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Misano Vita della Chiesa

La visita pastorale del vescovo Lambiasi. La parrocchia di Misano Mare

In foto: La tappa della visita pastorale del vescovo di Rimini, monsignor Francesco Lambasi, alla parrocchia di Misano Mare (1-6 marzo).
La tappa della visita pastorale del vescovo di Rimini, monsignor Francesco Lambasi, alla parrocchia di Misano Mare (1-6 marzo).
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mar 9 mar 2010 09:48 ~ ultimo agg. 00:00
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La scheda storica:

La parrocchia Immacolata Concezione nasce dallo smembramento della chiesa madre dei Santi Biagio ed Erasmo. Con il decreto del 14 ottobre 1955, il vescovo di Rimini, Biancheri, erige l’autonomia della chiesa di Misano al mare e ne stabilisce i confini. Della pastorale di questo nuovo territorio si occupa il cappellano di Misano, don Gino Bruscoli che fin dal 1942 si trasferisce presso la località il Convento, ospite dei frati Gerolomini presenti dalla fine dell’800. Per vedere la posa della prima pietra dell’attuale parrocchia si deve aspettare il 1960, la fine dei lavori avverrà nel ’65 anno dell’inaugurazione. Don Gino rimarrà parroco dell’Immacolata Concezione fino alla sua morte avvenuta nel 1988, suo successore e attuale parroco è Don Marzio Carlini.
La chiesa dell’Immacolata Concezione conserva pregevoli opere d’arte, fra le quali spicca la “Santa Barbara” di autore anonimo allievo del Guercino e il crocifisso su tavola sagomata di scuola riminese del trecento. Singolare la sua storia. Il crocifisso proviene dall’Oratorio di San Michele dell’Agina, quando fu scoperto si accese una disputa sulla proprietà che sfociò nella sparizione dell’opera che ricomparve solo qualche anno fa. Al suo restauro (compiuto nel 1994) è seguito il ritorno a Misano con la definitiva ricollocazione nella chiesa parrocchiale dell’Immacolata Concezione.
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Il servizio di Icaro Rimini tv

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Le pagine del settimanale Il Ponte:

Intervista a don Marzio Carlini, parroco dell’Immacolata Concezione di Misano mare.

Una comunità divisa dalla ferrovia, dalla stagionalità, ma che vuol essere famiglia

Un po’ schizofrenici, ma ricchi di voglia

Seppur “corto” l’inverno è sempre ricco di attività e di speranze

DOVE, nel primo dopoguerra, si stendevano solo dune di sabbia e cespugli di tamerisco, oggi sorgono eleganti quartieri per più di 5000 abitanti residenti e per decine di migliaia di turisti: Misano Centro, Brasile, Portoverde, Belvedere. L’80% delle costruzioni è costituito da alberghi, pensioni, ristoranti, residence… e da tutto ciò che serve al turismo estivo.

Così Misano Adriatico è diventato quel segmento di litorale che congiunge Cattolica con Riccione, senza soluzione di continuità, e che costituisce la grande “città del Litorale”, dal Tavollo al Rubicone.

Sottratta alla cura pastorale della chiesa madre di Misano Monte (che oggi appare assai lontana da Misano Adriatico), nel 1955 la parrocchia Immacolata Concezione ha posto le sue fondamenta a servizio (allora) di una popolazione che raggiungeva già le 2000 unità.

La struttura parrocchiale sorge nel centro storico di Misano, ma col grave handicap della ferrovia che divide in due l’abitato, e con sottopassi che non favoriscono un rapido scambio fra le due parti. Per i quartieri di Brasile e Portoverde si è dovuto provvedere alla costruzione di chiesette per un servizio religioso più accessibile, mentre per Belvedere si utilizza la chiesa del “Convento” (S. Girolamo), anche se decentrata rispetto al quartiere.

A servire pastoralmente la parrocchia in questi ultimi 22 anni c’è stato (e ci sarà ancora) don Marzio Carlini, ricco dell’esperienza missionaria in Zambia.

“Ventidue anni sono molti e rischiano di logorare la fantasia, la freschezza delle iniziative pastorali… consumano le forze e portano acciacchi e mi fanno sentire inadeguato ai sempre maggiori impegni che richiede una parrocchia come questa, soprattutto riguardo al mondo giovanile, così numeroso e ricco di possibilità, ma così sfuggente e difficile da incontrare”.

Abbiamo iniziato questa nostra conversazione con una nota di difficoltà che assomiglia a quella di tante (di tutte) altre parrocchie. Ma don Marzio di energie ne ha ancora tante. E poi quello che conta per un prete è “essere prete fino in fondo”. Questo, prima di tutto, chiede la gente.

“Ma c’è anche un’altra nota di difficoltà, comune, penso, a tutte le parrocchie del litorale: la vita delle nostre parrocchie è pesantemente condizionata dalla stagione estiva, cioè da maggio a ottobre. Durante l’estate la gente sembra dimenticarsi di essere cristiana; la maggior parte delle famiglie, impegnate nel turismo, vengono disunite dal lavoro, con orari impossibili e gravi conseguenze sulla vita familiare e sull’educazione dei figli… L’inverno poi è troppo corto, a volte, per fare in tempo a recuperare le energie spirituali necessarie per affrontare una nuova estate. Così il circolo si fa vizioso”.

Estate e inverno: questa schizofrenia che accomuna tutto il Litorale, in tutti gli aspetti della vita sociale. E tuttavia l’inverno è pur sempre ricco di attività e di speranze. E nella parrocchia la gente cerca quell’unità familiare che purtroppo l’estate mette in discussione.

“Effettivamente quel 15-20% di popolazione che frequenta la parrocchia nel periodo invernale cerca di dare il meglio di sé. Da parte mia vorrei tanto che la gente percepisse che la parrocchia è la casa di tutti. Proprio per questo scopo ho scelto di non avere familiari con me, per far sentire ai parrocchiani che la mia casa è anche la loro casa, che in parrocchia possono incontrare nel parroco il padre, l’amico, l’uomo disponibile a tutti… che loro sono la mia famiglia. Così anche la visita pasquale ad ogni famiglia diventa il saluto, la benedizione e, laddove è necessario, l’incoraggiamento, la parola di conforto per sentirci tutti membri della famiglia parrocchiale.

Anche nelle cose più tecniche (come l’economia), o nelle scelte pastorali (come la catechesi, la liturgia e la carità), cerchiamo la partecipazione di tutti, coinvolgendo i vari organismi: il Consiglio Pastorale, il Consiglio amministrativo, i Catechisti, il gruppo liturgico, la Segreteria dei giovani…

La nostra Comunità si trova così impegnata a dovere animare, con le forze disponibili, coloro che vivono la fede e allo stesso tempo essere segno e testimonianza per i lontani”.

Il primo passo per costruire e animare una “famiglia” parrocchiale è l’annuncio del Vangelo, che si realizza, di consueto, attraverso la catechesi…

“Sicuramente la catechesi è un momento forte e privilegiato di annuncio, soprattutto per i bambini ed i ragazzi dell’iniziazione cristiana. Nella nostra parrocchia è rivolta a quella fascia di età che va dalla seconda elementare alla terza media.

Gli incontri dei bambini di seconda elementare incominciano in Quaresima e terminano alla fine di aprile, quel tempo necessario per aiutarli a scoprire i segni della presenza del Signore ed inserirli nella vita della comunità. In terza elementare i bambini vengono preparati alla prima Confessione, in quarta alla prima Comunione e dalla quinta agli inizi della seconda media vengono preparati alla Cresima.

Agli incontri di catechesi però si affiancano momenti ricreativi, feste, gite, rappresentazioni teatrali, campeggi… con lo scopo, oltre che educativo, di coinvolgere i genitori.

I catechisti poi, cuore della parrocchia (e mio), si incontrano settimanalmente, alternando momenti di preghiera con momenti di formazione e programmazione.

Alla catechesi di iniziazione fa seguito la catechesi giovanile, che costituisce la mia grande preoccupazione, e la catechesi familiare, a cominciare dai fidanzati, ai genitori dei ragazzi di catechismo e alle coppie del gruppo famiglie”.

Dalla catechesi alla liturgia. Ovviamente, parlando di parrocchia, intendiamo la liturgia domenicale.

“La domenica, per noi sacerdoti, è il giorno più bello, non solo perché è il giorno del Signore, ma anche perché il parroco può sentirsi padre, maestro e guida… Il giorno in cui viviamo e tocchiamo con mano la vita della Comunità, che vediamo e amiamo come la nostra famiglia. È il giorno in cui i praticanti esprimono il vertice della loro vita di fede, ma anche il giorno in cui verifichiamo quella scarsa frequenza che ci fa soffrire.

È durante la liturgia domenicale che nella nostra Comunità vengono celebrati i vari segni del cammino della vita parrocchiale e catechistica: è nella messa domenicale che i bambini, che iniziano il catechismo, vengono presentati a tutta la comunità, o viene consegnato loro il Vangelo o il Padre nostro, o viene fatta la prima Comunione… È alla domenica che si celebrano gli anniversari di matrimonio o i vari gesti della carità cristiana. La domenica è il giorno della nostra fraternità, partecipazione e condivisione”.

La carità fraterna non può restare chiusa nella sola Comunità. Come si esprime al di fuori?

“La parola di Gesù: «ama il prossimo tuo come te stesso» ci spinge a misurarci con tutte le situazioni di bisogno che si presentano alla parrocchia. Purtroppo l’amore=caritas non ha ancora il posto che merita. Uno dei fenomeni che più ci ha provocati è stato il continuo venire alla parrocchia di forestieri, immigrati in cerca di lavoro e di casa. In alcuni giorni è una fila continua. Questo richiede tanto tempo e pazienza, contatti coi datori di lavoro, con l’Ufficio di collocamento, con l’Ufficio immigrazioni per la regolarizzazione dei clandestini…

C’è stata un’esperienza ben riuscita: quella di offrire un pasto a mezzogiorno a chi non sapeva dove poter mangiare. Ciò è stato possibile grazie alla bella e generosa partecipazione di diversi alberghi della nostra Misano, che a turno offrivano i pasti che poi venivano consumati qui in parrocchia.

La nostra caritas non ha bisogno di mezzi economici: questi la Provvidenza li manda. Ciò di cui abbiamo bisogno è la disponibilità di persone per l’ascolto, persone che credano in questi ideali di fraternità”.

Come terminare la nostra conversazione con un prete missionario senza uno specifico riferimento allo spirito missionario nella parrocchia attuale?

“In parrocchia c’è un gruppo missionario che si esprime con una vivace presenza. È legato a quello di Riccione nelle grandi iniziative, come il Campo Lavoro e la spedizione di containers.

Inoltre, data la mia esperienza in Zambia, abbiamo legami di collaborazione con Livingstone, con la Casa Famiglia della Papa Giovanni a Ndola, e soprattutto con l’Azienda Agricola a Ncombwe, realtà che abbiamo tirato su dal nulla, affidandola ad un giovane zambiano che ha studiato agraria da noi. Si tratta di un’azienda di 50 ettari, fornita di tutto il necessario: casa, pozzo, trattore, mulino, zappatrice… ed ora anche una scuola elementare. Ultimamente la parrocchia ha finanziato la costruzione di un piccolo ospedale nella missione di Sichili”.

Forse gli “operai” sono pochi per tanto lavoro da fare, qui e altrove. Ma i frutti sono e saranno insaporiti dalla perseveranza e dalla buona volontà… soprattutto frutti “giovani” e pieni di fresco entusiasmo.

Egidio Brigliadori