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La bufala degli ambulanti kamikaze

di Mario Galasso   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
sab 23 apr 2016 16:07 ~ ultimo agg. 24 apr 08:27
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È strana la nostra mente: basta una notizia verosimile per creare allarmismo e, spesso, a poco valgono le smentite per tranquillizzare gli animi.
È forse il caso di affermare che, per ogni bomba di disinformazione ci vogliono molti giornalisti artificieri che si occupino di disinnescarla.
Nello specifico Bild lancia l’allarme: c’è il rischio di uomini-bomba travestiti da venditori nelle spiagge di Italia, Francia e Spagna. I servizi segreti smentiscono. Ma il danno ormai è fatto!
Se si cerca il bandolo della matassa ci si scopre che la notizia è nata delle parole di un funzionario locale di polizia senegalese, dall’amministratore delegato di un villaggio vacanze e di un fantomatico capo jihadista sul quale non si hanno riscontri, per rendersi conto della situazione.
È fondamentale che il mondo della comunicazione faccia le verifiche del caso. È anzi sempre più importante, al proliferare delle bufale o mezze bufale che la stampa internazionale, e quella italiana, raccolgono e rilanciano senza sosta sul tema del terrorismo internazionale.
Con l’avvicinarsi della stagione estiva non poteva mancare l’allarme all’ambulante kamikaze che mentre ci mostra racchettoni, borse taroccate e orologi cinesi innesca la cintura esplosiva nascosta sotto la sua sgargiante casacca policroma e fa saltare per aria tutto lo stabilimento.
Per carità, per i fatti drammatici e sanguinari a cui abbiamo assistito negli ultimi anni – anche in contesti balneari come quelli di Sousse, in Tunisia, con l’attacco di neanche un anno fa costato la vita a 39 persone – ormai non si può escludere nulla. Ma il punto si nasconde proprio in questa mesta constatazione.
Il terrorismo internazionale di matrice islamica, al di là della situazione sul campo dell’Isis in Siria e Iraq, così come della miriade di gruppi affiliati in altre aree caldissime del pianeta, dalla Libia alla Nigeria, un obiettivo l’ha senz’altro raggiunto e non è tanto e solo quello dello stato di tensione diffuso e costante, ma quello di rendere immaginabile l’inimmaginabile.
Come? Spostando la soglia di previsione o di verosimiglianza, ribaltando gli standard immaginativi, confondendo ciò che potrebbe o non potrebbe davvero accadere perché in effetti qualcosa di simile è accaduto e non sarebbe poi così difficile immaginare, al di là delle questioni da servizi segreti, qualcos’altro in altri luoghi.
Il risultato è, in definitiva, essere riusciti a inquinare il nostro immaginario con poche azioni che in effetti non avevano eguali – basti pensare proprio al blitz dal mare sulla spiaggia dell’hotel Riu Imperial di Port El-Kantaoui, neanche nel peggiore dei nostri sogni, per non parlare ovviamente del Bataclan – e una propaganda che tende a moltiplicarne le possibilità. A questo aggiungiamo la propaganda, gratuita e non richiesta, che fonti sgangherate e testate ancor più in bilico, divulgano.
Insomma le bufale, come quella dei venditori ambulanti kamikaze, fanno breccia perché non ci appaiono bufale.
D’altra parte è senza dubbio vero che la circolazione incontrollata di notizie prive di fondamento e del benché minimo livello di credibilità, supportata dai social network, è l’altro lato di questa vulnerabilità dell’opinione pubblica.
In altre parole, siamo sempre più disposti a credere ad alcune pseudonotizie per la banale ragione che, specie in certi casi in cui la narrazione appare meglio costruita, non ci appaiono più così improbabili o impossibili.
Questa è la cifra del nostro tempo: non sappiamo più cosa credere. Stretti fra una minaccia che a tratti si è dimostrata in effetti pronta a qualsiasi gesto e una struttura di filtro politico, giornalistico e culturale sempre più sfilacciata e permeabile, anche il venditore con i braccialetti finisce con l’assumere forma concreta, già proiettato su qualche litorale italiano.