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Presidio per le vittime di Suruç e per il popolo curdo

di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 4 minuti
mer 22 lug 2015 16:07 ~ ultimo agg. 18:42
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Si è svolta questa mattina in piazza Tre Martiri la conferenza stampa/presidio organizzata da varie realtà e singoli del territorio, raccolti sotto la sigla “Rimini per il popolo Curdo”, per ricordare i ragazzi uccisi nell’attentato di Suruc e ribadire il sostegno alla comunità di Kobane e al popolo Curdo e la richiesta di costruzione di corridoi umanitari che consenta di far entrare viveri e volontari per aiutare la resistenza del Rojava e di costruire rapporti di Fratellanza o Gemellaggio.

 

Di seguito il comunicato stampa

 

 

“Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti.”

La spigolatrice di Sapri

Rimini, i cittadini e le cittadine riminesi non possono restare indifferenti alla strage di queste giovani anime belle, uccise dall’ISIS a Suruç, nel Kurdistan turco.

Trenta giovani innocenti, ma per qualcuno colpevoli di voler portare speranza e protezione nel Rojava nel Kurdistan siriano.

Un attacco brutale, compiuto da una giovane donna kamikaze, purtroppo anch’essa vittima della violenza e della barbarie dell’ISIS, perché in fondo nessuno vorrebbe morire a 18 anni.

Erano 300 i volontari della Federazione delle associazioni della gioventù socialista radunatisi a Suruç per partecipare al progetto di ricostruzione della città curdo – siriana di Kobane distrutta nei mesi scorsi.

Si trovavano tutti presso l’Amara Center, che è stato luogo di incontro e di accoglienza per centiania di volontari europei, italiani, turchi e curdi, della staffetta italiana “Rojava calling” e di tutte le carovane partite a ridosso del Newroz di Marzo dopo la liberazione di Kobane.

In trenta hanno perso la vita e altri cento sono rimasti gravemente feriti, mentre cantavano “la ricostruiremo insieme, la difenderemo insieme“.

Nello stesso momento anche Kobane subiva un attentato nel quale hanno perso la vita miliziani dell’YPG.

Due notizie non ricordate nei notiziari italiani, facendole cadere nel vuoto. In fondo Kobane è lontana e il Rojava uno piccolo lembo di terra controllato dai curdi e difeso da donne guerrigliere.

Noi però non possiamo rimanere in silenzio, perché quanto sta accadendo in Siria ed in particolare nel Kurdistan siriano non è e non può esserci indifferente.

L’ISIS che oramai ha dimostrato la propria brutalità dentro e fuori i confini del proprio califfato rappresenta una forza clerico/fascista che distrugge ogni valore umano, “supportata” dai vicini, in primis la Turchia con il solo obiettivo di eliminare altri nemici comuni, in questo caso i curdi.

L’attentato avviene il giorno dopo una data simbolica per il popolo curdo perché dal 19 luglio del 2012 i curdi della regione del Rojava nel mezzo della guerra civile siriana si sono organizzati attraverso delle amministrazioni democratiche e autonome. Lo scorso 19 luglio, tutto il Kurdistan ha celebrato questo evento.

Dal 12 al 17 settembre prossimo proprio a Suruç ci sarà una carovana internazionale per chiedere l’apertura di un corridoio umanitario e per la ricostruzione di Kobane in concomitanza con la commemorazione del primo attacco del Daesh subito da Kobane il 15 settembre 2014.

Il Rojava ci ha insegnato che non solo si può combattere e resistere contro l’ISIS e contro chiunque sia portatore di morte e distruzione, ma ci ha insegnato che un modello di governo definito Federalismo Democratico definito così dal PKK: «Il federalismo democratico del Kurdistan non è un sistema di Stato, è il sistema democratico di un popolo senza Stato… Prende il potere dal popolo e lo adotta per raggiungere l’autosufficienza in ogni campo compresa l’economia.».

Le forze dell’ISIS stanno barbaramente uccidendo e devastando popoli e territori in nome di un ultra fanatismo religioso che consente di fare adepti e rafforzare le fila di giovani e di persone pronte a morire per il grande Allah, dietro cui in realtà, si cela chi punta al dominio economico e politico del medioriente. L’ISIS è cresciuto indisturbato nel corso dei tre anni del conflitto siriano, sostenuto o tollerato dai Paesi vicini, che speravano che i ribelli riuscissero a distruggere il governo di Assad e con esso eliminare una potenza che deteneva un controllo economico importante nel medioriente.

Per il popolo curdo la barbarie dell’ISIS si aggiunge a quella già subita dai turchi in decenni di dominazione.

 

Il governo Turco ha utilizzato varie modalità per cacciare la popolazione curda dalle proprie terre incendiando boschi interi per scovare i rifugi del PKK, radendo al suolo interi villaggi incendiandoli o utilizzando i bulldozer, murando vive intere famiglie dentro le proprie case.

Una pulizia etnica avvenuta alle porte dell’Europa, all’interno di un Paese come la Turchia pronta a fare trionfale ingresso nell’Unione Europea.

Il 13 novembre scorso il Consiglio Comunale di Rimini ha votato (dopo l’incontro con Yilmaz Orkan, membro del congresso nazionale del Kurdistan e portavoce dell’associazione Uiki, a Casa Madiba) un ordine del giorno in “Sostegno alla comunità di Kobane e al popolo Kurdo“, nel quale si chiedeva al Comune di sostenere progetti o azioni possibili in quell’area e al Governo di farsi difensore e promotore del riconoscimento del popolo curdo. Oggi si chiede di fare un passo in più, di procedere alla costruzione di corridoi umanitari che consenta di far entrare viveri e volontari per aiutare la resistenza del Rojava e di costruire rapporti di Fratellanza o Gemellaggio, come stanno facendo altre città italiane al fine di dimostrare la propria vicinanza ed il proprio supporto al popolo curdo.
Corridoio oggi più che mai necessario per difendere i Curdi da doppio attacco: quello turco e quello del califfato dell’ISIS.

Lo dobbiamo fare perché queste serve a non lasciare soli 300 ragazzi e ragazze che hanno voluto dedicare parte della loro vita a sostenere un ideale di pace, di democrazia e di giustizia sociale.

Lo dobbiamo fare per chi ieri ha perso la vita e perché ciò non accada più.

Lo dobbiamo fare perché “aiutarli a casa loro” è quello che hanno provato a fare i 300 giovani diretti a Kobane, che carichi di energia e di sorrisi erano pronti a ricostruire case e a consentire che il governo democratico del Rojava, un giorno potesse essere riconosciuto, libero e autonomo.

 

Rimini con il popolo Curdo