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Trentenni: cosa ci sta succedendo?

di Silvia Sanchini   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
ven 11 mar 2016 08:33
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I trentenni non esistono più, secondo Zerocalcare, siamo “una generazione generosa, che si è dannata l’anima per trovare un posto nel mondo e ha visto tradite le sue aspettative”. Una generazione smarrita, secondo la sociologa Bernadette Bawin Legros, uomini e donne contraddistinti da un sentimento diffuso di disillusione. “Generazione Bim Bum Bam”, l’ha definita Alessandro Aresu (filosofo classe 1983).

Siamo cresciuti con le canzoni di Cristina D’Avena e giocando con il Crystal Ball. Abbiamo vissuto la caduta del Muro di Berlino e il mito, ormai deluso, di un’Europa veramente unita. Siamo i figli della generazione del ’68, del boom economico, della tragedia del terrorismo in Italia. Abbiamo scoperto il potere della tecnologia, le conseguenze di un sistema consumistico portato all’estremo.

Oggi siamo una generazione precaria e insicura, o almeno così ci dipingono. Molti di noi sono all’estero o hanno dovuto lasciare la loro città natale. Accettiamo lavori sottopagati e sottostimati rispetto al nostro titolo di studio e alle nostre competenze. Rimandiamo sempre più avanti nel tempo scelte definitive quali l’andare a vivere da soli, sposarsi, avere un figlio.

Una generazione vittima di un sistema che le ha tarpato le ali. Secondo il Presidente dell’Inps Tito Boeri chi è nato negli anni ’80 sarà costretto a lavorare almeno fino ai 75 anni e prenderà una pensione almeno il 25% più bassa di quelle di oggi.

Ma una generazione anche con delle proprie responsabilità: spesso volutamente assente dallo spazio pubblico, incapace di ribellarsi a ciò che non va, chiusa in un esasperato individualismo.

Trentenni che prolungano un’indefinita adolescenza o già troppo adulti per manifestare energie e riscattarsi.

Da qualche giorno la generazione dei trentenni si è resa protagonista di una terribile vicenda di cronaca nera, di cui tutti parlano. Roma, la città de “La grande bellezza”, ancora una volta insanguinata e ferita. Palcoscenico di nottate contraddistinte da sesso e divertimento senza regole, in cui smarrire la propria umanità.

Due persone, praticamente mie coetanee, che uccidono in modo così atroce un ragazzo di soli 23 anni, non possono che indurmi a riflettere sulla nostra identità generazionale.

A 30 anni ci si può ancora definire giovani? Manuel era uno studente fuori corso. Il lavoro di Marco era organizzare feste nei locali. Entrambi avevano un serio problema di dipendenza da alcool e droga. Avevano alle spalle famiglie benestanti e una disponibilità economica sopra la media. Non erano certo ragazzi emarginati. Erano solo questo? Sicuramente no, erano e sono molto di più dell’immagine che i media ci restituiscono.

E allora cosa è scattato nella loro mente? Cosa può portare due persone adulte, e non due adolescenti, a uccidere per noia, per la curiosità di vedere “che effetto fa”? Colpisce la loro capacità di prendere emotivamente distanza da quello che avevano fatto. Cosa non ha funzionato nel loro processo di crescita e di maturazione? Perché tanto vuoto da colmare?

Sono domande a cui fatico a trovare risposta. Mi interrogo, e vi interrogo, perché mi piacerebbe su questo aprire un confronto e un dibattito. Aldilà dei risvolti giudiziari che avrà la vicenda.

Che cosa sta succedendo ai trentenni?

Foto dal blog: www.itrentenni.com