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Povertà: per di qua

di Stefano Rossini   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
mer 17 dic 2014 17:35 ~ ultimo agg. 19 dic 15:13
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Alcune settimane fa mi sono imbattuto in via Clodia in un uomo svenuto a lato della strada. Era appoggiato al muro di una casa, mezzo incastrato in un palo segnaletico di divieto di sosta. Mi sono fermato e quando mi sono accorto che respirava ho chiamato il 113 e poi l’ambulanza. Poco dopo si è fermata anche una ragazza in motore più spigliata di me che ha cominciato a muoverlo per svegliarlo.
Non è mancato il classico corredo di vecchie sul terrazzo che commentava e dava consigli, passanti incuriositi, guidatori folli che zigzagavano tra il capannello di gente, vari altri passanti che inveivano contro il poveretto o contro la società, o ancora contro il ritardo dell’ambulanza.

In effetti il mezzo di pronto soccorso è arrivato con tutta calma. C’era tempo di lasciarci la pelle e testare la reincarnazione o la resurrezione. Ma poi alla fine è arrivato.
I ragazzi l’hanno riconosciuto, l’avevano dimesso forse lo stesso giorno o il giorno prima, e l’hanno portato via. Era ubriaco perso. E quando si è ubriachi capita di svenire. Se avviene di notte, di inverno, quando è freddo, il rischio di morire di assideramento è molto alto.

 

Ora, non voglio fare l’eroe. Per ogni volta che mi sono fermato, ne conto almeno dieci in cui, alla vista di qualcuno in difficoltà, sono andato dritto per la mia strada. E ogni volta l’autoassoluzione è stata dietro l’angolo. Siamo sempre molto indulgenti con i nostri errori. D’altronde abbiamo tutti tanti impegni, tante difficoltà, grossi problemi, scadenze. Visto? E’ un attimo.

 

Però, questo episodio mi è tornato alla mente quando ho letto la storia di Lami Fall, il ragazzo senegalese morto davanti alla stazione di Rimini alcuni giorni fa. Ci ho pensato perché alcune volte, nell’indifferenza generale basta un po’ di fortuna, basta che se ne fermi uno. Non mille. E perché morire nel totale disinteresse, in un paese straniero, deve essere una cosa orribile. Non lo augurerei al mio peggior nemico.

Certo, se poi ti portano via e passi una notte all’ospedale, tamponi per una sera. L’inverno è lungo, ed è una lunga serie di notti fredde, una dietro l’altra. E poi? E poi è difficile dare una risposta. Ci si sente sopraffatti dalla necessità.

 

Anche Maria Carla Rossi, della Caritas, con cui alla fine sono riuscito a parlare, racconta che le persone in difficoltà sono sempre di più.
72 sfratti solo negli ultimi sei mesi a Rimini.
Una corte dei miracoli che si muove tra istituti di carità, enti benefici, servizi del comune per avere una bolletta pagata, un affitto a canone calmierato, un aiuto, dei soldi, un pacco cibo, qualcosa in attesa di situazioni migliori.

Poi mettiamo un attimo da parte il fatto che situazioni migliori all’orizzonte non ce ne sono. Lasciamo agli esperti le discussioni sulle crisi strutturali e le trasformazioni della società. Pensiamo all’indigenza del momento, a come pagare 3, 4 bollette, al gas, la luce.

 

E’ difficile dire di no – dice Maria Carla.
Si cerca in ogni modo di dare una mano. Ma non è sempre facile.
Vengono anche persone inaspettate. Abbiamo avuto tre lavoratori dell’aeroporto. Persone che prima avevano di che mantenersi e ora no”.

Questo cambia le prospettive e le carte in tavola. Il poveraccio non è più l’altro, lo sconosciuto, l’immigrato, magari qualcuno che se lo merita – siamo pronti a dire. Secondo un’analisi del Censis la percezione della povertà è cambiata. Il 60% della popolazione italiana ritiene che possa capitare a chiunque di finire in povertà.

 

E’ difficile lavorare in questa situazione. Anche chi non vive nella più nera indigenza, ha per metà del tempo la testa nelle difficoltà del futuro, nei pagamenti da fare, e questo toglie energia, vitalità e tranquillità. La povertà ci colpisce anche se possiamo ancora mangiare e scaldarci.

Padre Zanotelli afferma che siamo in guerra contro i poveri. Io ho l’impressione che finché continuiamo a discuterne, significa che ci troviamo ancora al di qua delle barricate, tra i benestanti, tra chi, nonostante le difficoltà, può ancora vivere dignitosamente. Il giorno in cui cambieremo sponda smetteremo di parlare e cercheremo di fare qualcosa di diverso.