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Cattolica Politica

Cimino (PDL): vendita azioni in pegno a Cassa Risparmio Cesena, atto sciagurato

In foto: La Cassa di Risparmio di Cesena mette in vendita le azioni di Romagna Acque che Cattolica aveva dato come pegno per la situazione debitoria, e la città rischia sempre più il fallimento. La denuncia arriva dall'ex capogruppo del PDL Cono Cimino:
La Cassa di Risparmio di Cesena mette in vendita le azioni di Romagna Acque che Cattolica aveva dato come pegno per la situazione debitoria, e la città rischia sempre più il fallimento. La denuncia arriva dall'ex capogruppo del PDL Cono Cimino:
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sab 27 nov 2010 17:03 ~ ultimo agg. 00:00
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la Giunta Tamanti, spiega Cimino, non solo ha gestito in modo sconsiderato la vicenda dei debiti legati alla Fondazione Stella Maris, risalenti al ’99, ma non ha minimamente concertato le scelte con le altre forze politiche. La vendita delle 11.000 azioni, per un valore di 6 milioni di euro, risolve il debito con la Cassa di Risparmio di Cesena ma ora, ricorda Cimino, non rimane più niente per il debito con l’Unicredit, stimato in 5 milioni.

Il comunicato di Cono Cimino:

In questi primi giorni di dopo-Tamanti l’aria che si respira in Città è sempre più quella di “day after”, di una cittadinanza attonita che non riesce a capacitarsi di quanto successo e di come sia stato possibile che una classe dirigente si sia potuto dimostrare così inadeguata.
L’ulteriore prova della incapacità al dialogo ed a progetti che superassero l’immediata
contingenza è testimoniata dalla messa in vendita da parte della Cassa di Risparmio di Cesena delle oltre 11.000 azioni di Romagna Acque (per un controvalore di circa 6 milioni di euro) che il Comune di Cattolica aveva dato in pegno a garanzia degli affidamenti concessi alla Fondazione Regina Maris nell’ormai lontano 1999. Una situazione debitoria, quella della Fondazione, ormai nota da anni, che non faceva dormire sonni tranquilli ai precedenti Amministratori per le loro possibili
responsabilità dell’enorme “buco” finanziario creato, che ha prima ereditato la Giunta Pazzaglini da quella Micucci ed infine quella Tamanti da Pazzaglini. Le opposizioni hanno sempre chiesto chiarezza in proposito ma le uniche risposte fornite dall’allora Assessore al Bilancio Antonio Gabellini erano state improntate all’ottimismo ed al fatto che ci “dovevamo fidare” di quanto egli stava facendo, cercando di gestire la partita debitoria con la Cassa di Risparmio di Cesena unitamente a quella con Unicredit per chiudere in un colpo solo le due situazioni con la vendita delle sole azioni di Romagna Acque. Si cercava di operare come in una situazione fallimentare in cui si cerca di tacitare i creditori pagando loro solo una parte del debito originario. Ma di tutte queste trattative la Città non ha mai saputo nulla di preciso. All’atto del suo insediamento l’Assessore Gianfranco Tonti ed il Sindaco Tamanti sono stati pungolati più volte su questa
partita, sia in seno alla Commissione Consiliare che in Consiglio Comunale, ma il ritornello è stato ancora una volta lo stesso: “vi dovete fidare, ci stiamo lavorando”.
Il risultato di questa mal riposta fiducia e di questo presunto lavoro è stata la non concertazione con gli altri Enti e con le Banche. Di fatto con la vendita di queste azioni si chiuderà sì il buco con la Cassa di Risparmio di Cesena, ma non quello con Unicredit, che dovrebbe essere di oltre 3,5 milioni di euro più interessi dal 1999 (presumibilmente vicino ai 5 milioni di euro!). Usiamo il condizionale perché non ci è mai stata rappresentata chiaramente la situazione di bilancio della Fondazione e le cifre le abbiamo dovute desumere dai diversi decreti ingiuntivi che arrivavano in Comune dalle Banche creditrici!
Ma cosa hanno fatto Tonti e Tamanti in questi mesi? Sono stati supini ad aspettare che gli
eventi precipitassero! Hanno evidentemente lasciato che la situazione si incancrenisse senza
rendersi conto che non si poteva ancora tergiversare menando il can per l’aia con le banche e tacendo il tutto alla Città. Siccome siamo stati spesso tacciati di irresponsabilità nel mandare Tamanti a casa, come definire questo comportamento tenuto da Tonti e Tamanti se non irresponsabile? Perché le ripercussioni non sono solo politiche: se si dovesse rendere necessario pagare ad Unicredit una cifra di questa portata il Comune non rischia la bancarotta ma di sicuro il raggiungimento del patto resta una chimera! Quante altre sorprese ci dobbiamo aspettare sotto l’albero? Quali altri cambiali da pagare? Sappiamo ad esempio dei 600.000 euro della Finanziaria Saccarifera Italo Iberica e dei 500.000 euro della Villa Fulgida. Ancora una volta agli slogan di Tamanti sulla volontà di trasparenza e di Tonti sulla efficienza della Pubblica Amministrazione ha fatto seguito solo un preoccupante pressapochismo gestito male, senza che fosse reso pubblico, e finito, purtroppo per noi, ancora peggio!