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Ora di religione: i dati della Diocesi di Rimini

In foto: L'Ufficio Catechistico della Diocesi di Rimini ha pubblicato un documento relativo alla scelta di avvalersi dell'ora di religione nella Diocesi. Il titolo del documento, che pubblichiamo, è 'L'ora di religione nell'anno scolastico 2001-2002': la responsabilità di una libera scelta:
L'Ufficio Catechistico della Diocesi di Rimini ha pubblicato un documento relativo alla scelta di avvalersi dell'ora di religione nella Diocesi. Il titolo del documento, che pubblichiamo, è 'L'ora di religione nell'anno scolastico 2001-2002': la responsabilità di una libera scelta:
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gio 20 dic 2001 10:43 ~ ultimo agg. 00:00
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Nella Diocesi di Rimini più del 94% della popolazione scolastica, pari a 32.767 studenti, sceglie di avvalersi dell’IRC (Insegnamento Religione Cattolica). Questo numero cosi elevato di famiglie e di giovani che scelgono l’Insegnamento di Religione Cattolica, è per la comunità cristiana una responsabilità. Infatti questi dati, elaborati dall’Osservatorio Socio-Culturale della Diocesi di Rimini, non sono solo una risposta, ma esprimono anche una domanda forte di educazione e di motivazioni profonde, insieme ad un desiderio di comprensione globale della nostra cultura italiana che, fino a prova contraria, è indelebilmente segnata, ed in bene, dalla tradizione cattolica.
Un fattore permette di valutare con ancor più attenzione questi dati: da anni sono escluse nel conteggio le Scuole Cattoliche, non perché non le consideriamo (anzi!), ma perché naturalmente la quasi totalità delle famiglie in esse opta per l’IRC, e dunque questa massa di numeri incrementerebbe ulteriormente la statistica in senso positivo. Questo permette di confrontarci con dei dati concreti, se vogliamo anche un po’ in difetto, infatti va considerato che anche chi sceglie una scuola cattolica opta per una libera scelta. E’ un dato di fatto, non un desiderio, e bisogna comunque tenerne conto.
Che tante famiglie decidano che i loro bambini e ragazzi frequentino quest’ora cosi speciale (e che tanti giovani confermino personalmente tale scelta), significa un atto di fiducia prima di tutto nei confronti dei docenti, che dimostrano preparazione ed impegno; essi pertanto sono l’unica fascia di insegnanti ogni anno sottoposta ad una specie di referendum popolare. Le scuole, che sono sempre più attente alle richieste del territorio, dovrebbero valutare con attenzione questo dato: esso esprime una chiara volontà da parte delle famiglie e del mondo giovanile. Dunque l’ora di Religione, che intendiamoci, deve rimanere retaggio di una libera scelta della famiglia o dello studente, non dovrebbe essere mortificata dagli orari scolastici (come mai si trova spesso alla quinta o alla sesta ora?); né dovrebbe esserle contrapposta la facile e diseducativa scelta di uscire dalla scuola.
Si rileva una leggera flessione (-1,4%) nella scuola primaria. Essa, che già è minima in percentuale diventa ancora più bassa in dati assoluti. Ad esempio nelle scuole materne, mentre nell’anno passato c’era in tutta la Diocesi uno scarto – tra gli iscritti ed i non avvalentesi dell’ora di religione – di 88 bimbi, quest’anno lo scarto è di 139, cioè appena 51 bambini in più le cui famiglie hanno detto no all’ora di religione. Si tratta per lo più di casi di famiglie immigrate specialmente di Religione Islamica; questi casi tra l’altro si concentrano in alcuni Istituti Comprensivi dove appunto è più alto il fenomeno migratorio. Anche nelle scuole elementari, proprio per gli stessi motivi, abbiamo una lieve flessione (-0,5%). Questo dato non è di per se negativo: che le famiglie possano scegliere l’educazione dei loro bimbi, almeno in questo campo è una cosa molto bella. Vi sono poi famiglie che pur appartenendo ad altre religioni decidono invece di far frequentare ai loro bambini l’ora di Religione. I motivi sono i più vari; da parte dell’Ufficio Catechistico, è molto viva la raccomandazione che in qualsiasi modo la presenza di questi bambini sia valorizzata e che anche la presentazione della loro esperienza religiosa, quando è possibile, sia motivo di comune arricchimento.
Registriamo, invece, stabilità nelle scuole medie inferiori. Anche qui l’altissima percentuale segna una responsabilità: l’età della preadolescenza. Essa è spesso una età dove si fatica a tracciare dei percorsi propri per questi ragazzini; una riflessione pedagogica più attenta ci permette di dire che è una età importante, certo difficile, ma ricchissima di stimoli e di domande, anche di tipo religioso.
Nelle scuole Superiori le scelte sono leggermente più basse (90,9%). Gli adolescenti esprimono anche con i propri rifiuti la loro individualità e affermano una libertà concreta. Importante sarebbe non costringerli a scegliere tra l’ora di Religione ed il nulla, come invece avviene.
In questi ultimi quindici anni la scuola ha perso grandi occasioni di riformarsi incartandosi in dibattiti sterili più di tipo ideologico che di tipo pedagogico ed educativo. Uno degli esempi più recenti (e diciamolo pure avvilenti) è il dibattito circa la presenza o meno di segni religiosi cristiani nelle scuole oppure la presenza del Presepio. Anche qui uguaglianza non è omologazione. E non si capisce perché la tutela (ma da chi?) delle sensibilità religiose non debba comprendere anche quella dei credenti cattolici. A meno che non si decida di togliere i campanili da ogni paesaggio, oppure di costruire dei muri intorno alle nostre cattedrali, ovviamente… per “omologare” il tessuto urbano! Essere ciò che si è, non rinunciare alle proprie radici, è il segno più bello di dialogo ed incontro: l’altro ed il diverso sono casomai una risorsa e non un problema. Proprio per questo è chiaro che l’ora di religione non sarà mai un’ora uguale alle altre. Essa, infatti, fa riferimento ad una tradizione religiosa viva che ha tutti i diritti di presentarsi per ciò che essa è, tenendo presente, naturalmente, le finalità pedagogiche, critiche e cognitive della scuola.
Ormai sembra prossimo un nuovo stato giuridico per gli insegnanti di religione. E’ senz’altro giusto. Essi sono lavoratori come gli altri; alcuni danno un contributo notevolissimo alla vita degli Istituti nei quali insegnano, spesso sono insegnanti di riferimento per le famiglie e per gli stessi colleghi. Hanno inoltre un curricolo di studi, con valore legale, equivalente e a volte addirittura maggiore rispetto agli altri docenti. Perché non possono avere anche loro un proprio inquadramento giuridico tale da renderli pari nei doveri e nei diritti ai loro colleghi? E’ triste che si pensi a questo argomento come ad un privilegio e non lo si legga invece come un giusto riconoscimento a persone che lavorano e, malgrado molte difficoltà, ce la mettono tutta, come gli stessi alunni riconoscono loro.

L’Ufficio Catechistico Diocesano