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Rimini

Dopo lo schianto, ritorno alla vita

In foto: IMPROVVISAMENTE buio. Poi un soffitto, gente che ti parla sopra la faccia. Rumore di una barella che percorre in tutta velocità un corridoio bianco. Ancora buio e mesi di coma.
Si è scontrata contro un albero la vita di Francesco, trentenne ristoratore riminese che addormentatosi al volante dopo una lunga giornata di lavoro ha passato quasi due mesi in coma e poi dieci mesi di riabilitazione, cinque dei quali dal letto alla carrozzina.
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IMPROVVISAMENTE buio. Poi un soffitto, gente che ti parla sopra la faccia. Rumore di una barella che percorre in tutta velocità un corridoio bianco. Ancora buio e mesi di coma. <br>Si è scontrata contro un albero la vita di Francesco, trentenne ristoratore riminese che addormentatosi al volante dopo una lunga giornata di lavoro ha passato quasi due mesi in coma e poi dieci mesi di riabilitazione, cinque dei quali dal letto alla carrozzina.
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Tempo di lettura lettura: 3 minuti
dom 21 ott 2001 13:41 ~ ultimo agg. 00:00
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Prima al “Bufalini” di Cesena. Poi trasportato al Centro di Riabilitazione Luce sul Mare, dove ha trascorso quasi dieci mesi, Francesco oggi è rimasto paralizzato nella parte destra del corpo. La sua vita dopo quella tragica notte è cambiata: ha lasciato il suo ristorante e oggi attende di essere assunto come impiegato. La legge dice che le aziende con più di quindici dipendenti devono assumere portatori di handicap. In questi dieci mesi passati a “Luce sul Mare” ha imparato ad usare il computer, cosa che prima dell’incidente non aveva mai utilizzato e che oggi è diventato la sua vita.
Un percorso quello di Francesco che è scandito da tappe. Da un prima e un dopo.
Quando è arrivato da noi era in coma – racconta la dottoressa Elvira Morrone, responsabile del Reparto Ridente di “Luce sul Mare” – ma il suo percorso di guarigione è stato più veloce del solito. Il suo trauma cranico era uno dei più gravi. Non avrei mai scommesso che nel giro di pochi mesi si sarebbe ripreso così velocemente. Oggi, Francesco è tornato a casa e riesce a portare avanti una vita quasi normale“.
Questa è una delle dodici storie di incidenti stradali che ci raccontano a Luce sul Mare, uno dei centri di riabilitazione della Provincia di Rimini. “Su venticinque posti letto dodici sono occupati da persone che hanno avuto incidenti stradali – spiega la dottoressa Morrone – La cosa più drammatica è che spesso queste persone restano per mesi in coma“.
Il 90 per cento dei ricoverati a “Luce sul Mare” arriva in stato di coma prolungato e spesso i tempi di guarigione sono molto lunghi.
La prima cosa che facciamo è quella di mettere i pazienti in postura seduta, almeno per qualche ora al giorno“.
Gradatamente. Tutto avviene con tempi molto dilatati. A volte chi ha subito gravi interventi sta seduto anche solo pochi minuti al giorno. Il recupero è spesso lento.
In tutte le fasi del recupero il ruolo della famiglia è fondamentale. Anche se per molte di queste è difficile accettare la condizione del proprio parente“.
Considerato il più grosso scalino da superare, l’accettazione della famiglia ha bisogno di supporti psicologici.
Il primo obiettivo è la riabilitazione motoria e la comunicazione che non è detto che sia subito verbale. In alcuni casi avviene con lo sguardo o con il respiro“. Il medico fisiatra, il terapista, la logopedista sono solo alcune delle figure professionali che lavorano attorno a chi ha avuto un incidente stradale. Spesso diventano gli unici punti di riferimento del paziente.
“Una volta acquisita una certa autonomia, la seconda fase è chiamata terapia occupazionale. Serve a far riprendere le occupazioni quotidiane: lavarsi e vestirsi”.
Impegnati a riconquistare l’autonomia e a riacquistare le capacità fisiche spesso chi ha subito un incidente è inconsapevole della propria condizione fisica.
L’accettazione dell’handicap spesso non parte neppure dalla famiglia. “Ci sono genitori che hanno difficoltà a toccare ed abbracciare i propri figli se sono in condizioni gravi – racconta la dottoressa Morrone –. Lavorare per piccoli obiettivi, è quello che noi facciamo“.
Realismo è l’altra parola d’ordine che risuona all’interno di strutture come questa. Dove la realtà fa male ma è necessaria per tornare a vivere.
Siamo sempre realisti. Ai parenti diciamo come stanno le cose non parliamo mai del futuro. Cerchiamo di lavorare su un progetto riabilitativo e lo discutiamo ogni quindici giorni con i parenti che lo devono approvare e firmare“.
Quando chi è stato coinvolto in un grave incidente inizia a capire i propri limiti, dovuti al fatto che è diventato disabile si trova ancora nella fase più difficile della riabilitazione che viene chiamata accettazione del proprio handicap. “Spesso dobbiamo utilizzare antidepressivi. Cerchiamo poi, di proporre un’alternativa alla vita precedente. Nel caso di Francesco, che non sarebbe potuto più tornare nel suo ristorante l’idea di imparare ad usare il computer era una valida soluzione a diversi problemi“.
Non sostituirsi all’assistito. Questa è l’altra fondamentale regola che bisogna seguire quando si vuole aiutare chi ha subito gravi lesioni. “Sforzarsi, imparare a fare da soli è fondamentale non solo per la riabilitazione fisica ma anche per quella mentale“.
Barbara Bastianelli