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Rimini

Basta guerra, lasciateci in pace

In foto: Per placare le polemiche la coppia di nomadi è disposta anche a lasciare il campo che hanno acquistato.
"SONO scappata dalla guerra in Bosnia e non voglio che la gente di Corpolò faccia la guerra per colpa nostra. Noi vogliamo solo vivere in pace con la nostra famiglia".
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Tempo di lettura lettura: 4 minuti
dom 26 ago 2001 12:11 ~ ultimo agg. 00:00
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È stanca Zinetta e non ne può più di tutte le polemiche che ha sollevato il loro arrivo a Corpolò. Stremati e preoccupati per i loro figli, Zinetta e Mijian ogni giorno raccolgono gli articoli di giornale. Pagine e pagine conservate in una scatola.
“Leggiamo tutti i giorni quello che dicono su di noi, ma a volte non capiamo…”.
Ci dice sconfortato questo padre di famiglia preoccupato anche per gli esplosivi lanciati nel campo adiacente alle roulottes.

“È successo alle cinque di mattina – spiega Mijian mostrandoci i resti del tubo di ferro ritrovato nel campo dove è stato inserito dell’esplosivo – da quel giorno non dormiamo più. Abbiamo paura, potrebbero dare fuoco alle nostre roulotte mentre dormiamo.
Anche i nostri figli sono stanchi. Adriano, il nostro figlio di 17 anni, qualche giorno ha deciso di andare da sua sorella, la nostra primogenita sposata che vive a Rovigo”.

Gli altri figli, una ragazza di 19 anni, Albano di 15, Nino di 12, Michele di 9 e Marilena di 7 da quasi un mese non si muovono da quel campo. Marilena la più piccola indossa sempre il costume da bagno.
“Mi chiede tutti i giorni di portarla al mare – racconta Zinetta – ma non possiamo allonatanarci dalle nostre ‘campine’. Al massimo andiamo a prendere l’acqua”. Non siete riusciti ancora a sistemarvi?

“Appena arrivati volevamo piantare gli alberi, mettere la sabbia, fare gli allacciamenti alla luce, al gas e all’acqua.
Costruire un bagno. Ma non siamo riusciti a fare nulla. – sospira Mijan – Ci hanno bloccato e siamo in attesa di capire cosa dobbiamo fare”.

Zinetta quando vi è stato proposto di lasciare il Campo Nomadi di via Portogallo siete stati subito d’accordo?

“Sì, da anni vivevamo in condizioni igieniche pessime. Eravamo troppi e stretti. Quando il comune ha proposto di dividerci: ogni famiglia in un terreno diverso, abbiamo accettato immediatamente”.

Alcune di quelle famiglie hanno scelto di andare a Rovigo. Perché voi avete deciso di rimanere a Rimini ?

“Da tredici anni viviamo a Rimini. I nostri figli sono abituati quì. Io – continua Zinetta – so solo scrivere il mio nome e il mio cognome, i miei genitori non mi hanno dato la possibilità di studiare per colpa della povertà in cui vivevamo. I miei figli, ora, possono andare a scuola e trovare un lavoro. Basta girare, basta fare l’elemosina. Cerchiamo una possibilità per cambiare fermandoci in un posto fisso”.

Mijan, tu e tuoi figli più grandi state cercando un lavoro?

“Sì, vogliamo cambiare la nostra vita in meglio. Non chiediamo nulla solo vivere in pace con le nostre poche cose”.

Vi è stato più volte proposta la possibilità di un appartamento nelle case popolari. Perché avete rifiutato?

“Siamo disposti a vivere in un container o in una piccola casa prefabbricata. Ma non siamo pronti a convivere in condominio con gli italiani. Anche perché sappiamo cosa pensano di noi. Ci considerano tutti ladri e sporchi. Chiediamo solo di stare in pace. Di poter vivere tranquilli con i nostri figli”.

Vi hanno proposto di spostarvi da quì e trasferirvi al Lago Azzurro a Vergiano. Che cosa ne pensate?

“La proposta è arrivata dal comitato La Frazione – rileva Mijan – Il Comune non si è ancora espresso. Ho incontrato il Sindaco e il Vice Sindaco a Corpolò durante l’assemblea e tutti e due mi hanno assicurato che sarebbero venuti a parlare con me. Ma non ho visto ancora nessuno.

Melucci ha poi detto che avrebbe trovato una soluzione per noi. Siamo disponibili ad accettare qualsiasi trasferimento a patto che il terreno ci sia consegnato ufficialmente e ci siano date delle garanzie legali. Non mi sposto su un altro terreno se poi fra un anno devo di nuovo andare via”.

Dal giorno in cui è stato smantellato il Campo di via Portogallo, questa famiglia non ha fatto che aspettare.

“Siamo stati ospiti della Papa Giovanni a Riccione, dove i nostri tre bambini più piccoli sono andati a scuola. – racconta la mamma – Alla fine della scuola c’è stata anche la festa. Tutti i bambini di Riccione volevano bene a Nino, Michele e a Marilena. I nostri bambini andavano a scuola tutti i giorni. Lo potete chiedere alle maestre…”.

Adesso Zinetta non sa ancora in quale scuola iscrivere i suoi bambini: a Corpolò o altrove.

L’attesa per voi è diventata estenuante? “Certo. Anche perché nessuno ci fa sapere nulla. Sappiamo le cose tramite i giornali”.

Mario Di Spirito e Nicola Parato i due rappresentanti del comitato La Frazione di Corpolò sono venuti più volte a trovarvi. Cosa vi dicevano?

“Che ci volevano bene. Che il problema non eravamo noi, ma cinquant’anni di cattiva amministrazione che ha reso Corpolò isolata da Rimini. Ci assicuravano sempre che durante le riunioni non avrebbero parlato di noi, poi invece l’argomento è sempre stato quello: nomadi sì, nomadi no”.

Andate mai nel centro di Corpolò?

“Poche volte. La gente non ci vuole, quindi preferiamo andare a comprare il pane a San Martino dei Mulini. Ho mandato un giorno Albano, il nostro figlio di quindici anni, a comprare qualcosa al supermercato a Corpolò. Quando è tornato ha raccontato che l’hanno seguito sempre perché avevano paura che rubasse. Ma non tutti i corpolesi sono ostili e diffidenti nei nostri confronti. Quelli che abitano nelle case popolari quando passano ci salutano e alcuni ci hanno lasciato anche qualcosa”.

Cosa vorreste dire alla gente del posto?

“Noi vogliamo stare tranquilli e in pace . Non siamo animali. Assicuriamo poi i corpolesi che non verranno altre famiglie sul nostro campo. Vogliamo inoltre mandare i nostri figli a scuola e dare loro una possibilità di una vita diversa. Questo non vuol dire che io non mi vestirò più con questi abiti. – continua Zinetta impugnando con forza la sua camicia colorata e la sua lunga gonna – Non mi vergogno di indossare questi vestiti, fanno parte della mia cultura”.


Barbara Bastianelli