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Referendum sull'acqua. Vitali attacca Hera: dichiarazioni discutibili

In foto: "Uno scivolone che rischia di lasciare strascichi nella relazione tra Hera e la comunità locale". Così il presidente della Provincia di Rimini commenta le parole dell'amministratore delegato Maurizio Chiarini, secondo cui una vittoria dei sì ai referendum metterebbe a rischio gli investimenti sulle reti idriche.
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gio 9 giu 2011 12:39 ~ ultimo agg. 00:00
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“Le parole spese martedì scorso a Rimini dall’amministratore delegato di Hera, Maurizio Chiarini, sono particolarmente discutibili e in controtendenza con la realtà dei fatti” spiega Vitali in una nota. “Gli investimenti pubblici di Hera sono tutti compresi all’interno dei piani tariffari approvati dalle ATO. Così è in Emilia Romagna, così è a Rimini che, infatti, alla fine del 2008 ha varato un corposo piano pluriennale di opere circa la riqualificazione della rete (all’interno, per esempio, c’è il raddoppio del depuratore di Santa Giustina) in base a precise tabelle di incrementi in bolletta. Dunque, un sacrificio per la comunità riminese, sopportabile esclusivamente a fronte di opere necessarie a migliorare la qualità del servizio e ambientale”.

Vitali poi richiama Hera alla sua missione originaria: “La società è nata primariamente per servire e proteggere i territori sul fronte dei servizi primari piuttosto che accumulare utili d’impresa – si legge nella nota. – Proprio in ragione di una franchezza di rapporto motivata dalla particolare ‘ragione sociale’ di questa azienda, giudico quello di Chiarini uno scivolone che non fa bene al dibattito sul referendum e soprattutto rischia di lasciare strascichi nella relazione con l’azionista di riferimento, che è senza dubbio l’intera comunità locale”.

La nota stampa del Presidente della Provincia di Rimini, Stefano Vitali

“Non faccio mistero di considerare particolarmente discutibili le parole spese martedì scorso a Rimini dall’amministratore delegato di Hera, Maurizio Chiarini, in merito al quesito referendario riguardante la risorsa idrica. Soprattutto considerazioni in controtendenza con la realtà dei fatti. Sostenere che la vittoria del sì metterebbe a rischio gli investimenti sulle reti idriche cozza con le decisioni prese dai territori in regione sulla base di un assunto inderogabile: gli investimenti pubblici di Hera sono tutti compresi all’interno dei piani tariffari approvati dalle ATO. Così è in Emilia Romagna, così è a Rimini che, infatti, alla fine del 2008 ha varato un corposo piano pluriennale di opere circa la riqualificazione della rete (all’interno, per esempio, c’è il raddoppio del depuratore di Santa Giustina) in base a precise tabelle di incrementi in bolletta. Dunque, un sacrificio per la comunità riminese, sopportabile esclusivamente a fronte di opere necessarie a migliorare la qualità del servizio e ambientale. Non solo: in un contesto anche internazionale (si veda il processo di ‘ripubblicizzazione’ dell’acqua in Francia) in cui le aziende a proprietà pubblica del territorio riprendono in mano la gestione della risorsa idrica, vi è un indiscutibile vantaggio di Hera, che rappresenta anche una garanzia per la nostra area, nel passare dal meccanismo delle gare all’affidamento in house.
Le dichiarazioni di Chiarini- magari anche motivate da riferimenti a situazioni più larghe e generiche- rischiano di fare confusione su un tema delicatissimo, perché incide sensibilmente sia sulla qualità ambientale del territorio sia sulle tasche di famiglie e imprenditori. Non solo: potrebbero alimentare l’impressione di una divaricazione della mission della società, nata primariamente per servire e proteggere i territori sul fronte dei servizi primari piuttosto che accumulare utili d’impresa.
Pur in presenza di un contesto legislativo nazionale contraddittorio, pur consapevoli del lavoro profondo e sistematico che Hera porta avanti anche sul territorio riminese, proprio in ragione di una franchezza di rapporto motivata dalla particolare ‘ragione sociale’ di questa azienda, giudico quello di Chiarini uno scivolone che non fa bene al dibattito sul referendum e soprattutto rischia di lasciare strascichi nella relazione con l’azionista di riferimento, che è senza dubbio l’intera comunità locale”.