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Giulio Turci: un pittore, due mostre

In foto: Il santarcangiolese amato dai collezionisti, poco noto al grande pubblico
UN PITTORE contemporaneo "riscoperto" in due grandi mostre, due grandi esposizioni che rendono merito alle sue opere e al suo talento. Parliamo di Giulio Turci, artista di Santarcangelo ed interprete di emozioni riconoscibili e leggibili anche oggi, forse più che durante il suo tempo.
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UN PITTORE contemporaneo "riscoperto" in due grandi mostre, due grandi esposizioni che rendono merito alle sue opere e al suo talento. Parliamo di Giulio Turci, artista di Santarcangelo ed interprete di emozioni riconoscibili e leggibili anche oggi, forse più che durante il suo tempo. ">
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sab 25 ago 2001 18:10 ~ ultimo agg. 00:00
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L’evento, promosso dall’Associazione Sigismondo Malatesta, ha trovato una collocazione ideale nella Rocca di Santarcangelo e nella “Manica Lunga” della Biblioteca Classense di Ravenna, ex Abbazia.
Ed ha permesso di ricomporre la storia e le impressioni di un pittore originale quanto poco conosciuto al vasto pubblico, eppure molto amato dai collezionisti.Non è facile parlare di un artista quando è scomparso, quando manca un legame ed un confronto diretto.
Quando ogni critica o commento rischiano la banalità o l’estasi… ma le opere di Giulio Turci sfuggono a tutto questo.

Turci è riuscito a creare, forse, un Mediterrano in ombra “… paesaggi e volti cupi, ombra in assenza di sole, immagini e situazioni surreali più legate ai sogni che ai protagonisti.
In un gioco di colore/luce che non aggredisce lo spettatore, anzi. Quasi un invito ad essere accompagnato in un viaggio personale, intimo, dai toni crepuscolari…”.
Donna Marina Colonna, presidente dell’Associazione promotrice si esprime così:
“Per la prima volta presentiamo una mostra di quadri, riuscendo a raggiungere un obiettivo che ci siamo imposti dall’inizio. Valorizzare una mostra che ha radici locali ma che può arrivare ad un pubblico molto più ampio”.

E, a motivare naturalmente la scelta della Biblioteca Classense come altro luogo dell’esposizione, interviene il professore Paolo Amalfitano: “Noi crediamo che la Biblioteca debba ritrovare le sue radici nella terra di Romagna, quindi di Turci e delle espressioni più importanti della pittura romagnola del 1900”.

Quello che colpisce di più nei quadri e nei disegni di Giulio Turci è il senso di intimità e discrezione del racconto, partecipato e mai plateale, grazie anche alla scelta stilistica. Il sogno, la visione, un collegamento naturale a Fellini come al cinema neorealista. E, in fondo a tutto, una tristezza che diventa musicalità nell’immagine, poesia rarefatta o dai toni drammatici…”.

Gabriello Milantoni, storico dell’arte, racconta così la sua partecipazione a questo evento “I collezionisti sono stati fondamentali, hanno conservato ed amato i quadri di Turci, nessuno se ne è mai voluto separare. È un indice molto importante. La signora Terza, moglie di Giulio Turci è stata l’anima di questa grande impresa, partita molti anni fa: lo studio serio della pittura di un grande artista.

Abbiamo visionato centinaio di quadri e in futuro speriamo di poter realizzare un catalogo completo. Sono convinto che anche coloro che lo conoscevano in vita ora possano provare una grande emozione nel vedere i suoi quadri riuniti”.

Il prof. Milantoni parla anche delle difficoltà nel rapportarsi alla pittura del 1900, studiata bene da filosofi ed esteti ma “difficile” per una lettura storica, in quanto molto prossima a noi e spesso priva di avvicinamento che coinvolte. Poi parla, con efficacia, di una lettura alla quale non siamo abituati ma estremamente realistica. “Le immagini di Turci sintetizzano una storia molto lunga… la storia di un artista che guarda a Oriente, perché qui (si riferisce alla Romagna) siamo bizantini tutti. Ricordiamoci che i Bizantini sono vissuti in questa terra per 1164 anni… senza parlare di Sigismondo, parente stretto di quegli imperatori”.

Oggi possiamo cercare di comprendere le opere di un grande autore con l’attenzione che richiede, con i particolari visti e interpretati ad ogni quadro, ogni disegno.

Nelle Rocche di Santarcangelo, Turci ha trovato posto in ambienti che sono “abitati” da grandi armadi, provenienti proprio dall’Abbazia di Classe di Ravenna. Un collegamento non casuale, che riporta memorie di un viaggio artistico.

L’architetto Stefano Zaghini ha saputo inventare un modo per farci conoscere alcune opere del mondo di Turci, valorizzando con un allestimento insolito ed efficace, il lavoro di un artista che “ricompare” con grande merito. E del suo mondo, sognato ma tuttora presente.


Roberto Sardo