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Un mese in Iraq in un ospedale da campo. La storia del dott. Manzo

Un’esperienza umana prima che professionale. Dopo un mese nel paese a contatto con il dramma di migliaia di persone che vivono sotto assedio il volto del dottor Manzo esprime la tensione di chi si è trovato in trincea, ad offrire le mani di abile chirurgo per tamponare una ferita profonda e ancora visibilmente aperta. Lo ascoltiamo.

Manzo parla con emozione dei pazienti, degli incontri fatti con familiari in lutto e sdrammatizza sui pericoli corsi “Di notte sopra le nostre teste volavano proiettili vaganti, alcuni hanno bucato le tende del campo, ma non era poi così pericoloso. Sono uscito dal campo solo due volte, e in un’occasione mentre cenavamo è scoppiata una bomba in un negozio vicino”. Anche questo è l’Iraq. Il dottor Manzo è partito con altri 50 volontari della Croce Rossa alla volta di Bagdad il 16 luglio. Meta l’ospedale da campo allestito nel cortile di uno dei carceri di massima sicurezza della capitale iraquena. “Lo chiamano il carcere dei 7 giorni; era usato durante il regime di Saddam per i ribelli, venivano torturati e se entro una settimana non uscivano significava che quella era la loro tomba”. In un mese i sanitari, in collaborazione con medici iracheni, hanno visitato 400 persone al giorno e operato, spesso in condizioni di emergenza 180 pazienti. Fare un’ernia in Iraq costa 200 dollari e uno stipendio medio è di 20 dollari mensili. Gli interventi nell’ospedale da campo erano gratuiti così come i farmaci. Tante le patologie riscontrate: tra i casi più drammatici i grandi ustionati, gli iracheni usano la benzina per cucinare in mancanza del gas domestico e non sono rari i casi in cui prendono fuoco divenendo delle vere e proprie torce umane. Si è intervenuto anche su ferite da proiettile: sono moltissime le vittime dell’efferata guerriglia urbana che si scatena soprattutto di notte e degli attacchi ai posti di blocco americani. E’ prevalso un senso d’impotenza di fronte ai tanti bambini e giovani malformati, malformazioni in alcuni causate dal contatto con le radiazioni delle armi chimiche. Inadeguatezza, frustrazione ma anche segni di speranza.

In questi giorni l’ospedale è stato trasferito in una struttura muraria lontano dalla pioggia di proiettili. L’amministrazione oggi ha voluto premiare il coraggio del dottor Manzo con un riconoscimento simbolico della città: la prima copia della Saviolina, ricamata su seta.