Indietro
menu
Provincia

Il consiglio dei ministri conferma: tagliata la provincia di Rimini

di    
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
ven 20 lug 2012 16:35 ~ ultimo agg. 00:00
Facebook Whatsapp Telegram Twitter
Print Friendly, PDF & Email
Tempo di lettura 3 min
Facebook Twitter
Print Friendly, PDF & Email

I nuovi enti dovranno avere almeno 350mila abitanti ed estendersi su una superficie territoriale non inferiore ai 2500 chilometri quadrati. La soppressione avverrà entro il gennaio 2014. Salve in Emilia Romagna Bologna, Parma, Modena e Ferrara (era in bilico); accorpate Reggio Emilia, Ravenna, Forlì-Cesena, Rimini e Piacenza.
Il capoluogo di una eventuale provincia unica romagnola, secondo quanto deciso dal Governo, sarebbe Ravenna.

“Ora la palla passa ai comitati regionali” – spiegano in una nota il presidente della provincia Vitali e il sindaco Gnassi“affinché questi criteri vengono tradotti nella pratica nel giro di un anno e mezzo, superando gli enormi problemi amministrativi e territoriali che questa razionalizzazione comporta.”
Che fine faranno, si chiedono gli amministratori, i centri per l’impiego, le scuole superiori, della formazione, il trasporto per l’handicap, i piani sovraordinati di urbanistica, l’agricoltura? “Passeranno ai Comuni e se sì con quale personale?”
E poi la questione delle partecipazioni negli asset strategici come Fiera, palas, aeroporto, Università. “A chi verranno trasferiti – si domandano Vitali e Gnassi – con tutto il carico, anche economico, di tale partecipazione azionaria?” Questioni prioritarie per il futuro del territorio.
Gli amministratori, pur dicendosi disposti ad una leale collaborazione, chiedono al Governo “meno superficialità e improvvisazione di quanto fatto finora, altrimenti il rischio è quello di creare danni talmente seri al nostro territorio da squilibrare anche il patto sociale che sinora è stato la chiave della nostra fortuna.”
“Un territorio che dovrebbe essere importante anche per il Paese.”
Nonostante la recente accelerazione sulla provincia romagnola unica, Gnassi e Vitali giudicano prematura ogni discussione su future architetture “visto che primariamente vengono le decisioni sui contenuti, vale a dire le funzioni, le risorse e il fondamento popolare.”
Lascia perplessi però il fatto che il Governo abbia addirittura già stabilito per decreto il capoluogo di una eventuale, nuova provincia accorpata. “Alla faccia – scrivono – di ogni federalismo e di ogni coinvolgimento territoriale.” 
Gnassi e Vitali contestano i criteri utilizzati nella razionalizzazione delle province. “La scelta di parametri statici (popolazione-territorio) che non leggono il dinamismo del territorio che nel nostro caso 16 milioni di presenze, un altissimo rapporto tra cittadini e imprese e altro di cui abbiamo parlato in questi giorni.
Il secondo aspetto è più di prospettiva e attiene ad un giudizio sulla considerazione del Governo nei confronti degli EELL, crediamo che non sfugga a nessuno che sembra sparita dal dibattito e dall’azione del Governo ogni ipotesi di razionalizzazione ed efficentamento dei vari Enti, Agenzie, e articolazioni varie dell’apparato Statale. Sempre in merito a questa seconda questione a questo punto diventa non più rinviabile chiudere il processo di federalismo demaniale. Non possiamo pensare di salvare il Paese solo togliendo alle Comunità Locali. Chi governa, compreso chi lo sostiene, deve pensare di dare alle comunità locali anche delle opportunità. La leale collaborazione o è reciproca oppure non è. Non ci si po’ inventare a Roma il capoluogo di un provincia che non c’è e non preoccuparsi di come funziona una propria agenzia decentrata.
Infine, con senso di responsabilità nei confronti della Comunità, porremo la massima attenzione alle conseguenze della riorganizzazione delle provincie nella dislocazione dei servizi forniti ai cittadini di competenza dello Stato, primo tra tutti la sicurezza e la difesa della legalità. Oggi solo grazie ad una presenza dei corpi dello Stato e a una intensa collaborazione in seno al Comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza riusciamo nei nostri territori, pur in presenza di tagli di uomini e mezzi, a tenere alta la guardia, se venissero meno le attuali condizioni la Comunità economica e sociale riminese ne riceverebbero un duro colpo e con essa l’intera regione.”