Palacongressi alla Vecchia Fiera: l'intervento di Pirozzi (CDO)


«Sono molto interessanti le indicazioni che provengono dalla maggioranza dei cittadini e degli operatori economici circa il tema del Palacongressi. Mi permetto di sottolinearne alcune.
Anzitutto, vi si legge uno spaccato, a mio parere assai realistico, di come è composta la società civile e quali siano le sue idee circa il futuro: c’è uno zoccolo duro – il 38% del campione – che vuole che tutto rimanga così com’è. E’ una minoranza, ma costituisce pur sempre una percentuale alta.
Sono le forze del conservatorismo cieco, i residui di quello che è stato chiamato l’anti-turismo: una follia per Rimini, ma tant’è. Ad ogni modol’anti-turismo è nettamente battuto.
Quanto alla composizione sociale, le categorie già garantite (insegnanti, operai, impiegati e dirigenti pubblici) sono proprio quelle cui lo sviluppo non interessa: non vogliono una struttura congressuale degna di questo nome. Complimenti ai dirigenti pubblici per la lungimiranza. Vadano a
spiegare la loro posizione ai giovani e ai non-occupati, che compatti dicono sì al Palacongressi.
Poi vengono le sorprese: nonostante la società politica con le sue componenti di maggioranza abbia cercato di dimostrare per ben due anni che le soluzioni migliori erano la Stazione, o in subordine la vecchia Fiera -ma radendo al suolo l’esistente -, la società civile la pensa in modo opposto. Preferisce la vecchia Fiera, ma in versione ristrutturazione; oppure la zona Sud, o Marano che dir si voglia. Ben pochi sono i sostenitori dell’area Stazione.
Qui mi fermo, e non voglio fare propaganda per la proposta della CdO, avanzata a partire dal lontano luglio 2000. Non sia mai che i tre saggi si sentano in qualche modo influenzati dalle pressioni di qualcuno.
Del resto ho più volte dichiarato che l’unico punto che ci interessa è che si decida in fretta e per il bene comune: ma evitando di radere al suolo la nostra storia e tradizione di ospitalità, senza umiliare la volontà della maggioranza dei cittadini, e senza inseguire utopie irrealizzabili».