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Tante situazioni legate alla vivibilità di un territorio. Rileggere il discorso del Vescovo per San Gaudenzo.

immagine di repertorio

Ho riletto, una settimana dopo, il discorso del Vescovo alle autorità per la festività di San Gaudenzo e l’ho trovato davvero ricco, decisamente controcorrente rispetto al sentire di tanti che stanno mollando gli ormeggi nel tempo di tempesta. Il lettore lo può ritrovare in integrale sul sito de il Ponte. Vi si interpreta il disagio crescente della gente nel vivere la “città”. Situazioni di difficoltà e sofferenza, pericolo e insicurezza si vanno estendendo, quasi che la città da rifugio sicuro si fosse trasformata in “ostile e inospitale”. La paura è un sentimento che sempre più pervade le situazioni, gli ambienti, le relazioni. Non è certo questione solo riminese ed è comune a tante realtà metropolitane. Accanto a questo sentimento generale il Vescovo indica tante situazione legate alla vivibilità di un territorio, dal traffico al degrado anche urbanistico di certi quartieri, dalle fogne alla necessità che certe zone non diventino ghetti.

 

“Solo una città attenta ai bisogni veri della gente, a cominciare dalla povera gente, diventa ‘decente’, ossia “buona da viverci” avverte mons. Lambiasi indicando nella solidarietà la prima virtù civica. È solo di una settimana prima la firma della Carta Marvelli, che indica ad amministratori e politici i criteri per “servire senza servirsi”. C’è un’urgenza che gli uomini pubblici devono cogliere e che per primi sono chiamati a perseguire. L’invito forte è di non accontentarsi di quel che si è fatto. Occorre “non sentirsi dalla parte del giusto, anche se ci si è comportati da giusti. Di non sentirsi stanchi, perché è il momento in cui non si può riposare, finché qualcuno è fragile ed è solo davanti alle proprie difficoltà”.

 

Rivolgendosi poi a tutti, mons. Lambiasi indica due strade per “reagire alla rassegnazione” e all’individualismo che ne consegue come frutto avvelenato che porta a chiudersi in se stessi. Sono il dialogo e la generosità.

“Dal dialogo deve nascere l’unione delle forze, la passione e la speranza per uscire da questo clima, per ri-avviare la vita e promuovere un nuovo sviluppo economico e civile”. Dialogo presuppone ascolto, apertura della mente, generosità del cuore. “Torniamo ad essere generosi, – ribadisce il Vescovo – capaci di non fermarci a contare ad ogni momento se riceviamo abbastanza, se il destino è giusto con noi, se tutti riconoscono adeguatamente quanto valiamo. La generosità ribalta questo modo di vedere la vita, perché non fa conti in tasca, e dà con abbondanza, senza misurare il merito di chi riceve, ma nel valutare le persone, misura con la simpatia verso l’altro, e promuove il bene che c’è in ciascuno”. Valori profondamente cristiani, dunque profondamente umani.