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Unindustria. 758 imprese chiuse in un anno, edilizia al collasso. Alle istituzioni: serve agire

In foto: l'edilizia è uno dei settori più in difficoltà
l'edilizia è uno dei settori più in difficoltà
di Andrea Polazzi   
Tempo di lettura lettura: 11 minuti
mer 24 set 2014 12:42 ~ ultimo agg. 25 set 11:15
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In un anno sono state chiuse 758 imprese e da gennaio ad oggi 50 sono fallite. Le iscrizioni in Camera di Commercio certificano un calo del 2,1% delle aziende attive (a giugno 35.080), un dato negativo superiore a quello nazionale e regionale.

A pagare dazio in particolare il settore delle costruzioni (in un anno le imprese sono calate del 20%, addirittura il 47 dal 2008) ed un calo del volume d’affari evidenziato da Unioncamere del 3% nel secondo trimestre.E ancora, a completare il quadro, una recente indagine del Sole 24 ore che stima un calo delle assunzioni in provincia nel 2014 del 17% rispetto al 2013 e le ore di cassa integrazione arrivate a quota 4,5 milioni da gennaio a giugno.

A mettere in fila i dati che sanciscono una crisi ancora profonda è Unindustria Rimini che snocciola poi i numeri della sua indagine congiunturale sui primi sei mesi dell’anno.

In sintesi, l’occupazione è un problema ancora non risolto, la produzione non riparte e le esportazioni sono il fattore che consente alle imprese di provare la via della crescita. Alla voce fatturato si segnala un +2,77% rispetto ai primi sei mesi 2013 dovuto in particolare all’export ma si tratta di un aumento determinato anche dall’uso dello stock di magazzino come testimonia il calo di giacenze e la riduzione della produzione (che lo scorso anno era in leggero aumento invece). In calo l’occupazione (-1,57%) con le imprese piccole che tengono più delle grandi.

Qualche apertura arriva dall’accesso al credito: secondo Bankitalia a giugno gli impieghi alle imprese private sono diminuiti di 83,41 milioni su base annua, -1,59% rispetto al – 11,9% del 2013. E anche tra gli imprenditori si evidenziano segnali di distensione.

Senza riforme e sostegno alla crescita, commenta Unindustria Rimini, le imprese rischiano di non sopravvivere. Un appello al Governo ma anche alle amministrazioni locali.

L’associazione ricorda come l’economia della provincia di Rimini sia sostenuta da due pilastri: il turismo e l’industria. E il comparto che muove trasversalmente diversi settori è proprio quello delle costruzioni, il più in crisi. Quindi è da quello che si deve ripartire “con un’azione concreta da parte delle autorità locali“.

Diamo atto al Sindaco del comune di Rimini Andrea Gnassi – si legge nella nota di Unindustria Rimini – che l’attività indirizzata alla realizzazione del nuovo sistema fognario e della viabilità, sembra avere intrapreso la giusta direzione. Ma non basta.

L’associazione si dice d’accordo sull’evitare il consumo del territorio, ma servono norme chiare ed incentivi a ristrutturare, serve a Rimini l’approvazione definitiva di PSC e RUE ed appalti pubblici alla portata delle imprese del territorio. Serve dare concretezza alle analisi del Piano Strategico ma anche un alleggerimento delle tasse (TASI E TARI in testa) e della burocrazia.

Attenzione particolare viene richiesta anche al nuovo corso della Provincia “in quanto desta qualche preoccupazione il passaggio di alcune sue funzioni alla Regione, come ad esempio gli uffici per l’impiego“.

Il tempo dei progetti deve rimanere ieri – conclude Unindustria – Oggi occorre agire con determinazione nella convinzione che per uscire dalla crisi sia indispensabile un atteggiamento di fiducia verso il futuro. La nostra categoria continuerà a mettersi in gioco. Le nostre imprese in questi anni si sono ristrutturate per potere superare la crisi. Hanno investito in export e innovazione, anche grazie alle azioni di supporto dell’Associazione, e hanno intrapreso la strada del taglio dei costi. Ma come imprese siamo convinti di dovere fare ancora di più. Auspichiamo che la stessa via venga scelta dalle pubbliche amministrazioni con un impegno concreto da parte di tutti per fare finalmente ripartire la crescita.

I dettagli dell’analisi congiunturale

L’indagine Congiunturale sulla situazione economica della provincia di Rimini effettuata dall’Ufficio Economico di Unindustria Rimini relativa ai dati consuntivi del primo semestre 2014, conferma il “sentiment” prevalente su scala nazionale: l’occupazione è un problema ancora non risolto, la produzione non riparte e le esportazioni sono il fattore che consente alle imprese di provare a ritrovare la via della crescita.

Fatturato totale: è aumentato (+2,77%) rispetto al primo semestre 2013.

Aumento determinato ancora una volta soprattutto dal fatturato estero (+5,43%), infatti quello interno aumenta del +1,10%.

L’aumento del fatturato dopo anni di flessione però è determinato (oltre che dalle esportazioni) dall’utilizzo dello stock del magazzino (come dimostrano il calo consistente delle giacenze nelle grandi imprese e la riduzione della produzione).

Con riferimento alla classe dimensionale delle imprese, la performance migliore la registrano le piccole imprese (+11,10%), seguite dalle grandi (+4% con fatturato estero a +5,80%), mentre le medie imprese hanno visto una diminuzione del fatturato (-3,20%), anche se quello estero è positivo (+2,20%).

Il grado di internazionalizzazione delle imprese, inteso come percentuale di fatturato estero sul totale, si attesta in media al 56,50% con una percentuale del 64% nelle grandi aziende, del 51,10% nelle aziende comprese fra 50 e 249 addetti e del 19,40% nelle aziende con meno di 50 dipendenti.

Produzione: marginale diminuzione rispetto allo stesso semestre dell’anno precedente (-0,07%), riduzione determinata dalle imprese con un numero di dipendenti maggiore o uguale a 250 (-3,80%), in quanto nelle medie (+2,60%) e nelle piccole (+4,90%) il dato è positivo.

Occupazione: diminuita (-1,57%) a causa del calo riscontrato soprattutto nelle grandi imprese (-2,50%). Anche nelle medie imprese c’è stata una diminuzione (-0,80%), mentre nelle piccole è aumentata del +0,30%.

Ordini totali: il 34,72% delle imprese li ha visti in aumento, il 16,67% in diminuzione e il 48,61% stazionari. Gli ordini esteri segnano una percentuale di imprese che li ha avuti in aumento del 37,50%, per il 51,79% sono stati stazionari e una percentuale del 10,71% li ha visti in diminuzione.

Giacenze: mostrano un aumento per il 18,37% del campione, stabilità per il 55,10% e diminuzione nel 26,53% dei casi (con il dato delle grandi imprese già commentato sopra).

Costo delle materie prime: aumentato per il 23,68% delle imprese, il 63,16% considera il dato stazionario e il 13,16% delle aziende l’ha visto in diminuzione.

Confronto con semestri precedenti

Rispetto ai semestri precedenti, si interrompe la perdita di fatturato che era stata una costante degli ultimi 18 mesi e si conferma la componente estera quella preponderante ai fini dell’aumento. Il mercato interno non mostra più i parametri negativi delle ultime rilevazioni, ma rimane comunque ancora debole.

Si ribadisce come l’incremento del fatturato non sia avvenuto contestualmente ad un aumento di produzione che è un segnale sicuramente non incoraggiante.

Infatti la produzione ha imboccato nuovamente il territorio negativo, mentre nell’ultimo anno era stata, seppur di poco, in aumento.

Continua anche la perdita di posti di lavoro come del resto documentato quasi quotidianamente su tutti i media nazionali e locali.

Il dato riferito agli ordini totali ritocca, migliorandolo, quello di sei mesi fa: più di un terzo delle imprese li ha visti in aumento e quasi la metà stazionari. Invece il parametro degli ordini esteri è peggiorato rispetto all’ultima rilevazione (diminuiscono le imprese che li hanno visti in aumento e crescono quelle che li hanno visti in diminuzione).

Diminuiscono le aziende che hanno visto in aumento i costi delle materie prime rispetto al semestre precedente , ma rimangono una percentuale molto maggiore rispetto ad un anno fa.

PREVISIONI SECONDO SEMESTRE 2014

Le attese degli imprenditori, relative al secondo semestre 2014 sono ancora improntate alla cautela e non lasciano intravedere una fase di ripresa nei prossimi mesi.

Inoltre anche i timidi segnali positivi che si possono leggere in alcuni dati previsionali devono poi venire confermati nei numeri a consuntivo, cosa che purtroppo negli ultimi tempi non è poi avvenuta.

Produzione: viene previsto in aumento dal 30,99% delle imprese, il 54,93% prevede una situazione di stazionarietà e il 14,08% degli imprenditori prevede una diminuzione. Tale dato negativo è in crescita rispetto ad un anno fa quando era pari all’ 8,33%

Ordini totali: il 28,95% degli imprenditori prevede una crescita, il 55,26% stazionarietà e il 15,79% una diminuzione. Gli ordini esteri sono previsti in aumento dal 27,12% del campione, per il 64,41% saranno stazionari e per l’8,47% in diminuzione.

Giacenze: sono previste stazionarie per il 70% del campione, il 10% le prevede in aumento e il 20 % se le aspetta in diminuzione.

Occupazione: sono stazionarie per l’80% delle imprese, in crescita per il 13,33% e in calo per il 6,67%. Nessuna grande impresa la prevede in ulteriore calo.

Ricorso alla cassa integrazione: il 14,67% lo considera poco probabile, il 30,67% lo considera probabile (il 24% probabile ma limitato e il 6,67% probabile e consistente) e il 54,67% lo esclude.

Confronto con semestri precedenti

Che non si riesca ancora ad imboccare la via della ripresa viene confermato nei dati previsionali.

Pur essendo positivo il saldo fra chi prevede produzione e ordini in aumento rispetto alle imprese che li prevedono in diminuzione, tale saldo tende a peggiorare soprattutto se confrontato con il semestre precedente.

Nella produzione in particolare diminuiscono le imprese che la prevedono in aumento e aumentano (rispetto ad un anno fa) o rimangono invariate (rispetto a sei mesi fa) quelle che la prevedono in diminuzione.

Per gli ordini valgono sostanzialmente le stesse considerazioni. Merita una citazione, anche se non basta a rendere il quadro meno preoccupante, il dato che riguarda le imprese che prevedono in calo gli ordini esteri: è il più basso degli ultimi anni.

Anche per l’occupazione non è previsto un cambiamento di scenario a breve, sebbene il dato relativo alle imprese che la prevedono in diminuzione (il più basso delle ultime rilevazioni) sembra far emergere un arresto della caduta.

Le giacenze riflettono previsioni sostanzialmente in linea con quelle delle ultime indagini effettuate.

Conclusioni

L’indagine congiunturale riferita al primo semestre 2014 e alle previsioni per il secondo semestre 2014 fa emergere una situazione che conferma tutta la complessità del quadro economico.

Si è ancora lontani dall’aver intrapreso il cammino che porta alla ripresa ed è addirittura difficile consolidare i piccoli risultati positivi che si intravedono.

Si auspica inoltre che gli indicatori qualitativi previsionali, che si mantengono con un saldo positivo fra chi li prevede in aumento e chi in diminuzione, trovino finalmente riscontro nei dati quantitativi cosa che fino ad ora non è ancora avvenuta.

A livello macro l’economia globale sembra ritrovare slancio grazie agli USA e ad alcuni mercati emergenti. Nell’Eurozona, invece, la ripresa che si era appena intravista è già in affanno.

Con riferimento al tema DELL’ACCESSO AL CREDITO, sembra stiano emergendo alcuni segnali di distensione.

Dai dati di Banca d’Italia riferiti alla Provincia di Rimini risulta che a giugno 2014 gli impieghi delle banche alle imprese private sono diminuiti di 83,41 milioni di euro su base annua (-1,59%) dato in miglioramento rispetto al – 11,9% (708,67 milioni di euro) registrato nel giugno 2013.

Se confrontiamo il dato degli impieghi rispetto al mese precedente, gli stessi sono diminuiti di 68,61 milioni di euro rispetto a maggio 2014 (-1,3%), mentre a giugno 2013 la variazione mensile era del – 2,5% (135 milioni di euro).

Anche l’Indagine che Confindustria Rimini svolge periodicamente fra i propri associati denota quello che auspichiamo possa rappresentare un allentamento del credit crunch.

La percentuale del campione che ritiene sia in atto un razionamento del credito infatti è del 53,49%, dato più basso rispetto alla precedente rilevazione e al di sotto di tutte le altre rilevazioni effettuate nell’ultimo anno e mezzo.

Anche per quel che riguarda il costo del denaro, l’aumento dello stesso è avvenuto per il 42,22% delle imprese, percentuale non di poco conto, ma se consideriamo che un anno fa tale percentuale superava il 70%, si auspica che anche sul fronte dell’onerosità dei finanziamenti ci si possa avviare verso una situazione di maggior sollievo per le imprese.

In questo senso le misure annunciate recentemente dalla BCE vanno sicuramente nella giusta direzione per favorire gli investimenti delle imprese e di conseguenza stimolare la crescita.

Il commento di Unindustria Rimini

Ieri, martedì 23 settembre, si sono riuniti Consiglio e Giunta di Unindustria Rimini per esaminare il grave stato dell’economia del territorio.

In seguito all’analisi dei dati Consiglio e Giunta vogliono esprimere le proprie considerazioni al fine di sensibilizzare le amministrazioni e l’opinione pubblica sullo stato dell’imprenditoria riminese.

Considerazioni che saranno approfondite da un prossimo documento condiviso con le forze delle rappresentanze sindacali.

Sei mesi fa, in occasione della presentazione dei precedenti dati congiunturali, la situazione dell’economia riminese appariva ancora preoccupante, ma con previsioni del Pil nazionale in crescita dello 0,7% sebbene i dati di miglioramento fossero incerti e necessitassero ancora di conferme. Oggi il quadro è completamente cambiato in peggio.

Secondo i risultati dell’indagine congiunturale, realizzata dall’ufficio economico di Unindustria Rimini, i dati del consuntivo del primo semestre 2014 sono stazionari con qualche leggero aumento nel fatturato trascinato dall’export, mentre le previsioni per il secondo semestre 2014 sono in peggioramento.

Una situazione che rispecchia l’andamento del Paese tecnicamente in recessione dopo due trimestri consecutivi di calo del PIL (- 0,1%; – 0,2%).

Tutta l’Europa è in rallentamento, ma mentre per gli altri paesi si tratta di un calo delle previsioni della crescita del PIL positivo, l’Italia sta arretrando ancora (- 0,4%). L’unica consolazione è che il calo è in rallentamento.

Per riprendere a crescere chiediamo al Governo di mettere in atto riforme e manovre espansive perché la strada dell’austerità ci sta portando ad una crisi senza fine e il rischio di entrare in deflazione, se non lo siamo già, è sempre più concreto.

Dopo le iniziative della BCE che sembrano le uniche a favore della crescita, il Paese non può più rinviare le riforme che, a detta di tutti, sono le uniche che potrebbero innescare la ripresa.

Fra queste, ad esempio, ricordiamo:

– Riforma del mercato del lavoro e l’alleggerimento del cuneo fiscale

– Diminuzione del carico fiscale sulle imprese (IRES e IRAP) per favorire gli investimenti

– Riforma della giustizia per dare certezza del diritto

– Riduzione della burocrazia per potere tagliare gli sprechi e così diminuire le tasse e pagare tempestivamente i crediti alle imprese

– Credito più accessibile

Riforme che sono ovviamente di competenza di organismi centrali e che auspichiamo vengano presto attuate con un piano concreto.

Ma mentre queste riforme verranno attuate e daranno i loro frutti passeranno ancora uno o due anni. Quindi quello che ci chiediamo è: cosa possiamo fare nel frattempo noi imprenditori?

In questo lasso di tempo il nostro compito è tenere viva l’impresa perché altrimenti il rischio è che quando avremo risanato il Paese, non ci saranno più aziende.

A fronte della gravità della situazione è indicativo ricordare che da giugno 2013 al giugno 2014 (dati Camera di commercio di Rimini) nel nostro territorio le imprese attive in vari settori, dal commercio al manifatturiero, sono passate da 35.838 a 35.080 (- 758), di cui il saldo più negativo lo registrano il commercio e le costruzioni.

Da gennaio a giugno le ore di cassa integrazione sono pari a 4,5 milioni (Dati Centro studi CGIL).

Per tenere vivo il tessuto industriale e dei servizi, che come vediamo dai dati congiunturali in allegato è in una situazione precaria, bisogna far ripartire la microeconomia del territorio.

Come sappiamo l’economia della provincia di Rimini è sostenuta da due pilastri: il turismo e l’industria. Se da una parte occorre sostenere il turismo dall’altra occorre favorire lo sviluppo dell’industria manifatturiera e delle costruzioni.

In ambito locale il driver che muove trasversalmente diversi settori è proprio quello delle costruzioni.

E’ quindi da qui che occorre ripartire con un’azione concreta e indispensabile da parte delle autorità locali.

Diamo atto al Sindaco del comune di Rimini Andrea Gnassi, che l’attività indirizzata alla realizzazione del nuovo sistema fognario e della viabilità, sembra avere intrapreso la giusta direzione. Ma non basta.

Dal 2013 al 2014 (Periodo di riferimento terzo trimestre aprile-giugno, dati Cassa Mutua Edile di Rimini) in provincia le aziende edili sono passate da 409 a 325 (- 20%), i lavoratori da 2.075 a 1.595 (- 23%) con un calo delle ore lavorate pari al 22%. Dati ancora più sconfortanti se si confrontano i numeri del 2014 e del 2008 con le aziende in calo del 47,58%, i lavoratori del -51,18% e le ore lavorate del 57,17%. (Fonte Cassa Mutua Edile Rimini.)

Facendo ancora una volta la doverosa premessa che siamo tutti d’accordo sul non consumare più il territorio e che non si chiedono nuove aree da destinare all’edilizia, sottolineiamo che per risollevare l’economia locale occorrono:

– Norme chiare e incentivi per potere ristrutturare partendo dalla rigenerazione urbana (ad es miglioramenti per favorire il risparmio energetico e tutti gli interventi indirizzati alla sicurezza, in particolare quella sismica).

– Approvazione definitiva del RUE e del PSC del comune di Rimini.

– Appalti pubblici anche a portata delle nostre imprese (recentemente abbiamo rivolto un appello alle amministrazioni locali affinché si adeguino alla legge 106/2011 dando la possibilità di fare lavorare le aziende, con affidamento di lavori pubblici, tramite procedura negoziata per importi fino a un milione di euro).

– Concretizzazione delle analisi fatte dal Piano strategico per dare il via ai grandi progetti per Rimini che potranno partire solo nel momento in cui ci sarà la certezza che ci sia il ritorno economico per chi investe.

– Alleggerimento della pressione fiscale (TASI e TARI)

– Alleggerimento della macchina burocratica chiedendoci se nell’attesa delle riforme, non si possa fare qualcosa di concreto in ambito locale per cercare di snellire, a regole invariate, la macchina amministrativa locale.

Particolare attenzione dovrà essere data, inoltre, al nuovo corso della Provincia in quanto desta qualche preoccupazione il passaggio di alcune sue funzioni alla Regione, come ad esempio gli uffici per l’impiego.

Ancora una volta, quindi, lanciamo un appello perché non c’è più tempo da perdere. In un anno sono state chiuse 758 imprese! Da gennaio a oggi 50 aziende sono fallite!

Il tempo dei progetti deve rimanere ieri.

Oggi occorre agire con determinazione nella convinzione che per uscire dalla crisi sia indispensabile un atteggiamento di fiducia verso il futuro.

La nostra categoria continuerà a mettersi in gioco. Le nostre imprese in questi anni si sono ristrutturate per potere superare la crisi. Hanno investito in export e innovazione, anche grazie alle azioni di supporto dell’Associazione, e hanno intrapreso la strada del taglio dei costi.

Ma come imprese siamo convinti di dovere fare ancora di più.

Auspichiamo che la stessa via venga scelta dalle pubbliche amministrazioni con un impegno concreto da parte di tutti per fare finalmente ripartire la crescita.