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Cronaca Provincia

Visti fasulli e finta scuola di cucina. Smantellata associazione a delinquere

In foto: 87 indagati e 30 misure cautelari. È il bilancio dell'operazione portata avanti dai carabinieri del nucleo investigativo e dell'ispettorato del lavoro di Rimini coordinati dal sostituto procuratore Paola Bonetti. Smantellata un'organizzazione dedita al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
87 indagati e 30 misure cautelari. È il bilancio dell'operazione portata avanti dai carabinieri del nucleo investigativo e dell'ispettorato del lavoro di Rimini coordinati dal sostituto procuratore Paola Bonetti. Smantellata un'organizzazione dedita al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
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mar 20 apr 2010 13:49 ~ ultimo agg. 00:00
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Pagavano fino a 15mila euro, vendendo tutti i propri beni, per arrivare in Italia con un visto di lavoro fasullo, con la compiacenza di imprenditori di diverse regioni.
L’operazione Flow Connection dei Carabinieri di Rimini, partita due anni fa ha portato a 29 misure cautelari in carcere ed una ai domiciliari, di cui 23 eseguite, a carico di italiani, nordafricani e bangladesi. 11 in provincia di Rimini. 87 in totale gli indagati. Le indagini hanno appurato che agivano due distinti gruppi: uno nordafricano ed uno del Bangladesh. Ai vertici del primo, un imprenditore tunisino del settore del giardinaggio, residente a Rimini, punto di riferimento per aggirare le leggi sull’immigrazione, ed un egiziano, titolare di un pub nel riminese, che procurava lavoro ai connazionali in cambio del 60% dello stipendio. Per lui anche l’accusa di riduzione in schiavitù; nel suo locale sfruttava 12 stranieri irregolari. Entrambi realizzavano finte richieste di autorizzazione al lavoro. Il gruppo bangladese, era invece più organizzato. Costituito da 32 persone in tutta la penisola, avrebbe fatto arrivare in Italia 1478 stranieri. Tre i livelli: reclutatori in Bangladesh, organizzatori che facevano da tramite con gli imprenditori residenti in Italia. Questi presentavano in prefettura domande fittizie di manodopera straniera, per poi cancellarle una volta ottenuti i compensi. I militari hanno anche accertato che un’agenzia di lavoro interinale della catena “Manpower” fungeva da copertura per non attirare i sospetti dei consolati nella fase di concessione dei visti d’ingresso in Italia. Gli immigrati pagavano da 5 a 15mila euro. Tre imprenditori, due riminesi ed uno di Pesaro, avevano anche creato una scuola di cucina per extracomunitari, con regolari permessi ma mai veramente avviata, per velocizzare il rilascio dei visti d’ingresso. Coinvolti anche 4 imprenditori calabresi. Le indagini hanno anche appurato che gli stessi immigrati, tranne qualche eccezione, erano consapevoli che arrivati in Italia non avrebbero trovato veramente un lavoro.

Newsrimini.it

(nella foto Bove, un momento della conferenza stampa)

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