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Politica Rimini

Partito Democratico e Rifondazione in giunta. Pari (Pdci) risponde al sindaco

In foto: Dopo le dichiarazioni del Sindaco di Rimini Alberto, da noi pubblicate ieri, relative al Partito Democratico e al rientro di Rifondazione in Giunta Eugenio Pari, capogruppo dei Comunisti Italiani in consiglio comunale, risponde con una lettera aperta al primo cittadino:
Dopo le dichiarazioni del Sindaco di Rimini Alberto, da noi pubblicate ieri, relative al Partito Democratico e al rientro di Rifondazione in Giunta Eugenio Pari, capogruppo dei Comunisti Italiani in consiglio comunale, risponde con una lettera aperta al primo cittadino:
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sab 21 apr 2007 18:29 ~ ultimo agg. 30 nov 00:00
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“Le dichiarazioni del Sindaco Ravaioli apparse su diversi organi di informazione
prendono le mosse da uno spirito unitario autentico. Sono note le riserve dei
Comunisti Italiani rispetto alla nascita del Partito democratico e penso che
dal nostro Congresso nazionale, che si terrà a Rimini dal 27 al 29 aprile,
possano scaturire alcune proposte per la ricerca di strade in grado di unire la
sinistra, una ricerca su cui sono anche impegnate le compagne e i compagni
dell’ormai disciolto Partito dei democratici di sinistra che hanno scelto di
non aderire al Pd.
È noto anche che i Comunisti Italiani non sono stati contrari all’ingresso di
Rifondazione in Giunta, anche perché ciò potrebbe significare un ulteriore
rafforzamento della sinistra all’interno della compagine governativa riminese.
Dobbiamo però dirci con estrema franchezza che occorrerà confrontarsi con la
città e con le Organizzazioni sindacali per recuperare gli effetti di questa
scelta che è parsa contraddittoria in quanto mentre si procedeva con
l’approvazione delle modifiche statutarie per consentire l’allargamento della
Giunta si chiedeva a lavoratori e pensionati di sostenere uno sforzo attraverso
l’applicazione dell’addizionale Irpef, una scelta quest’ultima non condivisa da
noi Comunisti Italiani.
Le diversità all’interno della coalizione sono un dato di fatto. Esse sono
prima di tutto ideali e culturali, classificarle quindi come “volontà di
coltivare il proprio orticello elettorale” rischia di sembrare un atteggiamento
di presunta superiorità culturale anziché la disponibilità al dialogo e alla
sintesi dell’articolazione di posizioni presenti all’interno del
centrosinistra. Questo atteggiamento di presunta superiorità sarebbe più
rispondente ad una interpretazione del governo come fine, non come invece la
sinistra ha sempre ritenuto di “governo come mezzo” per l’emancipazione delle
classi subalterne all’interno di proposte valide per tutta la società.
Sostenere che nella coalizione vi sono forze rinchiuse all’interno di steccati
ideologici o peggio, che la sinistra sia avulsa da una cultura di governo,
rischia di creare un modello politico che si sacrifica sull’altare della
tecnocrazia con l’obiettivo dell’autoriproduzione di una classe dirigente.
È necessario dare risposte alle contraddizioni della società e, qualora
occorra, sostenerne il peso con battaglie all’interno delle Istituzioni.
Politica di “lotta e di governo” per noi non è un vuoto slogan massimalista e
tanto meno una offesa, è un insegnamento che trae le sue origini dalla
tradizione del comunismo italiano e del movimento dei lavoratori. È quella
iniziativa politica che va rinnovata e che ha reso possibile livelli elevati di
qualità della vita nelle zone governate dalla sinistra e dal PCI e ha
consentito, sebbene il PCI fosse all’opposizione, un generale avanzamento della
società italiana. Ora, questi livelli di benessere rischiano di essere
compromessi a causa della una crisi generale che sta attraversando il Paese,
una crisi a cui comunque il governo Prodi e la maggioranza di centrosinistra
fra cui i comunisti italiani, sia pure con dei limiti, stanno cercando di porre
rimedio.
Leggendo Gramsci abbiamo imparato a suo tempo che la sinistra in Italia non
potrà mai vincere e quindi raggiungere il governo per applicare il proprio
programma di democrazia sostanziale. Ma è anche vero che la parte moderata che
non si riconosce nel neoliberismo e nel disegno restauratore del centrodestra
da sola non ce la fa. Io penso che stare all’interno di una coalizione non
debba essere vissuto come una condanna, penso invece debba essere vissuto con
lealtà e rispetto, nella consapevolezza che sono di più le cose che ci uniscono
che quelle che ci dividono. I nostri partiti sono gli eredi di quei grandi
partiti popolari che scrissero la Costituzione repubblicana nata dalla
Resistenza, aprendo così una nuova pagina di democrazia in Italia, e che ai
principi fondanti della Carta ancora fanno riferimento.
È assolutamente legittimo pensare che le risposte alle richieste di unità si
possano trovare con la costruzione del Pd. Unità però non vuol dire unicità,
quindi, credo, l’obiettivo di quei partiti e di quei soggetti che non si
riconoscono in tale disegno e che si definiscono di sinistra è quello di dar
vita a percorsi che possano ricomporre il variegato scenario della sinistra
italiana. Non si tratta di attingere alle radici per produrre una proposta
nostalgica e quindi sterile. Si tratta di dare vita ad un soggetto aggregativo
di sinistra che parta dal lavoro, dalla pace, dall’ampliamento dei diritti,
dalla sostenibilità delle scelte, dal rispetto dell’ambiente e dalla laicità
per mantenere aperta in Italia la proposta di una alternativa di società.”