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INCROCIO O SCONTRO FRA CIVILTA’

Lei dove si trovava?

“Io mi trovavo nella redazione de il Regno. Subito ho avvertito il problema della precarietà, della vulnerabilità delle città e dei cittadini. In un immaginario non visivo io ho sempre pensato che il Pentagono fosse una istituzione invincibile, poi, invece, nell’immagine visiva la vulnerabilità si è collegata molto di più alla verticalità delle torri piuttosto che al Pentagono distrutto. Di là poi è emerso tutto il problema del governo, perché in questa vulnerabilità naufraga il concetto di libertà, barattato con quello della sicurezza interna, perché se c’è qualcuno che regge le cose, per quanto cattivo sia, esercita in qualche modo un controllo, mentre con l’attacco all’Usa io ho percepito subito l’impossibilità di esercitare un governo stabile contro una minaccia non inquadrabile secondo la vecchia logica del rapporto conflittuale fra stati”.


Il professor Antonio Papisca sostiene da tempo il ruolo centrale dell’Onu nelle controversie internazionali e anche per questa guerra la sua analisi è immediata: la guerra della Nato all’Afghanistan non è legale. é d’accordo?

“Dal punto di vista della formalità è facile ottenere la copertura dell’Onu (cos“ è accaduto anche per il Golfo). Io mi fermo ad una osservazione del tutto particolare, anche se secondaria. Quando si vuole legittimare i conflitti in certi ambiti e in certe situazioni si cerca di non nominare mai il termine guerra. Se pensiamo al presidente della Repubblica, Ciampi, si vede chiaramente che lui non nomina mai la parola guerra, né il termine terrorismo internazionale. Lui parla di organizzazione terroristica o di polizia internazionale. La stessa cosa accade nei discorsi del Papa dove il termine guerra è ormai bandito da tempo, perché se entrasse sarebbe impossibile legittimare un intervento armato. Io credo che sia ipocrisia definire questo intervento come opera di polizia internazionale. L’Onu dovrebbe garantire quest’opera, ma come si fa un’operazione di polizia in queste situazioni, davanti ad un gruppo terroristico che fa utilizzo di strumenti bellicosi e distruttivi, come possono essere anche degli aerei dirottati e fatti schiantare sulle torri? Credo che non sia possibile ipotizzare una forza di polizia aliena dalla forza. Papisca non rifiuta la forza, anche repressiva, ma pone il limite invalicabile, ossia le armi di distruzione di massa. L“ la legalità sparisce. Questo è un discorso molto importante perché definisce il limite oltre il quale non è ammissibile l’argomentario della guerra giusta, cos“ in voga anche nella tradizione cattolica”.

Quando è saltata in modo definitivo la teoria della guerra giusta?

“Quando è scoppiata la bomba atomica a Hiroshima e Nagasaky. Con la Pacem in Terris di papa Giovanni e in parte anche con il Vaticano II la teoria della guerra giusta, davanti alla soglia atomica, viene a cadere. Finita l’epoca atomica, ecco che anche nella Chiesa è stato difficile mantenere una critica radicale alla guerra giusta, tant’è che nel Catechismo viene recepito la teoria che in qualche modo, davanti ad alcune minacce, anche la guerra può essere contemplata. Il discorso è difficile, perché con l’attacco agli Usa noi ci troviamo di fronte ad una distanza, che altri invece hanno vissuto nell’immediato. Un amico americano mi diceva: ‘Voi avete visto, tramite i media, la distruzione, avete sentito poco il rumore, ma vi è mancato del tutto l’olfatto, cioè l’odore della carne bruciata che per giorni e giorni si è disseminata per l’aria’. Come si fa a tenere un controllo se non si dice chiaramente ‘li puniremo’?”

Cosa ne pensa del linguaggio biblico utilizzato da Bush nella sua ‘lotta del Bene contro il Male’ o nei suoi ricorsi alla giustizia infinita?

“Nel linguaggio politico americano sempre Dio viene nominato come tutore dell’ordine. In questi momenti, sia come espressione dello sgomento, sia come momento di aggregazione e di reazione, Dio viene invocato dal linguaggio pubblico. é tipico dei fondamentalismi religiosi il fatto di pensare che la lettura diretta del testo immodificabile dia un quadro onnicomprensivo per commentare la voce di Dio. I testi religiosi, in questo caso la Bibbia, hanno un linguaggio violento che le chiese ufficiali, i dialoganti, il rapporto fra le religioni, cercano di depotenziare. Ciò rende comprensibile il fatto che la violenza, nella storia, possa essere anche divina come atto punitrice dell’empietà. Questo è un procedimento che investe tutti i fondamentalisti, anche quelli americani. In un articolo un teologo americano, Cox, diceva che la famosa espressione di Reagan, ‘l’impero del Male’, per designare l’Unione Sovietica, è stata scritta da un consigliere che faceva parte di questi movimenti fondamentalisti, il quale individuava nella storia il nemico dove orientare la punizione divina. Dopo la caduta del muro di Berlino, gli americani hanno cominciato a identificare questa componente del Male nel mondo islamico e l’11 settembre tale procedimento ha avuto una sua legittimazione”.

Arturo Paoli ha utilizzato l’immagine biblica della torre di Babele per spiegare la caduta delle Twin Towers, come a dire che la corsa al potere umano cozza immancabilmente contro la sua rovina. Cosa ne pensa?

“La torre di Babele non ha lasciato morti sotto di sé. Se si cerca una lettura terzomondista dell’evento, cioè considerando il fatto dell’ingiustizia sulla terra, allora credo che abbia pi senso tornare a Marx e alla sua analisi dell’attacco al potere che solitamente viene non da chi potere non l’ha, ma di chi potere ce l’ha già. I terroristi che hanno colpito le Twin Towers sono legati alle dinamiche dell’occidente, sono ricchi, fanno circolare il denaro. L’unica cosa che potrebbe recuperare la lettura della torre di Babele è la verticalità, come simbolo della vulnerabilità”.

Si parla spesso di scontro fra civiltà pensando alle difficoltà dialettiche fra occidente e islam. Cosa pensa?

“Io credo che ci sia un rischio di degenerazione nei rapporti fra Occidente e Islam, ma non per lo scontro fra civiltà. Nella vulgata lo scontro fra civiltà è lo scontro che avviene fra mondi contrapposti. In realtà oggi non esistono pi mondi contrapposti, per il semplice fatto che viviamo in un tempo di ‘incrocio fra le civiltà’. é stato studiato, fin dall’epoca della rivoluzione iraniana come certe terminologie, certi lessici del movimento americano o europeo negli anni ’68-’70 siano stati trascritti e recepiti dalla lotta contro l’imperialismo. Lo stesso vale per l’occidente, dove certe espressioni vengono ritrascritte in una grammatica che fa appello all’Islam piuttosto che ad altre tradizioni culturali. Oggi dobbiamo capire fino a che punto può tenere la prospettiva non contrappositiva fra Occidente e Islam perché il dubbio torna sovrano a dire che forse il radicalismo religioso, in realtà, sia più radicato di quanto si possa immaginare e che nel mondo piccolo italiano e nell’opinione pubblica emergono i sospetti, i pregiudizi, le paure che il fondamentalismo possa sonnecchiare nelle nostre città”.

Crede che nei movimenti di base della pace serpeggi ancora forte un sentimento antiamericano?

“S“, molto, a volte strumentale e ideologico”.

Natalino Valentini