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Rimini al cinema. Lunedì doppia proiezione al Fulgor

La presentazione dei film a cura dell’organizzazione:
“Femmine folli” del 1921 interpretato da Eric von Stroheim insieme a Maude George, Mae Busch, Rudolph Cristians, Miss Dupont, Cesare Gravina.
La storia si concentra sulle losche trame del conte Sergius Karamzin che, insieme a due cugine, Olga e Vera, affitta una villa a Montecarlo e stringe amicizia con il diplomatico americano Andrew J. Hughes. Il conte corteggia la moglie del diplomatico mentre questi scopre che le due cugine barano al casinò. Hughes comprende l’imbroglio del conte e lo sfida a duello. Femmine Folli è un’ apologia sulla meschinità umana e sulla falsità del mondo, rappresentati dal regista con sconvolgente realismo. In una città finta al pari di Hollywood (Stroheim fa ricostruire meticolosamente negli studi della Universal il Principato di Monaco, investendo una fortuna), attraverso la creazione di un universo fittizio, Stroheim smaschera l’ipocrisia insita nell’uomo e nel mondo. Si serve della falsità per parlare di essa. L’originalità, lo spessore, la spietatezza di questo film sono incredibili ancora oggi.
“La damigella d’onore” di Claude Chabrol con Benoit Magimel, Aurore Clement, Laura Smet, Isolde Barth, Thomas Chabrol, Isabelle Mamere, un film presentato fuori concorso alla Mostra del cinema di Venezia nel 2004.
Il film è ambientato a Nantes, nella provincia francese, dove si sposa la sorella di Philippe, un aitante agente immobiliare. Al ricevimento, il giovane resta folgorato dal fascino intrigante e dalla bellezza enigmatica di Senta, damigella d’onore e aspirante attrice. Da quel momento la passione divampa fra i due ma, a poco a poco, scopriamo che Senta ha il vizio di mentire, e senza una ragione apparente. Progressivamente, la ragazza attira Philippe in un mondo dove vengono a mancare tutti i punti di riferimento.
Tratto dal romanzo di Ruth Rendell, La Damigella d’onore è un film intelligente per i dialoghi, i personaggi e l’ ambiente. La mano esperta del grande regista francese delinea con eleganza una storia d’amore e di follia, una follia che sempre si genera da un’interpretazione morbosa dei sentimenti dai quali, sembra, non possa che scaturire un sovraumano senso del possesso. Il finale è degno del miglior Hitchcock, autore a cui spesso Chabrol è stato accostato.