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La famiglia è in rotta?

di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
lun 8 set 2014 12:58 ~ ultimo agg. 10 set 12:29
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Ormai da alcuni anni, la sociologia della famiglia e le scienze sociali in senso più esteso hanno riscoperto la forte centralità della dimensione familiare e del senso di appartenenza comunitaria nell’analisi di fenomeni di povertà ed esclusione sociale. Anche i principali approcci di studio dei sistemi di welfare hanno adottato una prospettiva di tipo comunitario e sistemico, prefigurando nuovi assetti di solidarietà organizzata, fondati e incentrati proprio sulla dimensione comunitaria e familiare. Eppure, il dibattito scientifico relativo al peso della crisi economica sulla qualità delle relazioni familiari è molto acceso, e non sempre coincidente sulle medesime posizioni. Da un lato è indubbio che l’impoverimento rappresenti un fattore di stress per la famiglia e i suoi componenti: è infatti piuttosto agevole individuare presso le famiglie povere una quota di conflittualità e disagio relazionale più elevata rispetto a quanto rilevabile nella popolazione complessiva. Si pensi ad esempio, al tasso di separazione e divorzio delle famiglie prese in carico dalla Caritas, notevolmente più elevato rispetto a quanto registrato  della popolazione complessiva: su 100 utenti che si rivolgono alla Caritas, il 15,4% è separato o divorziato (22,7% tra gli italiani), mentre nella popolazione complessiva, tali valori sono sensibilmente inferiori: solamente il 6,1% della popolazione residente in Italia è separato/divorziato (dato Istat 2009).

Disagio economico e conflittualità socio-relazionale 

Se quindi è rilevabile un certo grado di accordo del pensiero scientifico sulla presenza di una correlazione tra disagio economico e conflittualità socio-relazionale, altrettanto non appare confermato per quanto si riferisce al peso della condizione economica nel determinare la rottura delle relazioni affettive e coniugali. In altre parole: la crisi economica sta accentuando il fenomeno dell’instabilità familiare? Dal punto di vista statistico, in questi anni di crisi economica non si assiste ad un particolare picco di separazioni e divorzi: in altre parole, il trend di aumento delle separazioni e divorzi in atto prima della crisi si mantiene stabile. Dal 2007 al 2011 il tasso di crescita di tali eventi conosce addirittura un leggero decremento, più evidente nel caso dei divorzi. Sul decremento del tasso di crescita delle separazioni legali e dei divorzi, possono incidere aspetti economici: il divorzio e la separazione costano.

Ed è questo il motivo per cui, come osservato dall’Istat, sono più diffusi nel nostro paese la separazione consensuale e il divorzio congiunto: si tratta infatti di procedure più semplici, che richiedono meno tempo e risultano meno onerosi. Un procedimento consensuale di separazione si esaurisce mediamente in 156 giorni e uno di divorzio in 160, mentre se si chiude con il rito giudiziale occorrono in media, rispettivamente, 873 e 632 giorni. Quindi, conclude l’Istat, non sempre le alte percentuali di separazioni consensuali sono da intendersi come un indicatore della scarsa conflittualità tra i coniugi.

 

Le rotture

In ambito Caritas si registrano su tale aspetto posizioni ambivalenti. In maggioranza, le Caritas affermano che la rottura dei legami familiari dovuti alla conflittualità dei coniugi sono una delle cause che fanno scatenare una carriera di povertà. È invece più raro il percorso inverso (dalla povertà alla rottura familiare).
Senza spingersi al livello estremo di rottura definitiva del legame affettivo, vi sono alcune testimonianze che evidenziano invece un peggioramento nel livello di relazioni sociali, in seguito al progredire della condizione di disagio economico.
Altri operatori segnalano invece un miglioramento del livello di relazione sociale: secondo questo ultimo tipo di interpretazione, una situazione di difficoltà economica non influenza sempre in modo negativo la qualità e il livello di relazioni sociali di una famiglia. Al contrario, le condizioni di difficoltà possono favorire l’apertura della famiglia all’esterno, facilitando il contatto con una serie di soggetti esterni al nucleo e contribuendo in questo modo alla creazione di un sottosistema di relazioni ampio e soddisfacente.
Ciò che in ogni caso emerge dalle diverse analisi è il carattere dinamico del sistema di relazioni, che può andare incontro a trasformazioni, sia in senso negativo che in senso positivo. Da un lato, con il progredire dell’impoverimento economico, alcune consuetudini sociali vengono meno, si deve rinunciare ad alcune spese di carattere personale o “sociale”, gli amici si allontanano, si determina un maggiore isolamento, ecc. Dall’altro lato si può invece rilevare un rafforzamento dello spirito di corpo della famiglia, un riavvicinamento con alcuni soggetti e anche una crescente disponibilità all’aiuto da parte del territorio (parrocchie, vicinato..).

 

InformaCaritas