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Politica Provincia

Le riflessioni del presidente Vitali su riordino istituzionale deciso da Governo

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mar 24 lug 2012 12:17 ~ ultimo agg. 00:00
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“Gentile Direttore,
trovo utile- a cinque giorni dalla seduta del Consiglio dei Ministri durante la quale è scaturita un’indicazione chiara sul destino delle Province italiane- avanzare qualche riflessione più pacata, via via depositatasi la schiuma iniziale di un dibattito per ora eminentemente politico e dunque di sicuro legittimo ma magari un po’ viziato da qualche interesse partitico o perfino sincero idealismo.
Sulle Province, al di là del movimentismo locale, il coltello dalla parte del manico ce lo ha il Governo Italiano. Tocca dunque ad esso diradare le nebbie e la confusione del primo generico impatto. In questo senso è già chiarificatrice l’intervista rilasciata dal Ministro Filippo Patroni Griffi e apparsa quest’oggi su un autorevole quotidiano nazionale. Alla domanda se all’abolizione delle Province seguirà la cancellazione delle Prefetture, il titolare della Funzione pubblica risponde così: “La cosa va quasi in automatico. Non solo le Prefetture, ma tutti gli uffici periferici dello Stato, quelli scolastici, dei beni culturali verranno riorganizzati su base tendenzialmente provinciale. In alcuni territori ci saranno però dei presidi di sicurezza e di ordine pubblico su base infraprovinciale”. Non ci sono interpretazioni: in uno scenario anche di una ipotetica provincia Romagna, Rimini potrebbe al massimo aspirare a sostituire la sua Prefettura con un ‘presidio di sicurezza’, magari in cogestione con Pesaro-Urbino e Ferrara. Non mi pare un grande guadagno per un territorio come il nostro che già soffre nei mesi estivi (e non solo) per la divaricazione nel rapporto che esiste tra area ad altissimo flusso turistico, confinante con un altro Stato, e dotazione degli organici delle forze di Polizia. Ancora una volta la nostra specificità non verrebbe riconosciuta ma anzi si trasformerebbe in una sorta di ‘colpa’ su base statistica da far espiare alla comunità.
Mi permetto di dire questo per mettere in luce come ancora non siano palesi gli effetti reali sui territori della proposta di riordino istituzionale e di spending review, così come viene dal Governo. Non si tratta di portare avanti battaglie di retroguardia. Anzi, a questo proposito sono rimasto molto perplesso, ascoltando l’allarme lanciato ieri dal Presidente dell’Unione Province Italiane circa il rischio riapertura per le scuole a seguito dei recentissimi tagli agli Enti locali. La situazione è davvero pesante (per la sola Provincia di Rimini il taglio ulteriore a bilancio in fase avanzatissima è di 2,2 milioni di euro che salgono a 6 milioni di euro se si comincia da inizio 2012), le difficoltà amministrative si moltiplicano (si pensi solo cosa potrebbe comportare in termini di responsabilità amministrativa per dirigenti, funzionari e dipendenti pubblici un malaugurato incidente dovuto, ad esempio, alla riduzione delle manutenzioni stradali, obbligata dall’ultima sforbiciata senza preavviso dell’Esecutivo centrale), ma il giusto porre l’accento sui problemi non può avere il retrogusto dell’avvertimento interessato.
Credo che per le Province, così come per i Comuni, l’unica strada percorribile sia quella dell’ostinata, testarda determinazione nel riportare Governo, politica, partiti a discutere seriamente del riordino istituzionale, concentrandosi scientificamente su opportunità e effetti concreti, piuttosto che su slogan e scardinamenti territoriali ‘a priori’, peraltro entusiasticamente branditi da chi fino a ieri era altrettanto entusiasticamente fautore dell’esatto contrario. Il tema della razionalizzazione delle Province va dunque riportato a cosa dovranno fare, quali funzioni avranno, quale ruolo assumeranno, quali deleghe seguiranno le nuove amministrazioni provinciali, peraltro incerte anche sull’identità dei genitori (elettive? di secondo grado?). Ora come ora, le ‘nuove’ Province non sono altro che scatole vuote, probabili titolari di un paio di deleghe (ambiente, manutenzione della rete stradale di competenza) per la cui gestione sarebbero più che sufficienti uffici decentrati. Per questo il vero lavoro da fare di concerto con la Regione è prima di tutto quello delle funzioni e di cosa si vuole siano e facciano le Province. In questo momento cominciare la discussione dalla fusione a 3 o a 2 o a 4 è cosa politicamente affascinante ma ha più o meno la stessa valenza del cominciare a costruire una casa a partire dal tetto. Personalmente sono aperto a ogni ipotesi riorganizzativa riguardante le Province che, tutelando le specificità, le eccellenze e quanto conquistato dal nostro territorio, garantisca servizi e opportunità più favorevoli e puntuali per le comunità di riferimento. E questo significa potere contare su funzioni che vadano oltre quelle abbozzate dal Governo. Come ho più volte detto in queste settimane, una provincia Romagna insieme a Ravenna e Forlì Cesena è per me ipotesi concreta nel momento in cui essa possieda senso, forza, reale autonomia sulla base di deleghe piene e magari un mandato diretto degli elettori. Ma prioritariamente si definiscano ruolo e funzioni, altrimenti daremmo come politica tutta ancora una volta l’impressione di preferire discutere (con chi? dove? quando?) di scatole vuote per essere maldestramente ‘più realisti del re’ piuttosto che di quello che sta dentro. E non mi pare, alla luce di tale pericolosa assenza di informazioni e di certezze, sia da ascrivere a chissà quale merito o coerenza rispetto ai motivi per cui 20 anni fa era nata la Provincia di Rimini tra il consenso unanime il fatto che, secondo il Ministro Patroni Griffi, il territorio tra Rimini, Cesena, Forlì e Ravenna oggi è in buona sostanza l’unico in Italia a “volere proprio fare” la fusione. Siamo bravi e moderni noi, è conservatore, retrogrado, irresponsabile, ottuso il resto del mondo…”

Stefano Vitali