Centinaia di foto per raccontare una storia taciuta per molto tempo. Quella dei soldati italiani che nel ’43, dopo l’armnistizio, rifiutarono di aderire alla Repubblica di Salò e accettarono invece fame, freddo e violenza nei lager tedeschi. 716 mila i militari catturati e trasportati nei campi di concentramento, ammassati in vagoni bestiame, senza cibo ne acqua. Solo 100mila quelli che accettarono di collaborare coi nazisti, nella speranza di poter tornare a casa. La storia dei 600mila rimasti, e dei 50mila morti, sarà raccontata fino al 28 ottobre al Palazzo dell’Arengo di Rimini nella mostra Prigionieri per la Libertà.
A scattare le foto in mostra il tenente Vittorio Vialli, geologo, catturato a Istmia e deportato nei campi di concentramento tedeschi e polacchi. Lui, con la sua macchina fotografica tenuta ben nascosta, è stato in grado di documentare vita e atrocità dei lager. La mostra, pensata come itinerante e dedicata in particolare ai giovani delle scuole, alterna foto e oggetti: tra questi uno dei due unici esemplari esistenti di altari da campo e Radio Caterina, una di quelle costruite in prigionia. Prigionia che finora non ha avuto riconoscimenti: nessun indennizzo infatti è giunto dalla Germania ai militari imprigionati. Forse a breve, e con ritardo, sarà l’Italia a riconoscere loro almeno una medaglia al valore.
Durante il periodo di allestimento della mostra saranno raccolte anche offerte per consentire ai giovani delle scuole di visitare i lager. Quanto donato confluirà nell’apposito fondo del comune.