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Provincia Rimini Social

La pena è sospesa, ti metto alla prova

di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
gio 18 feb 2016 08:26 ~ ultimo agg. 22 feb 09:40
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Alfredo, 29 anni, si è incamminato lungo la via della truffa cercando una scorciatoia illegale rispetto ad uno stipendio e ad uno stile di vita dignitoso. Il suo dribbling è durato poco. Il tempo sufficiente però – il colloquio con il giudice, un trafiletto sul giornale, l’amarezza masticata dai familiari – per aprirgli gli occhi. Oggi Alfredo presta servizio presso una cooperativa sociale riminese, viene al lavoro tutti i giorni e presta la sua opera accanto a disabili nella gestione dei parcheggi. E così farà per i prossimi trenta giorni. Dopodiché il giudizio: se il lavoro svolto avrà avuto il sapore di un ravvedimento, il giudice dichiarerà estinto il reato. E Alfredo avrà così pagato la propria colpa.

Alfredo è uno dei primi a Rimini a godere della “messa alla prova”, la misura alternativa al carcere nata dalla legge recentemente entrata in vigore. L’imputato può chiedere la sospensione di un processo per svolgere gratuitamente, in accordo con i servizi sociali, lavori di pubblica utilità per almeno 10 giorni (e un massimo di 8 ore al giorno). Questa misura può essere concessa solo per i reati meno gravi (fino a 4 anni) e non recidivi. Nei primi sei mesi dall’entrata in vigore della legge, le richieste (fonte Ministero della Giustizia) sono state poco meno di 5.000, ma la “messa alla prova” è stata concessa solo in 109 casi. Ad esaminare la richieste è l’Ufficio esecuzione penale esterna (Uepe). A Rimini l’Uepe ha stilato un protocollo con il Tribunale: sei tra enti e cooperative hanno già firmato la convenzione. “In pratica contiamo di ricevere l’adesione di tutte quelle realtà che già hanno sperimentato i lavori di pubblica utilità – spiega la presidente del Tribunale, Rossella Talia – come la Caritas o varie cooperative sociali”. Per il presidente del Tribunale, la “messa alla prova” non è semplicemente una risposta contro l’affollamento delle carceri ma“prima di tutto un intervento di rieducazione della persona, attraverso una sorta di inversione dei ruoli: la persona che si pensa per bene per la riabilitazione viene accolta in strutture che si occupano degli «ultimi»”. Con la “messa alla prova”, però, l’attività del Tribunale non viene affatto snellita, anzi probabilmente si allunga. “Il processo viene sospeso per la durata della riabilitazione – prosegue la Talia – e qualora andasse in porto, viene fissata un’ulteriore udienza”.

 

Dietro le mura di un carcere, per la stragrande maggioranza dei 54.000 detenuti le giornate trascorrono senza che vi sia la possibilità di svolgere attività rieducative, studio o lavoro o assistenza. La “messa alla prova”, invece, nasce proprio per offrire l’opportunità a chi ha commesso un piccolo reato di poter pagare la pena svolgendo un lavoro utile alla comunità. “E senza mettere piede in carcere” ribadisce Vincenzo Di Pardo, storico educatore presso la Casa Circondariale di Rimini. “La prospettiva è quella di un gesto di responsabilità del protagonista, di un ravvedimento. prosegue Di Pardo – La messa alla prova si inserisce nel contesto delle pene più lievi: è una sperimentazione, andrà valutata, ma questa misura all’estero è già attiva”.

I detrattori della messa alla prova non mancano. Chi ragiona di pancia punta il dito su una misura che renderà praticamente impuniti moltissimi reati che inferti, ad esempio su di una persona anziana e indifesa, possono configurarsi come un colpo mortale. “Della prova a cui sono costrette le vittime perché non si parla mai”?.

Non tutti i reati possono accompagnarsi alla “messa alla prova”: solo quelli che prevedono sanzioni economiche o il carcere al massimo per quattro anni.

 

Piccolo spaccio di droga, furto aggravato, rissa o resistenza a pubblico ufficiale. Le domande, prima della decisione del giudice, vengono valutate dall’Uepe, che deve pure stilare il programma in collaborazione con uno degli enti accreditati. L’attività di riparazione può tenere conto delle professionalità o delle attitudini dell’imputato e del servizio “in favore della collettività”. da qui la pulizia di parchi e spiagge, ma anche il sostegno a persone con handicap o all’interno di strutture di recupero. Una “messa alla prova” non indiscriminata, ma per cancellare il reato e offrire una nuova possibilità a chi ha sbagliato.

 

Paolo Guiducci

IlPonte.com