Indietro
menu
Economia Provincia

Sul Sole24Ore la mappa della crisi: Rimini tra le province più in sofferenza

di    
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
lun 14 lug 2014 10:40 ~ ultimo agg. 00:00
Facebook Whatsapp Telegram Twitter
Print Friendly, PDF & Email
Tempo di lettura 3 min
Facebook Twitter
Print Friendly, PDF & Email

Fatto 100 l’indice di “crisi più accentuata”, Rimini si piazza al 15esimo posto su 103 con 58,2 (il dato peggiore tra le emiliano romagnole). La provincia più colpita risulta Viterbo (63,9) mentre quella che ha resistito meglio è Vicenza (28,9).
L’indagine evidenzia come la crisi si sia accanita di più con i centri piccoli e medi ed abbia scavato un solco ancora più profondo tra nord e sud del Paese. Analizzando la graduatoria dei singoli indicatori Rimini spicca tra le 10 performance peggiori alla voce “spese per mobili ed elettrodomestici” dove scende dai 1.198 euro procapite del 2007 ai 903 dello scorso anno (-24,6%, solo in 5 fanno peggio) e alla voce “spese per medicinali” dove la spesa per abitante cala da 451,1 euro a 419,4 (11esima col – 7%). Preoccupa il dato sulla disoccupazione dove, nonostante ben 26 province registrino un calo peggiore, Rimini vede il tasso aumentare del 155,6% passando dal 4,49% del 2007 all’11,47 dello scorso anno.
Rimini risulta invece tra le realtà in Italia dove il costo della casa è sceso meno (dai 2.950 euro al metro quadro del 2007 ai 2.700 del 2013, – 8,5%).
La provincia riminese si ritrova più o meno a metà classifica nelle altre voci. 36esima per numero di laureati ogni 1000 abitanti tra i 25 ed i 30 anni che passano da 63,67 a 66,79 (+4,9%); 38esima per rifiuti procapite che scendono da 899,4 kg a 807 (-10,3%); le auto nuove immatricolate si dimezzano passando dalle 13.032 del 2007 alle 5.948 dello scorso anno (-54,4%, 49esimo posto). I depositi bancari aumentano da 13.037 euro procapite a 22.689 (+74%, 63esimo posto) mentre i prestiti personali scendono da 11.774 euro a 11.397 (-3,2%, 64esimo posto). Stabile invece il PIL che registra una lievissima contrazione da 27.222 a 27.210 (78esimo posto nella graduatoria).

Il commento del sindaco di Rimini Andrea Gnassi

“Uscendo dai soli numeri è evidente come gli italiani, riminesi compresi, si stiano quasi fisiologicamente ‘adattando’ ad una crisi più lunga e più dolorosa di quanto esperti ed economisti avevano preventivato. Tutto questo partendo dalla base, ovvero riducendo le spese, i consumi. Una fase di assestamento necessaria, che però deve coincidere con la scelta di una nuova prospettiva, con l’accelerazione in quel processo di cambiamento necessario per uscire dalla situazione difficile più forti e più consapevoli di prima. Questa ricerca, infatti, conferma come non sia più tempo di tergiversare, a nessun livello: è questo il momento storico, l’occasione, per scegliere su cosa investire e puntarci con convinzione, per abbandonare definitivamente un modello di sviluppo che ha fatto il proprio tempo, che dopo aver garantito per anni benessere si è trasformato nell’esatto contrario e ora non ha più niente da dare, e virare su un nuovo modello di sviluppo. Come amministrazione comunale di Rimini, abbiamo cercato in questi ultimi tre anni di aggressione della congiuntura economica di fornire strumenti e coordinate per una svolta: abbiamo seminato e stiamo continuando a farlo – sul fronte della pianificazione urbanistica, dei motori culturali, della trasformazione urbana, di un nuovo welfare, di un’attenzione finalmente vera a quanto sta sotto la città e non solo sopra (ad esempio i 154 milioni di euro investiti sulle fogne) – e lo continueremo a fare di qui a fine mandato. Non è facile, soprattutto perché il contesto è estremamente problematico: basti pensare che marchi storici italiani vengono acquisiti in serie da multinazionali straniere; oppure sul piano locale alla crisi drammatica di aziende storiche, impensabile sino a ieri. Proprio per questo è necessario che l’intero tessuto socioeconomico riminese abbracci questa sfida, mettendo assieme gli sforzi e le idee e soprattutto mettendo da parte l’idea che dalla crisi si esce tornando alle vecchie consuetudini. Questo, è bene dirlo con chiarezza, non sarà più possibile”.