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Provincia Turismo

Tassa di soggiorno per le fogne. Fiavet: passo falso per il turismo

In foto: Nel dibattito sulla possibile introduzione della tassa di soggiorno si inserisce anche la Fiavet che, in rappresentanza delle agenzie turistiche, la definisce l'ennesimo passo falso per il turismo.
Nel dibattito sulla possibile introduzione della tassa di soggiorno si inserisce anche la Fiavet che, in rappresentanza delle agenzie turistiche, la definisce l'ennesimo passo falso per il turismo.
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mer 13 lug 2011 11:59 ~ ultimo agg. 00:00
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Nonostante le recenti aperture dell’Aia, secondo il vicepresidente Montanari l’imposta renderebbe ancor più insopportabili e gravosi gli effetti della crisi economica sulle imprese alberghiere. Secondo la Fiavet riminese non è possibile far ricadere sul turismo l’investimento necessario per la nuova rete fognaria. “Abbiamo già Iva e pressione fiscale maggiore dei nostri paesi concorrenti – spiega Monatanari – e non a caso la riviera ha già perso cospicue quote di mercato estero.” Se il turismo rappresenta la grande missione di Rimini come è possibile, si chiede il vicepresidente Fiavet, far pagare ai nostri ospiti e agli albergatori i costi di una grande operazione di risanamento ambientale?

La nota di Giovannino Montanari, vicepresidente Fiavet

Basterebbe conoscere un po’ la storia della Tassa di soggiorno e della sua applicazione per capire come una sua eventuale reintroduzione possa rappresentare l’ennesimo passo falso nelle vicende del nostro Turismo. Una tassa abolita, tutto sommato, recentemente, nel 1989. In realtà si trattava di una imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiavano nelle strutture ricettive situate sul territorio, da applicare secondo criteri di gradualità in proporzione alla loro classificazione, e che oggi come oggi dovrebbe ammontare da 0,5 a 5 euro per notte di soggiorno. Quindi si trattava di una imposta a carico dell’ospite che, con il passare del tempo, di fatto, venne inserita nel prezzo della ‘pensione completa’ o del prezzo del pernottamento.

Il turista che nei primi anni vedeva, al termine del soggiorno, aggiungersi nel proprio conto una strana imposta (dovuta a che cosa? all’impegno degli Enti Turistici, i quali spendevano gran parte del gettito nella promozione, cioè nell’invitarli a venire da noi?), apprezzò molto il fatto che successivamente questa imposta ‘sparisse,’ venendo inglobata nel ‘tutto incluso’ proposto dagli albergatori e dagli altri datori di alloggio.

Ci volle del tempo, ma alla fine scomparve dall’orizzonte. La pagavano di fatto gli albergatori senza infastidire l’ospite con un balzello allora da tutti definito anacronistico. Ma c’era di peggio. In tutte le località turistiche in cui si applicava l’imposta di soggiorno, l’applicazione e la riscossione era demandata alle Aziende di Soggiorno e agli Enti Provinciali per il Turismo (enti soppressi negli anni Ottanta): a quei tempi, una miriade di ispettori e controllori di questi enti erano impegnati in un sistematico accertamento dei turisti presenti in ogni albergo della nostra Riviera: i controlli erano frenetici, e giungevano, spesso e volentieri, al ‘conteggio’ degli ospiti presenti a tavola, all’ora di pranzo. Fu una delle pagine più ‘meschine’ (oltre che ridicole) della nostra vicenda turistica. Provate ad immaginare cosa succedeva nelle piccole pensioni quando all’ora del servizio (nel momento in cui gestori e dipendenti erano impegnati affannosamente a servire a tavola gli ospiti) giungevano, all’improvviso, gli ispettori a controllare, contare e verificare la corrispondenza tra il numero dei turisti registrati e quelli seduti a tavola… Scene che solo Fellini, in un ipotetico “Amarcord Due”, potrebbe far rivivere, in una sequenza di piccole ed imbarazzanti miserie umane, tristemente esilaranti. E non poco umilianti.
Non crediamo si voglia tornare a questo passato. Peraltro abbondantemente cancellato, pure nei ricordi dei protagonisti.
L’imposta ora, si dice, sarebbe da utilizzare per far fronte alle necessità di bilancio dei Comuni italiani: in realtà, renderà ancor più insopportabili e gravosi gli effetti della crisi economica sulle imprese alberghiere. Non solo: costituirà un “messaggio” (seppur piccolo) poco cordiale nei confronti dei nostri turisti potenziali.
L’Ente Locale non ha più risorse adeguate, non solo per la promozione ma, soprattutto, e questo è grave, per le infrastrutture. A Rimini mancano i soldi per una nuova rete fognaria, assolutamente indispensabile…
Dove trovare le risorse? Aggravando i costi alle imprese alberghiere? Abbiamo già, rispetto, ad altri paesi concorrenti costi maggiori (IVA e pressione fiscale in primo luogo): non a caso la riviera ha già perso, progressivamente, quote di mercato estero da capogiro.
Inoltre, e va fatto una volta per tutte, dobbiamo decidere, come comunità – Rimini in particolar modo – se il Turismo rappresenti, o meno, la grande missione di questa città, che in esso vede non solo una straordinaria fonte di benessere per tutti, ma anche la formidabile opportunità per stare nel mondo come grande modello di ospitalità. Un modello culturale di accoglienza e di ospitalità.
Come possiamo, dunque, far pagare ai nostri ospiti ed a una sola parte di cittadini (gli albergatori) i costi di una grande operazione di risanamento ambientale?
In una città che sceglie e riafferma la volontà di ospitare il mondo tutti i suoi abitanti, nelle giuste proporzioni, devono concorrere a sostenere il peso di un progetto globale così entusiasmante. Un progetto ed un destino che offre, e che può offrire ancor di più, benessere e cultura a tutti i concittadini.
P.S. C’è fortunatamente qualcosa che si può fare subito… senza pensare a nuove tasse. Ad esempio, potremmo, finalmente “battezzare” la nostra Riviera con un nome più appropriato, più accattivante, “più nostro”. E meno burocratico, dal sapore meno ufficiale. Attualmente la nostra denominazione è la seguente: “Riviera Adriatica dell’Emilia Romagna”. Altrove hanno scelto di chiamarsi semplicemente (e straordinariamente): Costa Brava. Tanto per citarne una.
Ora al Ministro Brambilla piace l’idea che la nostra riviera possa diventare la “Costa Rosa”.
E’ permesso, a questo punto, avanzare anche qualche altra soluzione? E non un’idea dell’ultimo momento: nel 2000 avanzai la proposta di presentarci al mondo come “Costa Amica”, appellandomi a qualcosa che gli altri ci hanno sempre riconosciuto… e che noi dovremmo sempre sostenere. Eravamo accoglienti e cordiali. E non solo per necessità. Qualcosa che non dovremmo mai dimenticare e portare sempre con noi, come si porta il nome di battesimo.
Preferite “Costa Rosa”? Vogliamo metterla ai voti? Ci sono altre idee?