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A volte basta una tazzina…

A volte basta una tazzina...

“È avvenuto tutto in modo molto naturale – racconta Massimo Zangheri, il proprietario – un giorno una nostra cliente storica è entrata nel locale e ha chiesto se poteva lasciare un caffè sospeso. Non l’avevamo mai fatto, ma è una pratica che io già conoscevo, perché sono stato a Napoli. Ho deciso subito di accogliere la richiesta e ho cominciato a segnare, in un taccuino che tengo vicino alla cassa, il conto dei caffè sospesi”.

Così, da un giorno all’altro, il Caffè Commercio ha attaccato un semplice cartello alla vetrina del negozio con scritto: “Qui puoi chiedere il caffè sospeso”. Qual è stata la reazione della clientela?
“In generale chi conosce di cosa si tratta ne lascia spesso uno. Sono più spesso clienti abituali che casuali. C’è grande sensibilità per le difficoltà legate alla crisi. Non abbiamo neanche dovuto fare molta pubblicità. Chi non lo conosce, invece, chiede spiegazioni, e da quel momento comincia a partecipare. Siamo arrivati in poco tempo ad avere più di 70 caffè sospesi, e in questo momento siamo a 40. Man mano che li offro alle persone che ne hanno bisogno li tolgo dalla lista, e così via”.

Come si comporta chi il caffè lo deve “ricevere”?
“Dato che si tratta di una tradizione napoletana, non sono in tanti, qui, a conoscerla. Per cui spesso sono le persone che ne hanno bisogno che non chiedono. O magari non sanno nulla e neppure passano. Per la maggior parte faccio a mia discrezione, decidendo di volta in volta e conoscendo le persone che hanno maggiormente bisogno. Qualche volta offro un caffè e qualche volta una pasta. Ma per ora sono sempre più le offerte. La voce si sta spargendo e la partecipazione aumenta. Adesso aspettiamo che ne vengano sempre più a conoscenza, soprattutto coloro che vogliono usufruirne”.

La tradizione del caffè sospeso è di origine incerta. Si sa solo che la culla di questa generosa usanza è la città di Napoli. Nata probabilmente nel periodo post bellico è tornata in auge con le difficoltà di quest’ultima crisi. E l’espansione non si ferma solo all’Italia. L’idea di offrire un caffè espresso a chi non ha i soldi per pagarselo ha valicato i confini nazionali. In Spagna viene chiamato cafes pendientes, in Francia cafés en attente e persino in Cina sta arrivando.
L’idea piace, insomma, e in tempi di difficoltà dimostra che la solidarietà può fare la differenza, tanto che il caffè non è più l’unico bene che si può “sospendere”. Pizzerie, kebab e, da qualche anno anche le librerie, permettono ai propri clienti di lasciare un pagamento o un libro per un futuro cliente che non può permetterselo.

Stefano Rossini