempi, che però non è una consolazione. Se il Velvet chiude la sua serranda a fine maggio, Rimini e i riminesi perdono non solo qualcosa, probabilmente molto o moltissimo. Grazie anche allo Slego e al Velvet, la nostra città è stata produttrice di contenuti musicali e artistici unico in Italia, di spicco sul piano internazionale.

E proprio nel messaggio di Lucia, che ha parlato anche ‘a nome’ di Thomas, colgo il senso di un cammino che non si ferma. Non è un capolinea, come non lo fu quando nel 2000 chiuse lo Slego. E sorsero palazzine. Il Velvet continuerà ad essere anima e corpo di proposte importanti sul territorio riminese e dunque il suo inconfondibile tocco indipendente resterà qui, dove è nato e cresciuto. E dove vivrà per sempre e potrà (mi auguro, ci si dovrà impegnare) rigenerarsi. Noi, semmai, dovremo lavorare ad ogni livello affinché la città sia sempre più aperta e disponibile ad accogliere e amplificare questo tipo di esperienza creativa, artigianale e globale, fortissima e fragile allo stesso tempo. Più che una promessa che facciamo al Velvet, a Thomas, a Lucia, a tutti i ragazzi, è un impegno che la città deve prendersi con se stessa per far sì che sia terreno fertile per officine culturali, creative, seppur nei tempi cambiati di oggi. Niente nostalgia ma la convinzione che nulla si perde; probabilmente si tratta di un altro, forte cambiamento.