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La scarpa italiana in crisi. Ma a San Mauro la qualità paga ancora

in 5 mesi, rileva l’ISTAT, il settore ha perso 6mila posti di lavoro. E il nemico ha sempre più gli occhi a mandorla: la Cina, che unisce un’accresciuta competenza a un basso costo del mercato del lavoro, è un concorrente sempre più pericoloso.
Soprattutto, ricordano gli operatori del settore, se non si valorizza e protegge adeguatamente il marchio made in Italy.
Ma quanto questa crisi tocca il settore calzaturiero di San Mauro, uno dei più importanti d’Italia?
La contrazione si sente anche nel Rubicone, anche se con proporzioni ancora contenute: nel 2003 l’esportazione si è limitata a un terzo della produzione, mentre in passato superava la metà.
A livello di personale, se non si registrano cali, è però sempre più difficile confermare i lavoratori assunti a tempo determinato. A salvare il distretto è l’alta qualità dei prodotti, che ne fanno un settore di nicchia ancora immune dalla crisi generalizzata.
A spiegarlo è Luciana Garbuglia, ex sindaco di San Mauro e oggi assessore alle Attività Produttive della Provincia di Forlì Cesena. La tenuta del distretto del Rubicone contro la concorrenza estera emergente è data anche dall’apertura di negozi proprio in Cina da parte di aziende locali.
Quello che conta, sottolinea la Garbuglia, è che il Rubicone resta un punto di riferimento a livello mondiale per le calzature di alta moda.
Un riferimento preso a volte in modo sfacciato dalla concorrenza: a parte i modelli presi dai siti delle aziende del Rubcone, non è raro vedere nelle boutique della grandi firme sammauresi, come quelle in viale Ceccarini a Riccione, gente armata di macchina fotografica davanti alle vetrine dopo l’orario di chiusura.
Ma la pazienza artigiana e la perizia maturate in anni di attività restano difficili da copiare.