Indietro
menu
Rimini

Ric. pubblichiamo. Il giornalista Marziani per salvaguardia Corderia Viserba

In foto: Il giornalista riminese Michele Marziani interviene sul futuro dell'ex Corderia di Viserba con un intervento dal titolo "Più memoria e meno cemento per la corderia di Viserba".
Il giornalista riminese Michele Marziani interviene sul futuro dell'ex Corderia di Viserba con un intervento dal titolo <a href=http://www.biraghi.org/michelemarziani/archives/015576.html target=_blank>.">
di    
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
gio 27 set 2007 12:56 ~ ultimo agg. 30 nov 00:00
Facebook Whatsapp Telegram Twitter
Print Friendly, PDF & Email
Tempo di lettura 2 min
Facebook Twitter
Print Friendly, PDF & Email

Riminizzare, secondo il Dizionario ragionato della lingua italiana di Angelo Gianni e Luciano Satta, significa deturpare il paesaggio con troppo cemento. A Rimini, ovviamente, questa parola non piace. Ma è vera. A nord di Rimini c’è Viserba, una frazione che era di sabbie e orti, dune sull’Adriatico e un’antica fossa per mulini. Poi la fonte Sacramora: tre rubinetti per prendere l’acqua buona, ci si andava in bicicletta con le taniche, lo faceva anche mio nonno. Roba che ho visto anch’io, mica cose di tanti secoli fa. Oggi è una periferia con case che si moltiplicano a vista d’occhio, strade che si intasano di traffico, servizi che non funzionano. Poi c’è la vecchia Corderia, la fabbrica di corde, il campo di concentramento di Rimini dopo l’8 settembre del 1943. L’hanno tenuto i tedeschi, poi gli americani ci hanno fatto altro. Un luogo che è magia d’infanzia, con disegni (affreschi qualcuno li chiama, ma sarebbe più corretto pensare ai moderni graffiti), avanzi di lavori antichi, caseggiati cadenti che a guardarli danno una stretta al cuore, frammenti di Novecento e di prima ancora dentro a un polmone verde, l’unico che ancora resiste a lato di case e casette. Bene, anche qui ci faranno abitazioni e altra edilizia, persino l’inutile sede dell’ancor più inutile quartiere, dove i “governanti” allargano le braccia e ti dicono che è già deciso, che è il mercato, che è… Capito, capito: farà la fine del tabacchificio scomparso per far posto a un palazzone che ha pure velleità architettoniche o della fornace Fabbri espropriata per la collettività e trasformata in affare per palazzinari. Rimini è città che soffoca di cemento e di mancanza di memoria. Di prima del turismo non si ricorda nulla, delle vie d’acqua nel borgo Sant’Andrea, dell’Ausa il fiume prima ucciso di inquinanti e poi sotterrato per non sentire la puzza. Si preserva qualche barlume d’antico in modo un po’ bizzarro pure, si sbarra una strada per metterci una porta del passato che lì non c’era più da tempo: un passaggio perché non si passi più. Della Rimini prima dei bagni e dei bagnini non resta ricordo, non una traccia, non un brandello.
Allora se è vero che l’inutilità di altre case a Viserba è inevitabile si potrebbe evitare di allargare le braccia e invece cogliere l’occasione, se ancora c’è occasione, per pensare ai pochi spazi della Corderia vincolati dalla sovrintendenza per farne un luogo di memoria, mi verrebbe da dire museo, ma suona come un posto vuoto. No, un luogo vivo di memoria, che raccoglie le fotografie, le testimonianze (ci sono ancora anziani che ricordano della Corderia e della guerra, ma non ci saranno ancora a lungo…), i sogni e i segni di generazioni che non avrebbero capito tutte queste case, che hanno piegato la schiena alla fame e lottato, nel privato, ma anche nella vita pubblica, accarezzando le promesse della modernità. Fatene un parco etnografico moderno (non quelle robe con le corna di bue, il calesse e la paglia) del poco che non si costruirà della Corderia, un luogo che ricordi il passato e la gente del passato. E gli anni della guerra e della fame. Fatene almeno il luogo della memoria, invece del trionfo dell’ignoranza urbanistica.